venerdì 5 febbraio 2021
Nuovo allestimento della collezione di arte contemporanea monotematica “Terrae Motus”, nata per volontà di Lucio Amelio per ricordare il terremoto dell’Irpinia del 1980
"Terrae Motus" alla Reggia di Caserta

"Terrae Motus" alla Reggia di Caserta - Luigi Ferraiuolo

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Il sole batte forte sulle vetrate della Reggia di Caserta. È una delle rare giornate in cui ha fatto capolino durante la feste natalizie: acceca! Sbatti le palpebre, la luce va via e vedi di fronte a te il maestoso Vesuvio, con il suo colore inconfondibile. Ti volti e sei nell’imperiosa Sala del Trono disegnata da Luigi Vanvitelli. È enorme. Giusto al centro, mentre la percorri con lo sguardo, trovi 52 grigie pietre del Vulcano, in tondo. Sono opera dell’inglese Richard Long. E il tuo sguardo va naturalmente fuori. Al contesto: dentro fuori; fuori dentro. È questa la chiave di lettura – di affascinante bellezza – del nuovo allestimento della collezione di arte contemporanea monotematica più importante al mondo: la collezione “Terrae Motus”, nata per volontà di Lucio Amelio, uno dei più grandi mercanti d’arte del Novecento, per ricordare il terremoto dell’Irpinia del 1980.

'Terrae Motus' alla Reggia di Caserta

"Terrae Motus" alla Reggia di Caserta - Luigi Ferraiuolo

A quarant’anni dal sisma il nuovo direttore della Reggia di Caserta, Tiziana Maffei, mette in mostra interamente, per la prima volta, l’intero ciclo all’interno del percorso degli appartamenti reali, cominciando dalle prime ventuno opere. Mai i lavori di Terrae Motus avevano dialogato con la Reggia e con Caserta Napoli l’Irpinia – l’esterno – come adesso. Inserite a due passi dalla camera da letto della Regina, come le ombre di Christian Boltanski; o vicino al Presepe reale, come West Go Ho (Glut) di Robert Rauschenberg; o il Fate Presto di Andy Warhol, che chiude il percorso. Ad aprirlo, invece, nella sala degli Alabardieri, la prima che s’incontra negli appartamenti reali, il “terremoto in palazzo” di Joseph Beuys. Un’opera che sembra fatta apposta per il Palazzo reale casertano. Come molte altre, che adesso, viste esposte in maniera compiuta, sembrano essere state pensate proprio per l’esposizione nella Reggia.

«Ventuno delle settantadue opere, tra le quali alcune tra le più iconiche della collezione, riaprono il dialogo con gli ambienti reali, sperimentando la relazione diretta con le stanze del quarto del Re, nell’ala dell’Ottocento; e con il quarto dei Principi ereditari, nell’ala del Settecento. Parallelamente al recupero di entrambe le ali, saranno esposte tutte – spiega Tiziana Maffei –. La volontà di Lucio Amelio di legare inscindibilmente la collezione al Complesso Vanvitelliano, diventa un’opportunità per sollecitare il pensiero critico del pubblico. Non a caso l’esperienza di visita si apre con Beuys che esorta ognuno di noi a possedere il “palazzo più prezioso del mondo nella sua testa, nel suo sentimento, nella sua volontà”. E si chiude con il Fate presto di Wahrol, appello a ciascuno, sempre attuale anche in questo tempo difficile, a contribuire al superamento di questa difficile fase mondiale. Oggi del coronavirus, allora degli aiuti per il terremoto in Irpinia». L’esperienza più emozionante, perciò, rimane quella di visitarla di persona, appena sarà possibile arrivare fino a Caserta, per scoprire i legami sempre nuovi che si creano e ricreano di continuo tra “Terrae Motus” e la Reggia. Come i Re uccisi al decadere della forza di Mimmo Paladino. Mai opera e titolo furono più adeguati a un Palazzo reale mai terminato per davvero.

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