sabato 18 gennaio 2025
Le costellazioni di satelliti come Starlink garantiscono una connessione globale ma hanno ricadute poco valutate, dall’accecamento dei radiotelescopi all’inquinamento degli alti strati dell'atmosfera
L’osservatorio del Paranal,in Cile. Il suo lavoro scientifico potrebbe essere compromessodalla continua messa in orbita di migliaia di satelliti, che alterano le condizioni di buio necessarie per guardare la volta celeste

L’osservatorio del Paranal,in Cile. Il suo lavoro scientifico potrebbe essere compromessodalla continua messa in orbita di migliaia di satelliti, che alterano le condizioni di buio necessarie per guardare la volta celeste - Eso

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Nel dicembre del 1999, all’alba del terzo millennio, il grande poeta e indimenticato maestro Andrea Zanzotto pubblicava sul “Corriere della Sera” un divertimento poetico la cui mesta e rassegnata conclusione assume di anno in anno maggiore valore profetico. L’occasione gli era stata offerta dalla esagerata pubblicità che la stampa e la televisione avevano dato alla “Luna del millennio”, così definita perché in quel mese la fase di Luna piena sarebbe avvenuta al perigeo della sua orbita, quindi alla minima distanza dalla Terra. In quelle condizioni, non certo eccezionali, la Luna appare leggermente più grande del solito e, a detta dei media, più luminosa: un evento millenario da non perdere! Peccato che l’affermazione sulla maggiore luminosità, che tutt’ora persiste, sia falsa. Lo sapeva persino Dante Alighieri che nel secondo canto del Paradiso espone, per bocca di Beatrice, l’esperimento con una candela accesa e tre specchi posti a distanze diverse che dimostra come l’immagine della candela appaia sì più piccola nello specchio più remoto, ma la luminosità della fiamma riflessa rimanga la stessa.

Zanzotto, il più dantesco dei poeti contemporanei, non poteva rimanere passivo di fronte alla bufala dal sapore millenaristico e si rivolse all’amica Luna, complice nell’ironizzare sulla gente “assatanata” che ha perso ogni capacità di discernimento. Come per Orlando, il senno dell’umanità sembra ormai congelato sulla superficie lunare, e inutilmente un novello Astolfo cercherà di recuperarlo: «Al mondo per le sue presenti mete, non serve il senno, basterà la rete», conclude tristemente il poeta.

Già venticinque anni fa, Zanzotto aveva intuito come l’allora emergente rete avrebbe gradualmente creato una tale dipendenza da connessione digitale da indurre l’umanità ad abdicare dalla fatica di pensare e decidere autonomamente, trasformando la nobile cibernetica nella più volgare, subdola e pervasiva Intelligenza Artificiale dei nostri giorni.

Ogni dipendenza (alcol, fumo, gioco d’azzardo, droghe chimiche e digitali...) è strettamente legata al profitto, sia esso illecito che legislativamente normato. Questa relazione era ben presente nella mente di Elon Musk quando, dopo aver fatto acquisire alle sue aziende capacità tecnologiche superiori a quelle delle più blasonate agenzie spaziali, progettò la mega-costellazione satellitare Starlink, ora già operativa e in via di rapido completamento. L’idea di sostituire la comunicazione terrestre con quella spaziale non è nuova: ipotizzata nel 1945 da Arthur Clarke, l’autore del romanzo 2001: Odissea nello spazio, si è concretizzata con la rete di satelliti geostazionari che da decenni trasmettono verso la Terra programmi televisivi e informazioni. La distanza di questi satelliti, circa 36mila chilometri, permette loro di servire regioni molto estese della superficie terrestre, ma al tempo stesso non consente l’interazione veloce, tipica di una connessione Internet, per la quale domande e risposte devono fluire senza ritardi percettibili. L’interconnessione rapida si ottiene riducendo la distanza dei satelliti a poche centinaia di chilometri, nelle cosiddette orbite basse (Low Earth Orbits o LEO), utilizzate dalla rete Starlink. In questo caso però, l’area servita istantaneamente dal singolo satellite, che si muove rapidamente in cielo, è molto ridotta e la connessione continuativa richiede una costellazione composta da un grande numero di satelliti che, pur muovendosi, coprano costantemente tutta la superficie terrestre. Di qui l’appellativo mega-costellazioni: Starlink, a regime, sarà costituita da circa 42mila satelliti di cui più di 6.400 sono già in orbita.

I vantaggi della rete internet spaziale sono evidenti. Innanzitutto, è possibile connettersi da qualunque luogo della superficie terrestre (oceani, zone desertiche e disabitate) e persino dagli aerei di linea. Inoltre, la rete è molto più resiliente rispetto alla connessione terrestre che può essere interrotta da eventi catastrofici naturali o da distruzioni intenzionali. Queste qualità della rete spaziale sono già state sperimentate da Starlink, non senza polemiche nel caso del suo utilizzo in ambito bellico. Questa comprovata valenza strategica delle mega-costellazioni ha stimolato governi e imprese private a sviluppare reti concorrenti, ma soprattutto ha convinto molti che non sarebbe stato saggio lasciare uno strumento così importante nelle mani di un singolo privato, specialmente da quando Elon Musk, con le sue esternazioni, sembra ambire a un ruolo di protagonista politico internazionale.

