giovedì 22 aprile 2021
Nel terzo club professionistico scaligero, dopo Hellas e Chievo, da 40 anni l’allenatore fa anche il presidente: «Perez e Agnelli vengano qua a studiare come si gestisce una società di calcio»
Lo storico allenatore e presidente della Virtus Verona, Gigi Fresco

Lo storico allenatore e presidente della Virtus Verona, Gigi Fresco

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Come l’Equipe, anche noi, parlando con Gigi Fresco e della sua Virtusvecomp Verona potremmo titolare: «Questo è il calcio!». «Io penso che quei 12 signorotti della Superlega dovrebbero vergognarsi. Pagano 50 milioni d’ingaggio l’anno a Cristiano Ronaldo, perdono 300-400 milioni in una stagione e poi pretendono di cambiare le regole del calcio per incassare i soldi dagli americani... Ma è un “sistema di plastica” quello che hanno in mente, ed è normale che finisca nella spazzatura». È la voce del saggissimo Fresco, piccolo eroe esemplare di un calcio che invitiamo Andrea Agnelli e Florentino Perez a studiarsi da vicino, magari organizzando il loro prossimo “G12” a Borgo Venezia.

Il borgo scaligero dove cento anni fa, nel 1921, nel campetto dell’oratorio della parrocchia di San Giuseppe è nata la Virtus Verona. Società che esprime la sintesi perfetta della filosofia del calcio e dello sport più sano e più vero: meritocrazia, inclusione e fair play, in primis finanziario. «Lo stipendio massimo di un nostro calciatore è sui 3mila euro al mese. È basso per la Lega Pro, lo sappiamo, ma tanto possiamo spendere», taglia corto Fresco. Intanto però con questo passo secondo la gamba, la Virtus, tornata in serie C dopo la prima storica promozione di cinque anni fa, ha permesso alla città di Verona di essere ancora l’unica in Italia a poter sfoggiare tre società tra i professionisti, con l'Hellas in serie A e il Chievo retrocesso due anni fa in serie B.

Primato che va ad aggiungersi alla serie di record stabiliti dal “Ferguson scaligero”, il «mister-presidente» Gigi Fresco, classe 1961: è suo il primato mondiale di presenze consecutive in panchina, 40 anni. «A 12 allenavo già la scuola calcio della Virtus, a 16 ero calciatore-allenatore, a 24 presidente e tecnico, doppio incarico che ricopro tuttora – racconta con orgoglio –. Sir Ferguson l’ho battuto da un pezzo, ora punto a superare il “francese” Guy Roux che per 44 anni di fila (dal 1961 al 2005) ha guidato l’Auxerre».

Una meta alla sua portata, a meno che non venga sollevato dall’incarico. «A volte ho pensato di esonerarmi – dice ridendo –. Però a quel punto avrei dovuto cacciare almeno altre dieci persone che lavorano con noi da anni, e c’ho ripensato». L’inossidabile “padre-paròn”, alla faccia di manager e maneggioni del pallone dorato, il suo doppio ruolo lo esercita part-time: al mattino Fresco lavora come direttore generale amministrativo in una scuola veronese e al pomeriggio si presenta in tuta e cappellino d’ordinanza allo stadio “Gavagnin-Nocini” per allenare i suoi ragazzi. Una squadra solida e grintosa, che nella stagione in corso, con dodici giornate d’anticipo, ha già conquistato la permanenza in serie C.

Ma i risultati migliori della Virtus arrivano dall’omonima Onlus, attiva dal 1991, attiva nell’accoglienza e l’inclusione. «La “Cooperativa Virtus” all’inizio si occupava di sistemare qui in città gli albanesi che erano sbarcati a Brindisi. Oggi, all’interno della nostra Polisportiva – che conta almeno 200 tesserati nel volley femminile – tra i 600 ragazzi della scuola calcio ci sono tante storie come quella di Sibi Sheikh. Il 23enne gambiano, «arrivato a Verona per caso, dopo aver subito violenze e minacce di morte nel suo passaggio in Libia – racconta Fresco –. Sibi, che si sta giocando il posto da portiere titolare, è stato convocato dalla Nazionale del Gambia». Di questo calcio etico e solidale Fresco potrebbe parlare per ore.

«Per uscire dalla crisi finanziaria la ricetta è semplice: pagare meno i giocatori. Con il “premio valorizzazione” la Virtus quest’anno prenderà 800-900mila euro dalla Lega di C. Fai fatica certo, ma cerchi sempre di farteli bastare, e in campo magari riesci pure a toglierti qualche soddisfazione... In B si spartiscono già 5-6 milioni per club, mentre in A di base girano intorno ai 40-50 milioni a testa. Perciò, se un presidente è sano di mente perché dovrebbe indebitarsi e non rispettare il fairplay finanziario?».

Domanda da girare a quelli che vivono di solo calcio. Qui invece, finita la stagione, prima del Covid ogni anno scattava il «viaggio premio» con squadra e dirigenza. Memorabile quello di vent’anni fa, estate 2001: «Damiano Tommasi e Eusebio Di Francesco vincono lo scudetto con la Roma e poi scappano qui da noi per seguirci nella missione umanitaria a Sarajevo. Adesso stiamo seguendo il progetto “One Bridge to Idomenei” che opera a favore dei rifugiati siriani – conclude Fresco –. Perez e Agnelli ci diano una mano per questo, piuttosto che pensare ancora a quella buffonata della Superlega».

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