giovedì 1 marzo 2018
A colloquio con Jordi Faulí direttore della fabbriceria della Sagrada Familia. «Antoni ha posto problemi inauditi e immaginato soluzioni inedite. Il lavoro su questa chiesa non finirà mai»
«Sagrada Familia, ecco il cantiere di Gaudí»
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BARCELLONA. Non sarà finita per il 2026, centenario della morte del suo principale artefice, Antoni Gaudí. O meglio, spiega Jordi Faulí, attuale direttore della fabbriceria, «per quella data sarà certamente completata l’architettura della Sagrada Familia», il tempio espiatorio di Barcellona, grande e magnifico come una cattedrale. Ma quell’immensa basilica è più di un’architettura: «È capolavoro artistico e testimonianza di fede. E, come accade per le maggiori cattedrali, richiederà una cura costante: un cantiere che non chiude mai». Si temeva che non si riuscisse a completarne le strutture in tempo, per via delle tante difficoltà che si sono frapposte. Ma queste, passo passo si sono dissolte. A inizio di questo secolo è sorto il problema della ferrovia ad alta velocità che con decisione improvvida si scelse di far passare sotterranea, pochi metri davanti alla facciata principale. Si temeva che gli scavi e le vibrazioni dovute al passaggio dei convogli mettessero in pericolo l’imponente edificio la cui torre principale arriverà a quota 172,5 metri, la più alta della città. «C’è stata una mobilitazione di migliaia di uomini di cultura, in tutto il mondo. E la compagnia ferroviaria ha provveduto a collocare un muro di contenimento e protezione che scende oltre trenta metri sotto il suolo. Ora i treni passano nel vicino tunnel, ma non si sentono vibrazioni di sorta».

Sulla copertura cominciano a salire le sei torri principali, le più alte: completeranno il profilo esterno del tempio. Non ne deriveranno problemi per il sistema di pilastri sottostanti, costruiti da tempo?

«Gaudí prevedeva che il cantiere avrebbe adottato tutte le soluzioni necessarie, anche se non ancora a lui note. È quel che i miei predecessori hanno fatto, e continuiamo su questa strada. I progetti da lui lasciati sono studiati e sul piano tecnologico aggiornati. Ma l’impalcatura geometrica originale resta: si rivela capace di sostenere al meglio l’ardita struttura. Da poco abbiamo completata la sagrestia occidentale, che in piccolo ha forma simile a quella della torre maggiore, che sarà dedicata a Gesù: sia questa, sia quella sono composte da dodici segmenti. La torre sta sorgendo sull’incrocio di navata e transetti, circondata dalle quattro torri dedicate agli evangelisti. E sopra l’abside si sta costruendo la torre dedicata alla Madonna».

Come è stato risolto il fatto che i modelli e i disegni composti da Gaudí sono andati dispersi con la Guerra Civile del 1936-39?

«I suoi modelli che in piccolo, ma con somma precisione, prefigurano la navata e le facciate, sono in parte stati rotti; i suoi appunti e schizzi sono stati bruciati. Ma fortunatamente i suoi allievi li avevano già studiati e pubblicati. I loro libri sono stati recuperati e servono da guida. I modelli sono stati riprodotti, anche grazie alle stampanti in 3D; consentono di studiare come procedere col cantiere».

Sembra che nelle parti più nuove, come nel volume a cupola alto 40 metri della prima delle due sacrestie, vi sia un problema cromatico.

«Al tempo di Gaudí si usava la pietra di Montjuic, un’arenaria compatta e solida dal colore leggermente giallognolo. Ma la cava di questa pietra si è esaurita: così siamo ricorsi in parte al riuso di conci provenienti da edifici dismessi, e quindi anche ad altre cave le cui pietre hanno tonalità diverse. Ora accostiamo pezzi di vario colore che nell’insieme, a una certa distanza, presentino una cromia vicina a quella originale. Questa comunque risulta in parte falsata dal tempo: le parti più vecchie risentono degli effetti meteorici e dell’inquinamento atmosferico».

Quindi è già necessario restaurarle?

«Ci stiamo preparando a ripulire le superfici ed eventualmente consolidare parti della facciata della Natività, l’unica completata da Gaudí. Quando si completerà la costruzione delle torri e della facciata della Gloria, che ancora è ancora mancante, si concluderà anche il restauro di questa prima facciata. Poi dovremo inserire le campane, ma questo avverrà più tardi, e richiederà un grosso investimento. Gaudí, che le aveva progettate apposta in forma oblunga, prevedeva di collocarne ottanta solo in quelle delle facciate della Natività e della Passione. Le torri, in totale saranno diciotto, hanno fenditure verticali ove sono disposti conci inclinati così che l’acqua scorra via senza bagnare l’interno: da lì i rintocchi si diffonderanno all’intorno. Il completamento dell’opera architettonica nel 2026 non implicherà la chiusura del cantiere. Bisognerà continuare a lavorare per mantenere questo straordinario edificio».

Che peraltro è già officiato.

«La cripta, la parte più antica dell’edificio, funge da chiesa parrocchiale. Nella chiesa grande, che è stata consacrata da papa Benedetto XVI nel 2010, si officia la liturgia eucaristica tutte le domeniche e in diverse lingue: di solito i partecipanti per una buona metà sono stranieri. Gaudí era cosciente che questo tempio si sarebbe rivolto a tutto il mondo, non solo agli abitanti di Barcellona».

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