sabato 22 gennaio 2022
Nuova traduzione, condotta sull’edizione integrale, per "Bandiere nella polvere". Opera dalla genesi complessa, in cui il Nobel 1947 dà un posto importante alla voce dei neri
William Faulkner in Norvegia nel 1952

William Faulkner in Norvegia nel 1952 - CC-by-4.0

COMMENTA E CONDIVIDI

La vicenda editoriale di Bandiere nella polvere è stata insolitamente intricata e complessa. Ne ritroviamo puntualmente i dettagli in questa nuova, preziosa pubblicazione (La nave di Teseo, pagine 520, euro 22), condotta sull’edizione integrata del 2006, anche nella nota finale di Mario Andreose. William Faulkner (18961962) iniziò a scrivere il romanzo nell’autunno del 1926, dunque ancora giovane, e un anno dopo inviò il dattiloscritto all’editore Boni& Liveright, che non lo accettò.

L’autore ne fece una revisione e lo passò a un amico e agente, Ben Wasson, il quale fece il giro di vari editori prima che fosse accettato a una condizione: quella di ridurlo a non più di 350 pagine. Faulkner acconsentì, il romanzo uscì con il titolo di Sartoris e in questa versione ridotta è stato soprattutto noto anche in Italia. Nel ’73 riapparve con il titolo originale, e nel 2006 Noel Polk ne diede l’edizione corretta su cui si basa la nuova traduzione di Carlo Prosperi. Per i moltissimi ammiratori di Faulkner, premio Nobel 1949, autore di capolavori come L’urlo e il furore, Santuario, Luce d’agosto - per non citare che tre titoli -, questa uscita è un’occasione per tornare in pieno nel mondo e nello stile dello scrittore americano. Fin da subito, dunque, il suo modo di narrare, libero e non orientato su una linearità di trama e svolgimento, si impone come una delle più rilevanti novità autonome della narrativa di Novecento

Siamo a Jefferson, la città immaginaria della contea di Yoknapatawpha, la grande guerra è fresca nella mente di tutti, e c’è chi soffre la perdita di figure care, come quella di Johnny Sartoris, rimpianto, con sensi di colpa per averla scampata, dal fratello Bayard (personaggio centrale nel vario insieme delle vicende narrate), che ha visto precipitare in guerra l’aereo del fratello a cui era molto legato. Ancora nelle cose e nei ricordi sono peraltro forti tracce di una realtà precedente, quella della guerra civile. E poi del tempo in cui era stata introdotta la ferrovia dal capostipite dei Sartoris. Si tratta di una famiglia molto potente in quella zona di cui Faulkner riproduce elementi di una realtà nella quale è cresciuto e sulla quale ha scritto pagine formidabili. È la realtà dello stato del Mississippi, nel profondo Sud degli Stati Uniti, dove comunque, nei passaggi della narrazione, i cambiamenti si evidenziano netti e dove infatti già passano veloci le automobili. Lo stesso Bayard ne fa spregiudicato uso con brutte conseguenze, nonostante le raccomandazioni della vecchia ma lucidissima zia, Miss Jenny, figura di vivo risalto, pur nella sua discrezione, condotta tra ovvietà e sottostante saggezza. Bayard ha un nonno, Bayard senior, rispettato banchiere della città.

Altri personaggi sono poi Horace Bembow, avvocato e aspirante scrittore (presente anche in Santuario) e la sorella Narcissa. Ma rilevante è la presenza dei molti neri, che accompagnano da vicino, dall’interno, la vita dei benestanti del luogo, e vengono colti dall’autore nel loro esprimersi in un idioma improprio, quasi impossibile da rendere in traduzione. Come è anche quello dei campagnoli bianchi. Un problema che Carlo Prosperi - molto efficace per linearità e scioltezza nella sua resa nella nostra lingua - si impone di risolvere ben consapevole di quanto il compito sia arduo. Lo fa, ci spiega in una nota, «riproducendo il carattere liquido e malinconico della voce dei neri e quello più rotondo e animato dei 'villici bianchi'» e precisando che lo stesso Faulkner ricorda di questi personaggi «le indistinguibili parole povere di consonanti ». Un tipico esempio tra i moltissimi: «Dopo che la ’rotomobile ha saltato giù dal ponte co’ lui de’tro e l’ha ’piacicato ne’ ruscello? Come fa che no’ ha morto? E che ’li dici quando la legge ti doma’da com’è c’hai stato propio tu a trova’lo morto? Spiegamelo». Il romanzo è molto fitto, appunto, di dialoghi e di elementi di una quotidianità anche minuta. Le situazioni e i fatti, i pensieri e i sentimenti in cui troviamo immersi i personaggi sono innumerevoli e proposti minuziosamente nei dettagli. Lo scrittore non mira alla costruzione di una trama narrativa da cogliere e su cui impostare l’attenzione del lettore. Ma chi conosce e ama Faulkner non potrà certo stupirsene. L’insieme risulta come un bellissimo patchwork, da assaporare nell’accavallarsi vitale delle più diverse circostanze, nel quadro composito di una precisa realtà sociale. Ma la narrazione sa non di meno penetrare anche nel valore esistenziale che esprimono incidenti, amori e ossessioni, tra Storia e vicende private di varia natura e importanza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: