sabato 19 aprile 2025
«Non ci sono alternative» è il proclama usato dalla logica del dominio. La prospettiva opposta ispira la Santa Anarchia, su cui riflette il teologo inglese Adams
Il “Giardino delle delizie” di Hieronymus Bosch (particolare), 1480-1490 circa. Madrid, Prado

Il “Giardino delle delizie” di Hieronymus Bosch (particolare), 1480-1490 circa. Madrid, Prado - WikiCommons

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Pubblichiamo un estratto dal volume Santa Anarchia! Demolire il dominio, dare corpo alla comunità, amare lo straniero, il nuovo libro del teologo britannico Graham Adams, pubblicato da Edb (pagine 300, euro 15,50). L’opera propone un ripensamento radicale del concetto di potere e autorità alla luce del Vangelo, immaginando una comunità basata sulla giustizia, l’inclusione e la trasformazione delle strutture oppressive. Il libro di Adams si ispira alla visione di Andrew Shanks, che riformula il concetto di “regno di Dio” chiamandolo “Santa Anarchia”, un’idea che sfida le convenzioni religiose e sociali tradizionali.

La Santa Anarchia ci colpisce più volte, emergendo tra le crepe, distraendoci o attirando la nostra attenzione, in persone improbabili, in momenti improbabili, in luoghi improbabili. Invitandoci a vedere. E a capire. E a prendervi parte.

Ma che sia una cosa anonima o esplicita, che sia simile a un terremoto o sia qualcosa di sottile e quotidiano come due monete, sollecita in noi attributi e sensibilità. In primo luogo, le abilità del discernimento, che ci permettono di identificare sia le strutture che dominano, sia l’alternativa che ci interpella. Nella nostra tradizione troviamo risorse che ci aiutano – la testimonianza biblica che ci «apre» –, ma che attirano anche la nostra attenzione sul modo in cui altre voci vorrebbero chiuderci, in collusione con modelli di dominio e di divisione. Ci sono anche voci – come Senza Nome in Atti 16, che ha «uno spirito di divinazione» – che contribuiscono a farci cogliere cosa sta accadendo. Alcune sono in altre tradizioni specifiche, alcune sono cercatrici spirituali, alcune non hanno una «appartenenza» esplicita, ma nella loro peregrinazione ci aiutano a concentrarci sulla verità-in-divenire che spesso trascuriamo.

In secondo luogo, facendo discernimento, cerchiamo anche di svincolarci, per fare i conti con le forze che ci tengono fermi, noi e gli altri. Ma, così facendo, riconosciamo anche di non poter essere separati da loro. La purità non è un’opzione, solo l’im/purità. C’è infatti santità nel nostro stesso immergerci in questo sforzo di stare in mezzo alla vita, solidali con i lamenti, la disperazione, il sogno. Ciononostante, cerchiamo di essere una comunità distintiva, che offre la possibilità di qualcosa di diverso dalle strutture dominanti, pur sapendo di esserne ancora condizionati. Così costituiamo la chiesa, il goffo corpo di Cristo, contagiato dalla malattia che cerchiamo di affrontare, testimoniando però con esitazione il suo superamento. Rappresentiamo l’anticipazione di un mondo diverso, anche nel nostro riconoscimento di avere qualche volta fallito così drammaticamente e di aver bisogno istituzionalmente del perdono. Offriamo i sacramenti della Santa Anarchia nella nostra debolezza, pregando pazientemente e giocando all’arte della bambinità. Mediamo tra le nostre voci conflittuali, nel tentativo di essere il più cattolico dei corpi, decolonizzando lo spazio per permettere di sentire e accogliere le molteplici esperienze, agitandoci ogni volta che qualcuno vorrebbe controllare gli altri. Sappiamo che anche quando miriamo a svincolarci dalla matrice del Falso Ordine, siamo comunque incarnati come suoi agenti, appartenendo di fatto a due imperi, ma ancora, e ancora una volta, la speranza non muore: diamo testimonianza a una verità che non può estinguersi. L’orizzonte alternativo è abbastanza piccolo da vivere sotto gli occhi del Sistema, anche sotto gli occhi della chiesa che qualche volta lo nega; e ci entra nel profondo.

