giovedì 25 gennaio 2018
Il ct Menichelli guida un gruppo azzurro che è un mix di esperienza e gioventù: meno brasiliani naturalizzati e più italiani di talento tra le nuove leve
L'Italia del calcio a 5 sfida l'Europa
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L’Italia del calcio a 5 oggi parte per gli Europei in Slovenia con una storia di sport italiano che affonda le sue origini negli anni ’60. Merito delle radici del Ct Roberto Menichelli, 55enne tecnico romano, campione d’Europa nel 2014 in Belgio: «Quando abbiamo vinto l’oro europeo ad Anversa quattro anni fa battendo in finale la Russia, mio zio Franco scherzava ricordando che lui ad Anversa di medaglie d’oro ne aveva vinte addirittura quattro agli Europei del 1965», scherza l’allenatore della Nazionale di calcetto, come viene chiamato generalmente questo sport praticato da milioni di italiani, ma che nella definizione ufficiale della Fifa assume il nome di “futsal”. Lo zio Franco è stato uno dei più celebri ginnasti nella storia del nostro sport: oro a Tokyo alle Olimpiadi del 1964, ha conquistato altre quattro medaglie ai Giochi tra Giappone e Roma nel 1960 (una d’argento e tre di bronzo) e ben 17 tra Mondiali ed Europei. Con un’elevata concentrazione proprio ad Anversa, terra del successo del nipote Roberto agli Europei del 2014: «Oltre ai quattro ori europei di Anversa, mio zio ne ha vinti altri due in Lussemburgo e a Belgrado. Me ne mancano cinque per raggiungerlo – scherza Roberto Menichelli – mi fa molto piacere far parte di questa dinastia sportiva. È un orgoglio. Da piccolo ho fatto anch’io un po’ di ginnastica, poi mi sono dedicato al calcio. Mi fa piacere che, grazie a me, prosegua la tradizione sportiva della famiglia. Ed è bello che in corrispondenza di questi grandi eventi si torni a parlare dei miei zii».

Giampaolo Menichelli è stata un’ala sinistra con le maglie di Roma, Juventus, Brescia e Cagliari. Ricordato per la sua grande velocità, ha vinto uno scudetto e una Coppa Italia con bianconeri e una Coppa delle Fiere con i giallorossi. A livello individuale può vantare il titolo di capocannoniere della Coppa Italia 1964-65 e il fatto di essere stato chiamato dal Cagliari per sostituire l’infortunato Gigi Riva nel 1970. Per lui anche 9 presenze in Nazionale con un gol, per ironia della sorte a Bruxelles in una vittoria per 3-1 in amichevole con i padroni di casa. Ancora il Belgio: lo stesso Paese degli ori Europei del fratello Franco e del nipote Roberto. «Peccato che non ci sia nessun passato vincente dei miei zii in Slovenia – scherza il Ct della Nazionale di calcio a 5 – ogni volta che ci sono questi grandi eventi avverto molto il senso di appartenenza all’Ita- lia, ancora di più grazie a questi trascorsi azzurri oltretutto in due sport diversi dei miei parenti. Certo, io per ora non sono stato bravo come loro. Soprattutto quando giocavo. Ma lo sport ha indirizzato la mia vita. Con gli studi all’università, con la carriera da giocatore e ora da allenatore. Capita di confrontarsi con i miei zii sui metodi di allenamento. Sono molto discreti, ma i loro suggerimenti sono importanti. E alla fine il consiglio che emerge in modo più deciso è quello di essere se stessi. Non cambiare le proprie caratteristiche e tenere sempre ferma la barra della rettitudine morale». La spedizione in Slovenia deve essere una sintesi tra l’esperienza esaltante di quattro anni fa in Belgio e la delusione dell’eliminazione ai quarti di finale nel 2016 in Serbia contro la sorpresa Kazakistan.

L’Italia arriva a questi Europei con un mix tra esperienza e gioventù: ci saranno meno brasiliani naturalizzati rispetto al passato e più ragazzi nati in Italia, le nuove leve che si stanno affermando. I leader della squadra restano il portiere Stefano Mammarella, il capitano Gabriel Lima e Humberto Honorio. Una delle promesse maggiori è rappresentata da Mauro Castagna che ha giocato bene nell’amichevole di lunedì con la Polonia: vittoria per 7-0 a Genzano davanti a un palazzetto esaurito. «È stata una partita ben giocata – spiega Menichelli – che aiuta a trasmettere autostima ed entusiasmo. Una ga- ra amichevole, anche se di amichevole c’è stato poco perché è stata dura. Non c’erano i 3 punti in palio, ma ho visto tensione, determinazione e intensità». Ora queste caratteristiche dovranno trasferirsi in Slovenia dove l’Italia è attesa da un girone a tre abbastanza duro (le prime due passano alla fase a eliminazione diretta): gli avversari sono la Slovenia padrona di casa a la Serbia 4° due anni fa al termine del torneo giocato davanti al pubblico amico. «La cornice è molto importante nel calcio, ma forse lo è ancora di più nel calcio a 5 dove l’impianto è chiuso e quindi il tifo rimbomba tantissimo. La Slovenia ha già fatto il pienone per le sue partite. Dovremo misurarci anche con questo». Menichelli non si sbilancia sulle ambizioni dell’Italia a causa del ricambio generazionale: «Non possiamo dire niente questa volta. Se in passato potevamo delineare bene le nostre ambizioni, questa volta non è possibile. Dobbiamo giocare gara dopo gara al massimo delle nostre capacità all’interno della singola partita. Vedremo dove arriveremo camminando, anzi correndo forte».

Questa analisi è figlia proprio della nuova composizione del gruppo che comprende giovani italiani e quindi può pagare qualcosa a livello tecnico e di esperienza rispetto alle nazionali degli anni scorsi dove abbondavano brasiliani naturalizzati che per definizione hanno i piedi migliori del mondo: «C’è una composizione diversa – dice il Ct – dobbiamo mettere in campo altre doti a partire da entusiasmo e intensità». La squadra parte oggi per la spedizione europea: domani amichevole a Novigrad con la Francia. Giovedì 1 febbraio debutto nella competizione con la Serbia, due giorni dopo di nuovo in campo con la Slovenia. Inizia a salire anche l’attenzione intorno alla squadra: «Devo dire che, quando ci sono questi grandi eventi, si avverte sempre il seguito degli appassionati. Si tratta di competizioni Uefa e Fifa ». E per Menichelli c’è anche qualcosa in più: quella spinta azzurra che viene dalla famiglia, dagli ori europei degli anni ’60 di Franco, dallo scudetto e dal gol in Nazionale di Giampaolo. «Con i ragazzi questa è una dimensione che non viene fuori». Ma, quando suona l’inno nazionale prima delle partite, il Ct Roberto rivive idealmente il passato azzurro di una famiglia di grandi sportivi.

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