mercoledì 14 dicembre 2022
Il 14 dicembre 1972 l’ultima missione Apollo lasciò il satellite. L'astronauta Vittori: «Oggi lo spazio ha tre anime: civile, commerciale, militare. E la space economy Usa corre»
Eugene Cernan saluta la bandiera Usa sulla Luna

Eugene Cernan saluta la bandiera Usa sulla Luna - Nasa/WikiCommons

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Lanci, allunaggi, rientri nell’atmosfera terrestre e ammaraggi al cardiopalma. Il programma Apollo era stato tutto questo, dalla prima missione del 20 luglio 1969 fino all’ultima conclusa il 19 dicembre 1972 quando il comandante Eugene Cernan e il geologo Harrison Schmitt avevano messo per l’ultima volta piede sulla Luna. Era il 7 dicembre di cinquant’anni fa quando da Cape Canaveral, in Florida, erano partiti spinti dal razzo vettore multistadio Saturn V. Oltre a Cernan e Schmitt, pilota del modulo lunare Lem, c’era anche il pilota del modulo di comando e servizio Ron Evans. L’Apollo 17 fu la missione di addio alla Luna, ma anche quella di diversi primati, a partire dalla permanenza sul satellite terrestre: 12 giorni, 13 ore e 52 secondi, la più lunga, con tre giorni e tre ore di cui 22 ore e 4 minuti trascorsi in ricognizione tra le rocce. Le comunicazioni via radio con il centro controllo a volte si perdevano, ma l’emozione era tanta, a bordo e sulla Terra. Fu anche la missione dell’ultima “corsa” del Rover lunare guidato proprio da Eugene Cerra nan che racconterà insieme al giornalista Don Davis la sua esperienza a 380 mila chilometri dalla Terra nel suo libro L’ultimo uomo sulla Luna. «Cinquant’anni fa, esattamente oggi, l’equipaggio dell’Apollo XVII era sulla superficie lunare. Decollato dalla rampa 39A del Kennedy Space Center, ed entrato in orbita lunare dopo 3 giorni circa, eseguiva un perfetto allunaggio per portare Eugene Cernan ed Harrison Schmitt, ancora una volta, sulla superficie di un corpo celeste differente dalla Ter – spiega il generale di brigata aerea Roberto Vittori, astronauta, capo dell’Ufficio generale per lo spazio dello Stato Maggiore Aeronautica -. Harrison Schmitt, geologo, che da allora ha cercato in tutti i modi di spingere la Nasa e la comunità internazionale a guardare e concentrarsi sulle risorse extra-atmosferiche. Ricordiamo, tra i tanti, il suo scritto Mining the Moon, pubblicato del 2005». Vittori ha partecipato nel 2002 alla missione “Marco Polo” sulla Stazione spaziale internazionale (Iss), nell’ambito di un accordo di programma tra l’Agenzia spaziale russa Roskosmos, l’Agenzia spaziale italiana e l’Esa. Durante la sua permanenza a bordo della Stazione spaziale internazionale ha fra l’altro seguito quattro esperimenti scientifici per il programma europeo. Il 15 aprile 2005 ha partecipato alla missione “Eneide” pilotando la navetta Sojuz (Tma-6) all’approccio con la Iss, dove ha condotto degli studi per conto dell’Agenzia spaziale italiana, diventando il primo astronauta europeo a visitare due volte la Iss. Il 24 aprile dello stesso anno è a bordo della capsula Sojuz Tma-5. È stato il primo astronauta europeo a conseguire la qualifica di comandante Soyuz. Il 16 maggio 2011 è decollato con la missione Shuttle Sts-134 nel ruolo di mission specialist. La sua riflessione ci riporta ai giorni nostri e alla recente missione di Artemis 1. Un successo che rende ancora più affascinante l’avventura umana nello spazio e sulla Luna. «Casuale coincidenza: finalmente, dopo anni di attese e ritardi, il razzo Sls, ovvero il nuovo Saturn V, è riuscito ad andare in orbita in traiettoria cis-lunare con successivo rientro e ammaraggio di fronte alle coste della California. Ora come allora? – riflette Vittori -. In realtà no. Allora dimostrammo la nostra capacità di arrivare sulla superficie lunare e tornare in sicurezza – aggiunge l’astronauta italiano -. Lo scenario attuale è completamente differente e il nostro vero obiettivo è l’utilizzo sistematico delle risorse extraatmosferiche. Che sia l’idrogeno che possiamo estrarre dal ghiaccio secco dei poli lunari, che sia l’elio.3, di cui tanto Harrison Schmitt ha scritto, che sia la possibilità di trovare terre rare o addirittura nuovi minerali, come la recente missione Cinese Change’ 5 ha dimostrato: le risorse extra- atmosferiche sono l’unica opportunità di crescita sostenibile della global economy, oltre che l’unica possibilità di salvezza per l’ecosistema terrestre – prosegue Vittori -. La tecnologia è matura. Il costo dell’andare nello spazio significativamente diminuito. Finalmente, dopo lunghissima attesa, è arrivato chi ha rivoluzionato il settore: SpaceX dimostrando la riutilizzabilità dei razzi ha letteralmente scardinato tutti i paradigmi classici dimostrandoli superati». Lo spazio, dunque, spiega Vittori, «è diventato il nostro naturale ambiente di lavoro e la nostra grande opportunità: di crescita sostenibile. L’urgenza deriva dall’evidenza dei cambiamenti climatici che dimostrano che l’attuale economia basata sull’uso indiscriminato dei combustibili fossili non è più sostenibile: il futuro è al di fuori dell’atmosfera terrestre, a partire dalla superficie lunare. Lo spazio è sempre più convergenza di interessi non solo geostrategici e geopolitici, ma anche economici. Lo spazio è ricerca scientifica e tecnologica, è sicurezza e difesa – aggiunge Vittori -. Lo spazio oggi ha tre anime: civile, militare e commerciale. Forse avremmo potuto non aspettare 50 anni per riprendere la corsa, ma il passato è ormai passato; tuttavia ora dobbiamo correre, esattamente come gli attori delle new space economy statunitense stanno facendo. Una vera e propria nuova corsa all’oro».

