lunedì 8 settembre 2014
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​«L’artista non esiste, esiste la sua arte». È un’espressione efficace che dice tanto di Lucio Battisti Poggio Bustone, 5 marzo 1943 - Milano, 9 settembre 1998) che la utilizzò nella sua ultima intervista, nel 1979. Poi la "sparizione", apparente (e L’apparenza si chiamerà uno dei dischi della  nuova stagione con lo scrittore Pasquale Panella, autore dei testi dopo il sodalizio con Mogol); il non accettare la logica dell’intrusione e dell’affollamento. Esiste l’arte, il privato dell’artista appartiene a lui e ai suoi cari. All’arte di Battisti scrittore appartengono solo due testi esplicitamente e ufficialmente suoi: due liriche scritte nel 1972, l’una, Aeternum, composta per la Formula Tre, l’altra, Prima e dopo la scatola, per il primo disco di Alberto Radius. Di nessuna delle due aveva predisposto le musiche. Di 11 righe la prima e di 12 la seconda. Si tratta di due testi brevi in  versi liberi, nei quali si individua un tema centrale: l’immortalità, sottolineato nel primo testo dai versi «indugia il tempo./ Ti senti grande/ eterno, per un istante» e nel secondo: «Eppure l’anima è/immortale/Se così non è allora cantare cosa vale». In Aeternum prevale il senso del provvisorio, con una venatura di malinconia che dissipa l’invito vitalista posto in apertura: «Non pensare, non pensare./ Ieri è lontano./ Il mondo è lontano,/respira piano./ Guarda i prati,/guarda il cielo/ ascolta il vento./ Fra i rami e sul tuo corpo/ indugia il tempo./ Ti senti grande/ eterno, per un istante».La seconda lirica è più ironica, con un invito a una maggiore fiducia in sé («l’uomo libero» nella propria mente) piuttosto che nell’aspettativa dei padri (la «scatola», il «barile di idee sotto il sale») che hanno già un programma scritto per i figli: «Mio padre mi ha lasciato/ un’eredità speciale/ un barile di idee sotto il sale/ potrei crederci ma/ l’istinto mio non mente/ prima e dopo la scatola non c’è niente/ Eppure l’anima è/ immortale/ se così non è allora cantare cosa vale/ uomo libero che/ vivi nella mia mente/ prima e dopo la scatola non c’è niente». Colpisce il contrasto tra fragilità e aspirazione alla durata, ma anche come in pochi versi sembrano concentrati mondo, radici e convinzioni di Battisti. L’infanzia di Battisti aveva respirato tra le testimonianze francescane della valle reatina (vi sono accenni in alcune interviste) e una certa religiosità dalla quale sembrerà allontanarsi. Ne aveva parlato due anni prima di 1’Aeternum e Prima e dopo la scatola in un’intervista del dicembre 1970 per la rivista Sogno: «Ero un ragazzino tranquillo, giocavo con niente, con una matita, con un pezzo di carta e sognavo. Le canzoni sono venute più avanti. Ho avuto un’infanzia normale, volevo fare il prete, servivo la messa quando avevo quattro, cinque anni. Poi però una volta, siccome parlavo in chiesa con un amico invece di seguire la funzione, io sono sempre stato un grosso chiacchierone, un prete ci ha dato uno schiaffo a testa. Magari dopo sono intervenuti altri elementi che mi hanno allontanato dalla chiesa, ma già con questo episodio avevo cambiato idea». Tracce di una ricerca religiosa si esplicitano nelle brevi note di ringraziamento del disco E già, il primo del dopo Mogol, con un riferimento al buddismo. Proprio quando tanti lamentano l’assenza di Battisti sulla carta stampata e in tv, aggredendone da allora in poi la riservatezza personale e familiare, lui pubblica un disco che non solo anticipa l’uso sapiente della musica elettronica per la cosiddetta musica leggera ma, attraverso i testi scritti con la moglie (con l’acronimo Velezia, Grazia Letizia Veronese) parla esplicitamente di sé. Le canzoni di Battisti-Velezia sembrano tra l’altro rivelare interesse verso letture zen, come nel caso di quel gioiellino che è La tua felicità, e una certa convinzione sulla pluralità dei punti di vista («E già/ che la verità/ è solo un’intepretazione/ che una certezza propria non ha»). Difficile poter immaginare come è maturato il pensiero di Battisti in ordine a questi temi. Non è cosa da poco la compostezza di fronte all’aggressività della malattia che lo colpisce e per effetto della quale Battisti si spegne il 9 settembre del 1998. Per lui vengono  celebrati funerali religiosi in una cappella privata a Dosso di Coroldo da don Carlo Ambrosoni e don Peppino Ferioli. Citata nell’omelia, in chiave simbolica, Acqua azzurra, acqua chiara, il cui testo è di Mogol, uno dei pochi ammessi alle esequie. L’interpretazione datane da Battisti è esemplare di quell’Alchimia del verso cantato con cui Gianfranco Salvatore aveva affrontato, nel 97, con scrupolo e cognizione di versificazione la lettura dei testi e della musica di Battisti-Mogol. Auspicabili sono studi in questo solco sia della fase intermedia rappresentata da E già e poi di quell’ulteriore passo di straordinario rinnovamento che segna la stagione di collaborazione con un altro maestro delle parole come Pasquale Panella.
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