mercoledì 19 febbraio 2014
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Francesco Sarcina non è mai stato uno stinco di santo, e non ha fatto nulla per nasconderlo, ma qualcosa è cambiato. L’ex cantante delle Vibrazioni stasera sarà l’ultimo ad esibirsi in gara fra i Big a Sanremo con due brani, In questa città che riflette su quanto sia alienante la vita in una metropoli e Nel tuo sorriso, dedicata al figlio Tobia di 6 anni. «A me importava di portare al Festival solo questa canzone» ti spiega sfoderando un sorriso da papà innamorato che contrasta con l’aspetto da rockstar scafata, orecchini e anelloni da metallaro. Nel nuovo album Io, Sarcina in qualche modo vuole raccontare se stesso, con tutti i suoi contrasti, dove non mancano i brani in cui tiene alta la bandiera del bello e dannato. Venerdì per esempio canterà Un diavolo in me di Zucchero con l’amico Riccardo Scamarcio alla batteria, ma poi ti confessa: «Io veramente all’inizio volevo portare Se bruciasse la città in coppia con Massimo Ranieri». Qualcosa comincia a non quadrare nel teorema della perfetta rockstar. Sotto la scorza si intuisce qualcosa di più. «Quando è nato mio figlio ho cambiato prospettiva. Non potevo campare alla giornata: ho cominciato a immaginarmi come sarà la vita fra 20 anni. Io faccio una vita da nomade, abbastanza sregolata, non lo nascondo. Ma mio figlio mi ha insegnato tanto. Con lui ho dovuto cercare di imporre delle regole, dei margini corretti per la sua crescita. E ho cominciato ad analizzare me stesso. Capisci come è importante tornare a casa e vedere tuo figlio che ride. Non c’è niente di più bello al mondo».Sarcina, 37 anni, si definisce uno pieno di difetti, ma «un padre responsabile, e un figlio responsabile». Una canzone d’amore verso suo padre, scomparso lo scorso settembre, è Odio le stelle, che riassume un legame nato dalla fatica e dalle difficoltà, affrontando insieme con coraggio la malattia. «Mio padre era un ottimo chitarrista, ma a un certo punto le cose sono andate male, compresa la separazione da mia madre che lo ha portato alla depressione – racconta Francesco –. Avevo 16 anni e siamo rimasti soli, lui e io. Non c’erano soldi per pagare le bollette, ho imparato pure a lavare e a cucinare chiedendo aiuto a mia nonna pugliese che mi ha insegnato i segreti del soffritto». Nel frattempo tanta gavetta. E proprio nel momento in cui stava per arrivare il successo, il padre è stato colpito da un ictus. «Era il 24 dicembre 2002, papà è finito all’ospedale, io iniziavo una tournée. Mi son detto: ok, rimbocchiamoci le maniche. Io non mi abbatto». Qualcuno lassù Sarcina lo ama. «Credo di sì. Un mese dopo Dedicato a te finiva in classifica e iniziava il successo delle Vibrazioni. Per fortuna sono arrivati anche i soldi per curare mio padre in una struttura privata. Negli ultimi dieci anni ho fatto i salti mortali per essergli vicino». L’unico rimpianto è quello di essere arrivato tropo tardi al suo capezzale. «Stavo per partire, è arrivato a trovarmi all’improvviso mio figlio. Io sono separato dalla madre, quindi stare due ore in più con lui era un regalo. Non me lo sono perdonato». Finché di recente Francesco ha sognato suo padre: «Mi ha detto di stare sereno. Io ci credo, e ora lo sento più vicino di prima». Anche sul palco di Sanremo.
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