Pambieri: «Come Manzoni racconto I promessi sposi»
Debutto staseraal Festival di Borgio Verezzi del nuovo spettacolo. «Un romanzo intriso di cattolicesimo: vorrei che ai giovani arrivasse il messaggio che il bene vince sul male»

Nella prestigiosa cornice del 59° Festival Teatrale di Borgio Verezzi (Savona) va in scena questa sera e domani, in prima nazionale, I promessi sposi, adattamento teatrale del capolavoro manzoniano con la regia di Giuseppe Argirò. Protagonista Giuseppe Pambieri, 80 anni splendidamente portati, che veste i panni dello scrittore Manzoni. Accanto a lui, un cast d’eccezione: Micol Pambieri, Paolo Triestino, Ruben Rigillo e altri. Un’intervista per raccontare la sfida di portare in teatro un grande classico, con la produzione Teatro della Città Centro di Produzione Teatrale
Giuseppe Pambieri, nella sua lunga e prestigiosa carriera ha mai incontrato I promessi sposi?
«Mai incontrati, se non in terza media dove li abbiamo studiati, come tutti, com’è giusto. È un’impresa: quando me l’ha detto il regista, mi sono un po’ spaventato. Condensare un romanzo così importante in uno spettacolo di poco meno di due ore non è facile. Manzoni non l’ho più approfondito da allora, se non adesso, che sto rileggendolo e rivalutando molte cose. Da ragazzi è obbligatorio, lo prendi senza entusiasmo, invece oggi Manzoni mi affascina».
E come sarà la struttura dello spettacolo?
«Interpreto Alessandro Manzoni stesso, che mette in scena il romanzo conversando con la figlia Giulietta, la sua prediletta. Lei assume anche la veste di Lucia Mondella. Insieme attraversiamo i momenti più salienti del romanzo: da don Abbondio, all’Azzeccagarbugli, ai passaggi più toccanti come la storia di Fra Cristoforo e l’“Addio ai monti”. Le parole di Manzoni danno corpo alla narrazione, mentre Lucia – a bordo della barca – si trasforma via via nella figlia Giulietta. Ci sono escamotage teatrali che rendono la messa in scena affascinante, e funzionano».
Lei interpreta anche la parte dell’Innominato?
«Sì, a un certo punto cambio abito e divento l’Innominato. È un personaggio potentissimo, e interpreto il lungo monologo della notte del rimorso e della conversione, fino all’incontro con il cardinale Borromeo. Per prepararmi, sono andato a rivedere Salvo Randone nella storica versione Tv dei Promessi sposi diretta da Sandro Bolchi. Dai grandi si impara sempre, anche ai miei teneri 80 anni».
L’aspetto spirituale che ruolo avrà nello spettacolo?
«È centrale. Il romanzo trasuda spiritualità e cattolicesimo. Manzoni si convertì da adulto, e volevamo mettere in luce anche questo aspetto, accanto alla conversione dell’Innominato, ma poi sarebbe diventato troppo lungo. Vorrei che arrivasse ai giovani un messaggio bello, positivo: la vittoria del bene sul male. Può sembrare banale, ma è fondamentale, soprattutto oggi. Anche nel romanzo c’è il male, i Bravi, don Rodrigo, l’Innominato che oggi avrebbe 300 ergastoli, ma quest’ultimo attraverso il tormento interiore capisce che esiste un Dio che lo può consolare. La frase che pronuncia dopo l’abbraccio con Borromeo è tra le più belle: “Provo una gioia che non ho mai provato in vita mia”».
Che tipo è il Manzoni che porta in scena?
«È un uomo gioviale, si intrattiene con la figlia, ama la sua compagnia, la sua intelligenza, la sua sensibilità. È con lei che ripercorre gli episodi del romanzo. E il finale sarà proprio quello pensato da Manzoni».
In scena c’è anche sua figlia Micol Pambieri, con cui lavora da anni.
«Sì, Micol interpreta la Monaca di Monza, personaggio di grande complessità. Ha un’anima buona ma non la forza di ribellarsi a un mondo che la opprime, e a un padre che la costringe a farsi monaca. Poi succede quello che succede… è un ruolo che richiede delicatezza e profondità».
Lucia invece?
«Lucia ha una fede che va oltre misura. È anche uno scudo che la fa combattere e vincere in certe situazioni. La interpreta Gaia De Giorgi, una giovane allieva della scuola di recitazione di Genova. Renzo è interpretato da Vinicio Argirò, don Abbondio da Paolo Triestino – che è il personaggio più divertente del romanzo – mentre Ruben Rigillo interpreta don Rodrigo, Fra Cristoforo e il Griso».
Porterà in tour questo spettacolo dopo Borgio Verezzi?
«Spero vivamente di sì. Per ora andremo a Catania e Siracusa. Sarà una stagione molto intensa. Con Micol debutteremo anche in Edipo di Seneca, con la regia di Claudio Collovà, al Festival di Segesta dal 23 al 25 agosto. E in autunno sarò in scena con Pamela Villoresi in Gin Game di Donald L. Coburn: un duello verbale tra un uomo e una donna in una casa di riposo».
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