venerdì 3 gennaio 2014
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Uno dei massimi talenti della letteratura americana, David Foster Wallace descrive le emozioni che gli trasmette Roger Federer come «un’esperienza che rasenta lo spirituale». Il suo Roger Federer come esperienza religiosa (tradotto da Matteo Campagnoli, e pubblicato postumo da Casagrande nel 2010), riproposto nel 2012 da Einaudi con Il tennis come esperienza religiosa - ha fatto da apripista, anzi da smash vincente, alla biografia “cult” dell’ex grande rivale di Federer, Andre Agassi. Stiamo parlando del fenomeno editoriale Open (Einaudi), scritto da Agassi con la complicità di un premio Pulitzer, Jr Moehringer, giornalista e autore del dickensiano “Il bar delle grandi speranze”. La vita di Agassi spiegata prima di tutto a sé stesso, in Italia è uscita nel 2011 e in questi tre anni come una pallina impazzita ha continuato a rimbalzare nelle classifiche dei libri più venduti, riuscendo a scavalcare l’immaginifica rete delle 300mila copie. Numeri, da noi, mai toccati prima da un libro di sport. Forse arrivò a venderne la metà di Open, la “misteriosa” e discussa autobiografia di Roberto Baggio Una porta nel cielo. Quello nel 2001 fu il grande colpo messo a segno da Enrico Mattesini - da poco scomparso -, il padre fondatore delle edizioni Limina, la casa aretina che ha avuto il merito di creare o rilanciare la letteratura sportiva.Un genere mai riconosciuto dalla nostra critica cattedratica e i cui prodromi si erano smarriti tra le nebbie del tempo e quelle aleggianti tra la Bassa e Torino, dove viaggiavano le trame finemente letterarie dei due scriba massimi del calcio, Gianni Brera e Giovanni Arpino. Da Azzurro tenebra di Arpino, che ha reso epica la disfatta della Nazionale ai Mondiali di calcio di Germania 1974, all’apparizione de La Farfalla granata (edito da Limina nel 1995), biografia in forma di romanzo popolare su Gigi Meroni, scritta da Nando Dalla Chiesa, passa un ventennio.Vent’anni di passaggi a vuoto, con rari titoli di genere sportivo reperibili sul mercato e con gli editori - specie i grandi - refrattari alla loro pubblicazione e che, al massimo, azzardavano con le opere di fuoriclasse stranieri, come i sudamericani Osvaldo Soriano e Eduardo Galeano. Ma l’effetto Agassi ha generato un autentico boom del settore e il 2013 che si è appena concluso è stato l’anno del binomio vincente “sport&letteratura”. Le storie con le racchette al centro della narrazione l’hanno fatta da padrone con una serie impressionante di pubblicazioni, alcune delle quali molto interessanti. A cominciare dai 60 anni di Wimbledon (Mondadori) saggio poetico e documentato dell’ultimo guru dei “gesti bianchi”, Gianni Clerici, del quale è stato appena ripubblicato - sempre da Mondadori - l’enciclopedico ed esaustivo 500 anni di Tennis.Tra le tante pagine che si perdono nel mare magnum delle proposte figurano due capolavori, ispirati dalla terra rossa e dall’erba londinese di un campo da tennis. Il primo, l’americano Levels of the Game “Livelli di gioco”, è diventato Tennis (Adelphi): l’autore è un altro premio Pulitzer, John McPhee, che ammalia il lettore con il suo reportage all’Us Open del 1968 e la sfida memorabile tra il primo campione “colored” Arthur Ashe e Clark Graebner. Il secondo, rievoca un’altra sfida storica, quella tra il barone tedesco simbolo involontario dello sport nazista Gottfried von Cramm e lo “yankee” Donald Budge, nella finale di Wimbledon del 1937. Una “battaglia” epocale raccontata, quasi fosse in presa diretta, in Terribile splendore (66Thand2nd editore) dall’ex tennista e ora giornalista e scrittore americano Marshall Jon Fischer. A dispetto del nome, 66Thand2nd editore (omaggio topografico a un dedalo newyorkese di Manhattan) è una casa editrice romana che dal 2009 si è proposta come la versione colta e aggiornata della Limina, spaziando dal ciclismo con La strada del coraggio, toccante agiografia di Gino Bartali scritta dai canadesi Ali e Andres McConnon, al baseball americano con Il curioso caso di Sid Finch di George Plimpton, fino al pugilato con Il ring invisibile di Alban Lefranc che affronta l’esperienza umana e sportiva del re della boxe, Cassius Clay, alias Muhammad Ali.Dietro al tennis, a dispetto della profonda crisi che da tempo vive il pugilato, i titoli più ricercati sono proprio quelli sulla “nobile arte”. E dopo averle tentate tutte per non scivolare inesorabilmente nell’abisso, Mike Tyson ci prova con la scrittura. In True (Piemme), “Iron Mike” è assolutamente convincente nel suo autoritratto nudo e crudo, specie quando scrive che «il modo in cui combatti sul ring è il modo in cui vivi la tua vita».Le grandi case hanno fiutato l’affare nell’inserire nelle loro collane le biografie dei campioni che sono agili da leggere e pare più facili da smerciare anche in un mercato perennemente nel “pallone” come quello dell’editoria. Così, mentre Rizzoli accelera in sella alla moto dell’eterno antagonista di Valentino Rossi, Max Biaggi che con Paolo Scalere ha scritto Oltre. Nelle pieghe della mia vita, Mondadori entra in scivolata con la seconda “bio” italiana del capitano argentino dell’Inter Javier Zanetti che per Giocare da uomo ha scelto di dialogare con l’elzevirista nerazzurro Gianni Riotta. Ma l’Open insuperato e forse insuperabile nell’emisfero calcio, resta il super bestseller Io sono Zlatan (Mondadori). Si tratta delle memorie del giocatore più pagato della storia del football (14 milioni di euro l’anno al Paris Saint Germain), Zlatan Ibrahimovic, dettate al noto giornalista svedese David Lagercrantz. A tre anni dalla sua pubblicazione, lo Zlatan-pensiero ha visto insaccare oltre un milione di copie nella buste della spesa delle librerie di tutta Europa.Forse non avranno un destino “milionario” tentativi post-epici come la Totteide (Imprimatur) di Franco Costantini o un’autentica perla di letteratura calcistica come Il portiere (Isbn) dell’inglese Jonathan Wilson che sottrae dalla proverbiale solitudine sabiana i migliori n.1 di sempre, da Zamora a Buffon, ma libri così, a prescindere dall’ingresso o meno nelle classifiche di vendita, riportano uno sport come il calcio a quella dimensione aulica che si è persa e che Gianni Brera definiva «mistero senza fine bello». Un’accezione che la casa editrice torinese Add, acronimo della premiata ditta Agnelli-Dalai-Dileo, ha fatto sua quando nel 2010 ha cominciato con il pubblicare la biografia del Pallone d’Oro Pavel Nedved, ha proseguito nell’ultimo anno mandando alle stampe quella del “maledetto” Éric Cantona e proponendo un “saggio-outsider” come Ogni benedetta domenica dell’esordiente Fulvio Paglialunga.Lo sport tira e ne è convinta un’altra casa “americana” a Roma, la Absolutely Free che perlustra tutto lo scibile olimpico, ma dato che dopo il tennis la disciplina più letta è la boxe delizia il suo lettorato con I pugni degli eroi di Franco Esposito e Dario Torromeo.Insomma, se la nostra povera editoria sembra sempre ad un passo dal crollare al tappeto, almeno la letteratura sportiva la difende e per l’anno che verrà spera di mettere ancora la crisi alle corde.
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