lunedì 10 ottobre 2011
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A oltre un lustro dallo scoppio della grande buriana di Calciopoli, abbiamo voluto incontrare quello che fino a oggi è stato additato come il capo supremo della “Cupola”, il grande maneggiatore di schede telefoniche, di arbitri e di campionati, Luciano Moggi. Premessa doverosa e per niente scontata, specie in tempi di labili e fugaci partigianerie: non siamo qui né in veste di adulatori dell’ex direttore generale della Juventus, né tanto meno di giustizialisti, visto che a Napoli c’è un processo ancora in corso.Moggi, dopo cinque anni sarebbe il caso di far capire alla gente, prima che ai tifosi, che cosa è stata realmente Calciopoli...«Lei che idea si è fatta scusi?».Beh cominciamo male, perché anche se non siamo giudici, le domande dovremmo farle noi...«Calciopoli è stato un grosso male che ha causato tante vittime. Io non mi sento più vittima dal giorno in cui ho letto bene quali erano le accuse nei miei confronti e che tipo di intercettazioni erano state usate contro la mia persona. Allora ho capito che dovevo combattere contro un sistema che era torbido e in cui domina l’invidia».Una visione quasi filosofica, ma da fuori chi sente parlare di intercettazioni, pedinamenti, spionaggio industriale e di associazioni a delinquere legate al calcio, si domanda: questo è ancora uno sport?«La parte commerciale, volenti o nolenti, ormai conta quanto, se non più, dell’aspetto tecnico in campo. Se prendi Zidane a 7 miliardi e poi sei capace di rivenderlo per 150 al Real Madrid, ecco che ti attiri tutta l’invidia delle altre società. Se poi uno come me ha avuto anche il merito di fare delle squadre in cui 9 giocatori erano della Nazionale e nella finale Mondiale Italia-Francia del 2006 8 giocavano nella Juventus, è normale che in questo sistema diventi l’uomo da combattere e possibilmente da fare fuori».Lei capisce, molti a questo punto smettono di leggere l’intervista e pensano: ecco, il solito Moggi che recita a fare la vittima. Ma da buon cristiano, quale si professa, qualche peccato l’avrà pure commesso...«L’unico peccato che mi posso rimproverare è stato vincere tanto con la Juventus e non perché gli arbitri ci davano una mano, ma semplicemente perché avevamo la squadra più forte. Mai sentita una vittima. Ripeto, qui le vittime sono tutti coloro che amano il calcio al quale cinque anni fa è stato inferto un colpo mortale. Una farsa che tra l’altro non si sarebbe mai verificata se non ci avessero colto in un momento di estrema fragilità».E quale sarebbe stato questo momento catartico?«Il vuoto lasciato dall’Avvocato Gianni Agnelli e poi la perdita di suo fratello Umberto e dell’avvocato Chiusano ci avevano resi più vulnerabili».Veramente l’Avvocato quando lei arrivò alla Juve nel ’94 la definì lo “stalliere”...«Una battuta del suo vasto repertorio, ma poi era diventato il mio migliore amico. Mi telefonava alle 5.30 del mattino per sapere della squadra. E con Umberto lo stesso rapporto, lui mi chiamava il “Comandante”». Leggenda metropolitana vuole che quando il nipote dell’Avvocato, Lapo Elkann, osò criticare la “Triade” (Moggi-Giraudo-Bettega) siete stati proprio voi a incastrarlo con il gossip in stile sesso, droga e rock and roll.«Questa è grossa quanto la leggenda dell’arbitro Paparesta che io avrei chiuso nello spogliatoio di Reggio Calabria buttando la chiave. Mai accaduto. Lapo sa chi lo ha fregato, di me ha sempre parlato bene e non mi ha mai criticato, neanche quella volta. Lo dimostra il fatto che ci sentiamo spesso telefonicamente e siamo rimasti amici».Ma dalla famiglia Agnelli-Elkann non le hanno mai rimproverato di essere la causa della retrocessione in B della Juventus e della perdita dei due scudetti del 2005 e del 2006?«Se è andata così è perché l’avvocato del club bianconero, Cesare Zaccone, ha letto in 4 giorni le carte del processo, mentre io e i miei consulenti abbiamo impiegato quattro anni a evadere tutte le intercettazioni. Se la Juve ha subìto tutto quello è perché Zaccone ha patteggiato, non ha avuto una difesa o non si è voluto che venisse difesa…».Moggi non faccia il misterioso, andiamo a fondo a questa storia.«Senta, io non ho più nessuna fiducia nella giustizia sportiva che mi ha radiato. Ma ne ho ancora nella giustizia ordinaria e posso assicurare che a Napoli nella sentenza di novembre (l’8 o il 15 n.d.r.) emergeranno ancora tante di quelle verità... A cominciare da chi ha messo in piedi questo teatrino, il Colonnello Auricchio, che ora dovrà difendersi dagli avvocati della difesa. Presto tutti capiranno che le responsabilità di Calciopoli risiedono molto in alto».Se per “molto in alto” intende i vertici federali del 2006, la informiamo che Franco Carraro è ancora in campo (commissario della Federsci). Come se lo spiega?