L'interesse di Paolo VI per gli allunaggi

«Dal punto di vista biomedico il programma consentì di osservare meglio fenomeni in parte noti quali la perdita di peso e la ridotta massa epatica, immediatamente dopo il volo per effetto della microgravità, ma anche l’effetto dello spostamento dei liquidi corporei sul bilancio elettrolitico». Il tenente colonnello Paola Verde, medico sperimentatore di volo dell’Aeronautica militare in servizio presso il Reparto di medicina aeronautica e spaziale del Centro sperimentale di volo di Pratica di Mare, aggiunge un tassello importante all’esperienza del programma Apollo: «Non poche perplessità ci furono quando a qualche settima dal primo allunaggio, il volo del Biosatellite 3 con una scimmia a bordo, fu interrotto perché la scimmia si era ammalata per la forte disidratazione. Ma, soprattutto durante le missioni Apollo, che rispetto alle precedenti avvenivano lontano dalla Terra, furono sviluppati i primi programmi per le emergenze mediche a bordo, che tornarono utilissimi in occasione del lancio Dell’Apollo 13 – aggiunge Verde -. Grazie al programma Apollo si è capito che l’esposizione prolungata alla microgravità poteva portare all’osteoporosi, a una diminuzione dei globuli rossi, a una diminuzione della capacità muscolare una volta atterrati, nonché si è capito quanto fosse elevato il dispendio energetico per le attività extra-veicolari». Sei anni dopo l’ultima missione Apollo moriva il 6 agosto del 1978 Paolo VI che aveva seguito con trepidazione le «avventure » degli astronauti. Proprio dalla sua specola di Castel Gandolfo, vicino a Roma, Montini aveva benedetto i «conquistatori della Luna» non mancando di trasmettere a Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins un messaggio accorato: «Portate a essa, con la vostra viva presenza, la voce dello spirito, l’inno a Dio, nostro Creatore e nostro Padre». Quella notte del 20 luglio 1969, una domenica, il messaggio che il pontefice inviò all’Apollo 11 fece il giro del mondo. Paolo VI era molto interessato alle ricadute derivanti dalla ricerca spaziale, specialmente per quel che riguardava la medicina aerospaziale. Non a caso, nel 1963, aveva ricevuto in udienza il generale Tommaso Lomonaco, già capo del Servizio sanitario aeronautico nel corso del Convegno internazionale di medicinale aeronautica e spaziale di Roma. Nel 1965 aveva poi ricevuto in Vaticano l’astronauta americano John Glenn che tre anni prima, il 20 febbraio 1962, aveva preso parte alla missione Mercury-Atlas 6, diventando il primo statunitense a entrare in orbita attorno alla Terra per 4 ore e 55 minuti. Il 15 febbraio del 1969 aveva ricevuto invece Frank Borman, comandante dell’equipaggio dell’Apollo 8: «L’ammirazione dell’uomo per l’opera di Dio oggi parla con una voce nuova. Il protendersi dell’uomo per svelare i misteri dell’universo rivela sempre di più le meraviglie dell’opera di Dio e mostra la Sua gloria – aveva detto Montini -. Siamo felici di salutare uno degli intrepidi viaggiatori che hanno così accresciuto la conoscenza dell’opera di Dio da parte dell’uomo, accrescendo così il suo apprezzamento della gloria di Dio che si manifesta nella creazione. Esprimiamo la Nostra grande stima per il coraggio mostrato da lui e dai suoi compagni, e invochiamo su di loro le più ricche benedizioni e favori dal Signore dei cieli». Una benedizione e un augurio che Paolo VI rivolgeva a tutti coloro che avevano fatto rientro sani e salvi dalla Luna, consapevoli dei rischi, ma dando prova di coraggio, sforzi fisici e mentali per il bene del progresso e dell’umanità. Sullo Spazio e sull’evoluzione tecnologica, medica e scientifica non mancheranno appuntamenti anche in occasione dei cento anni dell’Aeronautica militare che si celebrerà il 28 marzo 2023. Un’occasione per raccontare il mondo del volo e dello spazio, dagli albori a oggi. «Una grande occasione per raccontare la nostra storia, far conoscere i nostri ideali e le nostre preziose capacità al servizio della collettività e delle istituzioni», ha detto il generale di squadra aerea Luca Goretti, capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica militare, nel presentare uno “stormo” di iniziative in programma per tutto il prossimo anno.

Vincenzo Grienti

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