Così arriviamo a un terzo punto: mentre facciamo discernimento, dentro di noi e oltre, svincolandoci in modo imperfetto nel momento in cui incarniamo una testimonianza parziale dell’orizzonte alternativo, ci ritroviamo anche a imparare l’arte o l’abilità della riconfigurazione. Perché noi non siamo tutto, né il fine. Siamo segnali lungo la strada, impariamo costantemente. Le nostre menti sono cambiate. I nostri cuori anche. Invertiamo la rotta. Valutiamo dove siamo arrivati. Vediamo i limiti. Il pericolo. Sentiamo le grida. Ammettiamo l’ipocrisia, l’im/purità. Ci apriamo di nuovo. Tratteniamo il desiderio di vantarci, o di rendere gli altri simili a noi. Ricordiamo la possibilità di una solidarietà non con chi ha la stessa mentalità, ma una solidarietà tra diversi, e di una solidarietà tra le solidarietà. E ricordiamo anche che la fede ci orienta verso tale possibilità. Essere leali verso Gesù Cristo e verso la sua visione potrebbe anche richiederci di essere vicini, ospitali, accoglienti, non solo con coloro che sono già molto simili a noi, ma con gli estranei, i diversi. Di essere xenofili. Di essere amorevoli con ciò che è altro. Nel quale Dio viene a noi. Per scuoterci e aprirci di nuovo. Così siamo riconfigurati. Dobbiamo quindi essere ricettivi rispetto a tale possibilità, e sapere che è la buona notizia. (...)

Cos’è il vangelo, dunque? È la buona notizia della straordinaria debolezza di Dio! Straordinaria debolezza come un palmo aperto, incredibilmente attenta alla realtà in tutta la sua imprevedibilità, il suo dolore, la diversità e i suoi talenti. Straordinaria debolezza che illumina il gioco di potere che opera nel nostro mondo, le strutture del dominio che serrano i pugni, che lasciano poco spazio alle ambiguità e alle possibilità che si oppongono alla conquista; le strutture che ci chiudono e ci allontanano gli uni dagli altri.

La straordinaria debolezza che smaschera le forze dell’Impero, l’affermazione che «Non ci sono alternative», le pratiche del Dominio, che le mette a nudo e addirittura le sovverte attraverso gli eventi caotici dei semi, del lievito, della bambinità. (...)

In particolare, tre modelli di Falso Ordine impediscono la nascita della Santa Anarchia. Per primo, il modello segnato dalla volontà di dominare. È integrato nelle strutture e nelle pratiche sociali, ma anche nella nostra psiche, condizionandoci a vederlo come normale, inevitabile, addirittura come giusto e ordinato divinamente. Instilla un senso di ordine, ma è l’ordine che si adegua e serve gli interessi di coloro che hanno già privilegi, guidandoci verso futuri che perpetuano queste gerarchie. Non ci sono alternative, There Are No Alternatives, TANA. È così che stanno le cose. E la presa è stretta. In economia. In politica. Nella religione. Nel modo in cui trattiamo la Terra. Siamo chiusi a possibilità più empatiche, isolati gli uni dalle realtà degli altri. (...)

In secondo luogo, tendiamo a immaginare che le nostre comunità di fede possano sembrare e incarnare questa alternativa possibile al punto da vantarcene, rinnegando la realtà più confusa che noi stessi siamo compromessi. Eppure lo siamo, compromessi, contagiati, distorti. I nostri sforzi sono ben lontani dalla perfezione anche dove producono del bene. Che siano modelli di potere che ci hanno tenuti avvinti a tali illusioni, o semplicemente l’incapacità di riconoscere le conseguenze impreviste delle nostre migliori intenzioni, le chiese tendono a rivedere la loro storia. Ma accoglierne la pienezza significa fare emergere qualcosa di diverso e di migliore. (...)

Il terzo modello: tali sforzi possono purtroppo portarci a essere concentrati sulla nostra comunità, incuranti del potenziale di verità che ci supera. Qualsiasi comunità può farlo, seguendo il proprio flusso senza porsi domande di maggiore portata su chi sta fuori. Indifferente, persino, a quelli che sono un po’ troppo strani per averci a che fare. Tenerli alla larga. Permetterci di supporre cose. Ma questo si può affrontare. Possiamo imparare ad amare ciò che è strano, e le risorse della nostra tradizione possono renderlo possibile. Il vangelo stesso invita a farlo. La lealtà alla tradizione lo sostiene. Possiamo crescere in una più profonda vicinanza per coloro che possono insegnarci cose che non avevamo immaginato. E, di conseguenza, la Santa Anarchia è più vicina.

Questo è il vangelo della Santa Anarchia. Osiamo crederlo ed esservi leali.

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