«Beh questo dovete spiegarmelo voi. Così come vorrei che mi spiegassero come Preziosi possa ancora fare il presidente del Genoa, essendo per lui elusa una radiazione. O perché le intercettazioni dell’Inter escono solo dopo quattro anni e solo grazie ai miei consulenti. O perché Moratti prima mi voleva nella sua società e poi tramite i suoi amici della Telecom mi faceva pedinare e intercettare...».Beh, però anche voi vi difendevate bene telefonicamente, addirittura con le sim segrete svizzere per non farvi intercettare con gli arbitri...«Ci sono volute le telefonate tra Lavitola e Berlusconi per capire che anche le schede di Panama si intercettano e non sono affatto segrete. I pm di Napoli evidentemente se non le hanno intercettate è stato per alimentare un processo basato su sensazioni. Gli arbitri le schede svizzere se le compravano da soli e non dovevano certo nascondere dei segreti con noi, semmai con qualcun altro a Coverciano. Le intercettazioni di Calciopoli sono state usate in maniera parziale e delle 170mila solo 20 sono entrate a processo, tra cui quella in cui io avrei “sequestrato” Paparesta. E la più comica riguarda una Juve-Samp in cui il pm dice che abbiamo vinto la partita 1-0 perché mancava Simone Inzaghi, quando in realtà perdemmo e Inzaghi era in campo ed era stato ammonito. Andate pure a controllare... Quando tutto sarà finito io chiederò il conto anche di quelle telefonate, perché sono state pagate con i soldi dei cittadini».Lei non regalava le schede agli arbitri, ma ha detto che erano “tutti suoi amici”.«Amici è parola grossa. Io ci parlavo quando venivano a dirigere le gare della Juventus, ma a differenza di qualcuno, come dimostrano le telefonate in nostro possesso, non gli ho mai detto di farci vincere una partita e o di buttare fuori un giocatore avversario. Li ho sempre trattati con rispetto e oggi dall’esterno capisco ancora meglio quanto siano vessati. Combatto anche per loro, per Pieri, Cassarà e De Santis». Con De Santis andate anche in pellegrinaggio a Lourdes...«Premetto che io a Lourdes ci vado da sempre, una volta l’anno. Con De Santis siamo diventati amici dopo Calciopoli, prima oltre tutto quando dirigeva, involontariamente, come quasi tutti gli arbitri, ce la tirava contro. Anzi dire ce la tirava è sbagliato, perché lui non aveva... sponsorizzazioni».Allora c’erano arbitri con “sponsorizzazioni”?«Uno sicuro, Collina. Anche prima della farsa di Perugia (sconfitta che nel diluvio del Curi costò alla Juve lo scudetto del 2000 n.d.r.) gli episodi contro di noi con l’arbitro Collina si sprecano. Non so se ce l’avesse proprio con Moggi, ma di sicuro danneggiarci non gli veniva male».Siamo arrivati al fascicolo dei nemici storici e di quelli che si sentono “vittime” di Moggi: che dice se le nomino l’ex dg della Roma Franco Baldini e Zdenek Zeman?«Di Baldini chiedete a Gabriele Oriali cosa gli ha combinato sulla vicenda del passaporto falso di Recoba e non credo che vi dirà che è una vittima... Zeman invece ha detto che io non lo facevo più allenare: è falso. Davanti ai giudici ha anche dichiarato che lui non è mai stato esonerato nella sua carriera... Ridevano tutti in aula».Può smentire anche che la Gea presieduta da suo figlio Alessandro non controllasse un numero incredibile di giocatori dalla Serie A alla C?«Contarono 140 giocatori e poi scrivevano due volte il nome di Jankulovski: prima Marek e poi Jankulovski, che poi non era neppure sotto la procura di Alessandro. Dicevano anche che la Gea controllasse tutta la Juve e invece aveva solo Mutu e Tacchinardi».E il presunto mobbing subito da Amoruso e Grabbi al quale disse che “non avrebbe più giocato se non nel giardino di casa sua”...«Il giardino non era quello di casa mia ma della casa di Grabbi, il quale non voleva accettare di essere ceduto. Così come Amoruso, ma quelle erano scelte che faceva la società e le mie erano frasi e non atti di violenza. Le violenze nel mondo del calcio sono altri che le fanno».Però sono scenari e nomi di uno che dà l’idea di essere un “Divo” ben al di là del mondo del calcio.«Quando morì Papa Wojtyla, l’allora ministro dell’Interno Pisanu mi chiamò per chiedermi un consiglio se interrompere o meno il campionato. Io gli dissi che avrei posticipato volentieri la giornata. Da quell’intercettazione lì, hanno dedotto che io ero il tramite tra il Palazzo del calcio e quello della politica. Siamo alla follia... Io con Berlusconi ho parlato nel 2005 perché mi voleva portare al Milan e per quell’incontro chi era vicino a lui me l’ha fatta pagare qualche mese più tardi...». Cinque anni fa parlava con rabbia, adesso racconta tutto quasi con serenità, ma la gente, i tifosi, pensa che l’abbiano perdonata?«Sono un cristiano e un credente, io conosco il valore del perdono. Prego per me e per gli altri e se posso cerco solo di fare del bene, ma ora chiedo giustizia. I tifosi juventini sono tutti con me. Le posso assicurare che la maggior parte delle persone che incontro per strada mi ferma e mi chiede l’autografo o di fare la foto insieme. Anche gli interisti, anzi molti di loro mi esortano ad andare fino in fondo perché hanno capito che c’è qualcosa che non torna nella farsa di Calciopoli».
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