È iniziata così una corsa spasmodica a prenotarsi lo spazio per la propria costellazione satellitare e a oggi, sul tavolo della International Telecommunication Union, l’ente internazionale che assegna le frequenze di trasmissione e di fatto autorizza una rete a operare, giacciono richieste per un milione e settecentomila satelliti. Naturalmente non tutti questi saranno effettivamente collocati in orbita, ma una stima realistica ne prevede circa 500mila per la fine del 2030.

Questa improvvisa proliferazione di satelliti ha colto un po’ tutti di sorpresa e non sempre le conseguenze a breve e lungo termine sono state valutate attentamente prima che la febbre da mega-costellazione si diffondesse. Problematiche evidenti, come la necessità di controllare il traffico spaziale ed evitare possibili collisioni tra satelliti, sono state subito prese in considerazione, ma altre, non direttamente collegate all’operatività delle costellazioni, sono state trascurate. I primi a far suonare un campanello d’allarme sono stati gli astronomi che hanno immediatamente previsto che le osservazioni astronomiche sarebbero state disturbate dalla presenza in cielo di un numero così elevato di satelliti. Infatti, per buona parte della notte essi sono visibili perché illuminati dal Sole e le tracce del loro veloce passaggio interferiscono con le osservazioni astronomiche. Inoltre, la loro continua emissione di microonde verso Terra, molto più potente dei deboli segnali cosmici, disturba o addirittura rende impossibili le osservazioni radioastronomiche.

Per questo motivo l’Unione Astronomica Internazionale (IAU), che rappresenta più di 14mila astronomi professionisti di circa 80 Paesi, ha creato un Centro dedicato alla protezione del cielo astronomico dall’interferenza delle costellazioni satellitari. Il Centro, in collaborazione con l’industria spaziale e le maggiori compagnie satellitari, ha stilato una serie di raccomandazioni mirate a mitigare gli effetti più negativi per l’osservazione del cielo causati dalle costellazioni. Gli obiettivi includono la riduzione della luminosità apparente dei satelliti in modo da renderli invisibili all’occhio umano, la conoscenza accurata della loro posizione in cielo in ogni istante in modo da interrompere le osservazioni durante il loro transito nel campo di vista dei telescopi, il controllo dell’emissione elettromagnetica quando i satelliti passano in prossimità delle maggiori istallazioni radioastronomiche. Non tutte queste misure sono facilmente conseguibili e tutte richiedono la fattiva cooperazione delle compagnie, ma perlomeno sono state individuate e la strada per un ragionevole compromesso è stata tracciata.

Esiste però un potenziale problema molto più serio collegato alle grandi costellazioni, delle quali Starlink è l’antesignana. I loro satelliti, collocati in orbite basse (tra 350 e 1.200 chilometri), sono soggetti all’attrito dell’atmosfera terrestre residua e dopo alcuni anni decadono bruciandosi nel loro rientro. Per questo motivo la costellazione, per mantenere la sua operatività, deve essere continuamente rifornita di nuovi satelliti. In altre parole, i lanci di satelliti non si esauriscono con il completamento della costellazione (42mila nel caso di Starlink), ma devono continuare per sempre. Ciò comporta un continuo deposito nell’alta atmosfera degli elementi chimici di cui sono composti i satelliti: principalmente alluminio e altri elementi rari estranei alla sua naturale composizione. Quali siano le conseguenze a lungo termine di questa consistente variazione di composizione chimica sul delicato equilibrio della nostra atmosfera, sulla sua naturale azione filtrante e, di conseguenza, sul clima, sono al momento ignote. Finora, questo preoccupante aspetto dell’evoluzione delle attività spaziali sembra essere ignorato dalle compagnie e dai media, occupati come sono a magnificare gli aspetti positivi offerti dalle costellazioni e a commentare sulle potenziali alleanze con quelle più allettanti. Se fossimo capaci di apprendere qualcosa dal recente passato e dal disastro ambientale che abbiamo creato abbandonando incoscientemente residui di plastica ovunque e inquinando in maniera irreversibile gli oceani e i deserti, dovremmo esercitare il principio di prudenza e imporre una moratoria all’incremento esponenziale dei lanci di satelliti fino a che le conseguenze sull’alta atmosfera non siano state scientificamente valutate. Questa sarebbe l’azione assennata di una umanità capace di resistere al canto delle sirene digitali, ma forse, come concludeva tristemente il poeta, il senno umano è ancora congelato nelle profondità del Mare Tranquillitatis.

*Direttore del Centro IAU per la protezione del cielo

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