domenica 10 luglio 2011
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Madrid, la città che ad agosto festeggerà con Benedetto XVI la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù, è un esempio di come possa cambiare l’ambiente urbano, pur in condizioni di crisi. «È diventata la più americana tra le metropoli europee, con ampie strade, nuove zone a città-giardino e insediamenti dedicati a centri commerciali o amministrativi...», dice l’urbanista José Maria Ezquiaga che ha vinto il concorso per l’adeguamento del centro storico e ha progettato il prolungamento della Castellana, il principale asse viario che incardina la città attraversandola da sud a nord. Con lui commentiamo l’imponente trasformazione degli ultimi 25 anni quando, dalla marginalità in cui l’aveva lasciata il franchismo sul proscenio internazionale, è divenuta uno dei luoghi più vitali, attivi e innovativi del continente. Pur nel mezzo della crisi economica che si traduce in un alto tasso di disoccupazione, l’amministrazione della capitale ha seguito una politica di investimenti in opere pubbliche, una sorta di 'New Deal' intrapreso con impegno dal sindaco Alberto Ruiz Gallardon, politico emergente del Partido Popular. Per apprezzare il cambiamento, bisogna ricordare il volto che la città aveva solo pochi decenni fa. «È vero che oggi si sente il peso delle difficoltà economiche - sottolinea Ezquiaga - ma questo è nulla rispetto a quel che attraversammo con la crisi del petrolio negli anni ’70». Immagini dell’epoca rendono bene la situazione: edifici abitativi a più piani su terreni sterrati, senza vere strade, e bambini che giocano nella spoglia vacuità dove le costruzioni nuove già sembrano abbandonate; scene da periferie italiane dell’immediato dopoguerra. Ancora, alla metà degli anni ’80, a chi giungeva dall’estero l’aeroporto di Barajas dava l’impressione di appartenere al passato, con i suoi lunghi corridoi rivestiti da piastrelle vecchie, semideserti come quelli di una stazione ferroviaria secondaria, e il viaggio in pullman dagli orari incerti per arrivare in città attraverso i campi la confermava. Oggi lo scalo pullula di persone indaffarate, con i suoi 75 milioni di passeggeri all’anno è il quarto in Europa e il decimo al mondo per importanza; ai primi due terminali se n’è aggiunto un terzo negli anni ’90 e un quarto nel 2006, fantasmagorico, enorme, dotato di vetrate panormaiche e capace di ospitare da solo più della metà del traffico totale; i nuovi quartieri che l’attorniano hanno cancellato la separazione dalla città; una linea della metro lo collega al centro, alla ramificata rete dei trasporti cittadini e al passante ferroviario che permette in poco tempo di attraversare l’area del raggio di 40 chilometri e più, su cui si estende ora la conurbazione che ha assorbito tutti i comuni vicini, arrampicandosi verso ovest sulla sierra del Guadarrama fino oltre l’Escorial, dove Filippo II nel XVI secolo collocò la residenza estiva per la salubrità dell’aria nonché le tombe della famiglia reale; fino ai giardini di Aranjuez nella pianura che si dilata verso sud; e alla dotta Alcalà che vide la prima bibbia poliglotta, vero est; oppure a San Sebastian de los Reyes verso nord, dove arriva anche la metropolitana e dove si trova un’impressionate concentrazione di ipermercati dalle dimensioni 'americane'. «Quel che oggi è centro storico - riferisce Ezquiaga - corrisponde all’espansione urbana di fine ’800, il 'piano Castro', dal nome dell’urbanista che la progettò, superando la cerchia che prima delimitava l’abitato e separandolo dalle zone esterne, dove era permesso esercitare la manifattura, che era vietata tra le case. Oggi vi abitano 2 milioni di persone, ma il numero sta diminuendo: molti preferiscono vivere nei nuovi quartieri, dove sono sorte migliaia di villette con giardino, in insediamenti che ricercano una qualità di vita, dotati di servizi e ben raccordati, in un variegato 'sprawl' urbano soprattutto nelle zone verso i rilievi a nord ovest. Mentre nelle zone pianeggianti verso sud si allineano edifici più popolari». Nel centro storico si trovano aree di povertà dove soprattutto gli immigrati vivono in case vecchie e insalubri, non lontano dalle zone turistiche. «Il nuovo piano urbano prevede di migliorare la qualità: risanando le aree residenziali più malandate, riducendo il traffico con la pedonalizzazione di diverse zone e con la riduzione delle carreggiate a vantaggio dei marciapiedi alberati. Così, le attività culturali e ricreative saranno avvantaggiate». Ai margini del cento storico si stanno completando opere infrastrutturali. Lungo il fiume Manzanares, per esempio, che accarezza il colle su cui si erge il settecentesco palazzo reale, accanto all’Almudena, la cattedrale che nel nome arabeggiante ricorda l’insediamento islamico che fondò qui le prime mura della città nell’VIII secolo. La prima circonvallazione (degli anni ’70), oggi assorbita dal tessuto urbano con imponenti investimenti, è stata interrata nella zona che costeggia il fiume; lo spazio recuperato sta diventando un parco di 23 ettari con 10 mila alberi e 122 mila arbusti, giochi d’acqua e campi sportivi che rafforzano l’immagine di Madrid 'capitale verde'. Si sono costruite circonvallazioni carrabili di raggio sempre maggiore e si sta completando il primo anello ciclabile: 65 km con ponti e aree verdi. Lo sviluppo conosciuto da Madrid, e dalla Spagna, ha avuto un suo elemento caratterizzante nell’aumento delle strade e delle auto: il rapporto chilometri di autostrade per abitante è al livello massimo in Europa, pari a quello del Belgio. Ma la nuova 'strada' imboccata nel 2011 da Madrid va nel senso opposto: togliere spazio alle auto per renderlo a pedoni e biciclette. Ampie strade, edifici imponenti, giardini e verde pubblico, megacentri commerciali e amministrativi, un aeroporto che con 75 milioni di passeggeri l’anno, è il quarto in Europa e il decimo nel mondo: la città negli ultimi anni si è trasformata in modo radicale diventando uno dei luoghi più vitali e attivi del continente. Ma adesso si sta pensando anche a togliere spazio alle automobili per restituirlo a pedoni e biciclette
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