lunedì 18 maggio 2015
​A Benevento la tappa più meridionale della corsa che privilegia sempre più il centro-nord
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​Non è per tutti questo Giro. Non lo può essere, perché se parti dalla Liguria e ci resti in pratica cinque giorni, alla fine non si può arrivare laggiù, nel profondo Sud. Non è per tutti questo Giro, e non è una valutazione tecnica, ma piuttosto geografica, ambientale e nazionale, nel senso che la corsa rosa arriva fino ad un certo punto, poi torna indietro. Sta nell’ordine delle cose. È un Giro che fa un giro largo, ma non lungo, nel senso che non arriva in profondità, non affonda la propria passione e i propri interessi nel Meridione. È un Giro che non ha tempo, se vuole dedicare più giorni possibili alle montagne del Nord e alle tappe più entusiasmanti. Così gira alla larga dalla passione più lontana, più periferica, più di confine in alcune zone del nostro Paese che sono davvero terra di confine. È uno dei Giri meno a sud della storia recente. Per trovarne uno meno “sudista” bisogna tornare a quello del 1973, targato Eddy Merckx. Quell’anno scattò da Verviers, in Belgio e furono solo due e mezzo le frazioni che si svolsero in fondo allo Stivale. Prima tappa, Alba Adriatica-Lanciano con la vittoria del “Cannibale”, poi la Lanciano-Benevento, con il successo di un altro belga, Roger De Vlaeminck. La terza e ultima partì da Benevento per arrivare a Fiuggi, questa volta con il successo di Tullio Rossi. Due tappe e mezzo in pratica, esattamente come quest’anno. Ieri la Fiuggi-Campitello Matese. Oggi la Benevento-San Giorgio del Sannio, poi il riposo. E martedì si arriva già a Forlì. Una vera e propria toccata e fuga, in questa Italia troppo lunga per essere accontenta tutta. «L’aspetto positivo della cosa è che la corsa rosa la vogliono davvero tutti – dice Mauro Vegni, direttore del Giro d’Italia –. Abbiamo centinaia di richieste per portare il Giro in ogni angolo del Paese. Questo ci rende felici e orgogliosi, però è altrettanto chiaro che non possiamo accontentare tutti. Dobbiamo cercare di abbinare le nostre esigenze tecniche con quelle culturali e storiche». Tante le richieste, molte anche dell’estero, che chiedono a gran voce un “brand” che è in proporzione addirittura più apprezzato fuori dai nostri confini che a casa nostra. «In Italia il ciclismo e il Giro piacciono ancora molto, ma all’estero la nostra manifestazione è davvero amatissima, anche per il modo in cui la proponiamo», conferma Vegni. Ora si dice che il prossimo anno la corsa rosa potrebbe nuovamente partire dall’estero, ancora una volta dall’Olanda, che per il Giro e il Tour farebbe carte false. Mauro Vegni nicchia e lascia aperta la porta ad ogni soluzione: «Abbiamo tante richieste e molte possibilità – dice –. Scegliere in abbondanza è meglio di dover mendicare sedi di partenza e arrivo». Gira e rigira questa corsa piace. Per questo sono in molti, da queste parti, a lamentare il fatto di poter beneficiare e godere di questo spettacolo, che è forse il veicolo di promozione turistica più efficace che ci possa essere. Ma il Sud sarà destinato a restare in disparte ancora, specie con una eventuale e non remota partenza dall’estero il prossimo anno, sarà difficile poter correre in Puglia, Calabria, Sicilia e o Sardegna. «Non è detto – continua il direttore del Giro –: l’anno scorso siamo partiti dall’Irlanda, dove per altro abbiamo goduto di uno spettacolo eccezionale e di un’accoglienza semplicemente commovente. Nonostante sia sia partiti così lontano, la corsa ha poi puntato decisamente verso sud. Prime tre tappe forestiere, poi volo charter per Bari, da dove ha ripreso il proprio cammino: tanto è vero che un anno fa, ben quattro sono state le tappe in Meridione. Insomma, se dovessimo decidere di partire ancora una volta fuori dai confini nazionali, non è detto che il sud non venga toccato». Vegni si dice aperto ad ogni soluzione. Non ha interesse a mortificare l’entusiasmo che c’è attorno alla sua creatura. Lascia che il Giro sia corteggiato da molti. Vuole che salga e cresca la passione e l’interesse per una delle manifestazioni ciclistiche più importanti del mondo, seconda solo al Tour. Ma dietro alla scelta di correre a nord, o oltre i confini nazionali, ci sono anche ragioni puramente economiche. Dietro al Tour c’è un intero Paese: c’è la Francia, che collabora attivamente con l’Aso - ente organizzativo che cura la messa in scena della Grande Boucle - agevolando il lavoro di questa società privata, che però lavora per la promozione di una nazione. Al Giro invece la Rcs Sport si trova a dover allestire ogni anno una corsa molto complessa e di difficile gestione, in pratica da sola. Ma uno degli ostacoli più grossi, anche se in casa Rcs Sport non amano ammetterlo a chiare lettere, è dato anche dal fatto che a sud spesso si hanno problemi di riscossione. Due anni fa, per la partenza fu scelta Napoli. Coinvolte, oltre al capoluogo campano, anche l’Isola d’Ischia e la Penisola Sorrentina. Bene, i soldi promessi dal sindaco De Magistris non sono ancora arrivati e l’ufficio legale di Rcs Sport si è dovuto attivare per riscuotere gli oltre 2 milioni di euro pattuiti. «Posso solo dire che anche noi abbiamo a che fare con questo tipo di problematiche commerciali – spiega Vegni –, però riguarda tante sedi di tappa, e non tutte del Sud».
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