giovedì 20 agosto 2015
​Da Daverio a Bonito Olivo, le reazioni alle nomine del ministro Franceschini.
Musei italiani agli «stranieri», esperti divisi
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«Mettiamola così: abbiamo nominato 20 direttori europei, nessuno straniero». Risponde così il ministro Dario Franceschini alle polemiche montate martedì subito dopo la nomina dei direttori dei principali musei statali, di cui sette sono stranieri. Una polemica politica (da parte dell’opposizione, tanto di centrodestra che del M5S) ma anche da parte di personalità della cultura, che hanno accusato le scelte di esterofilia. Malumori si sono registrati tra le fila di sovrintendenze e ministero, una classe che si è sentita sfiduciata. Amarezza ha espresso Antonio Natali, ottimo direttore degli Uffizi, museo per il quale è stato “bocciato”. Al suo posto ora c’è il tedesco Eike Schmidt. È evidente che le intenzioni fossero per la discontinuità: «So bene che i funzionari del ministero che hanno diretto i musei l’hanno fatto con grande professionalità e poche risorse – ha chiosato ieri il ministro dei Beni, le Attività culturali e il Turismo – a loro sono grato.

Ma serviva un salto di qualità per adeguarsi agli standard dei grandi musei internazionali». Tra le voci critiche nei confronti delle nomine c’è quella di Philippe Daverio, che con la sua consueta vis polemica ha definito «una cialtronata» l’operazione: «Davvero il nostro ministero non è più in grado di esprimere professionalità di grande livello?». Scontento ha espresso Angelo Tartuferi, ex direttore della Galleria dell’Accademia di Firenze. Al suo posto ora c’è Cecilie Hollberg: «La tutela dei beni culturali l’abbiamo inventata in Italia, e i tedeschi sono venuti a studiare qui». Molti però anche i commenti positivi.

Achille Bonito Oliva ha promosso a pieni voti il metodo di selezione: «Per una volta si può dire che anche in Italia vince la meritocrazia». Plaude anche Adriano La Regina, archeologo e a lungo soprintendente alle antichità di Roma: «È un’apertura giustissima. E ritengo infondato il timore che studiosi di altri Paesi non conoscano abbastanza la realtà italiana e quella dei nostri musei». Anche secondo Andrea Carandini, archeologo e presidente del Fai, per coniugare «valorizzazione e turismo» servono «competenza e managerialità: l’ibridazione di esperienze diverse è straordinariamente fruttuosa, mentre noi siamo sempre rimasti imprigionati in un’unica tradizione ».

Anche Roberto Saviano si è espresso a favore: «Condivido le nomine di direttori stranieri a musei italiani. Apertura, scambio, condivisione internazionale sono l’unico futuro per la cultura. Del resto decine di esperti italiani sono ai vertici di istituzioni culturali nel mondo. Speriamo in buoni risultati». I nuovi direttori sono stati selezionati da una commissione presieduta dal presidente della Biennale Paolo Baratta e composta da Lorenzo Casini, docente di diritto amministrativo, il segretario generale di Villa Medici Claudia Ferrazzi, Luca Giuliani, professore di archeologia classica e rettore del Wissenschaftskolleg di Berlino, e il direttore della National Gallery di Londra Nicholas Penny (il cui posto verrà presto preso dall’italiano Gabriele Finaldi, già vicedirettore del Prado). I neodirettori avranno tre missioni, sostiene Franceschini: «Riappropriarsi dei progetti scientifici, basta con le mostre chiavi in mano. Secondo, modernizzazione del museo, oggi un visitatore chiede di vivere un’esperienza culturale. Terzo, lavorare come una squadra perché la forza dell’Italia sono 400 musei statali sul territorio che devono formare un sistema».

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