giovedì 5 ottobre 2023
Al via la massima competizione europea con Milano e Virtus Bologna uniche due italiane. Storia di un torneo molto cambiato che non ci vede più protagonisti come negli anni '70-'80
Dino Meneghin con Varese negli anni ‘70, quando la squadra lombarda giocò dieci finali consecutive di Coppa dei Campioni

Dino Meneghin con Varese negli anni ‘70, quando la squadra lombarda giocò dieci finali consecutive di Coppa dei Campioni

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Una volta si chiamava Coppa dei Campioni, come nel calcio. Adesso invece l’Eurolega, la massima competizione europea di basket è tutta un’altra cosa. Di quel torneo ha conservato solo l’albo d’oro. Un’altra formula, un trofeo semi- chiuso, dove le posizioni nei rispettivi campionati nazionali hanno lasciato il passo a licenze pluriennali e wild card. È comunque utile riavvolgere il nastro di questa storia per prendere coscienza della parabola discendente della palla a spicchi azzurra. I giovani non possono saperlo, ma ci sono stati anni in cui i dominatori eravamo noi. Non agli albori della competizione quando solo Milano (primo club italiano campione d’Europa nel 1965-66) riuscì a inserirsi nello strapotere delle dinastie sovietiche e del Real Madrid. È negli anni Settanta che l’albo d’oro si tinge d’azzurro grazie a Varese che trascinata da leggende come Meneghin e Morse giomai cò dieci finali consecutive (primato tuttora ineguagliato): riuscì a vincerne cinque, risultando ancora oggi il club italiano più titolato nel campionato più importante del Vecchio Continente. Magici per l’Italia furono anche gli anni Ottanta. in cui andammo a segno cinque volte in soli sette anni con tre squadre diverse: Cantù due volte (1982 e 1983), Roma (1984) e Olimpia Milano (1987-1988). Da allora è cominciato un lungo declino interrotto solo dalla Virtus Bologna, campione d’Europa per la prima volta nel 1998. Ma il torneo che aveva già assunto la denominazione di Eurolega stava già cambiando molto aprendosi non solo ai campioni nazionali ma anche alle altre squadre con i migliori piazzamenti.

Fino allo scontro fratricida e alla divisione che permane ancora oggi tra Uleb (Unione delle leghe europee di basket) e Fiba, la federazione internazionale. Nel 2001 si svolsero addirittura 2 tornei distinti con 2 campioni d’Europa: la Virtus Bologna nella Uleb Eurolega e il Maccabi Tel Aviv nella Fiba SuproLeague. E quello delle “V nere” è anche l’ultimo successo italiano. Sono passati ventidue anni. Il Real Madrid a maggio mettendo in bacheca l’11° titolo (primo in Europa) ha permesso alla Spagna di superarci nella classifica per nazioni: ora conducono loro 14 a 13. Dal 2015 in Eurolega sono presenti 11 club con licenza decennale (tra cui l’Olimpia Milano), la cui partecipazione è garantita a prescindere dai piazzamenti nella coppa e nel campionato di appartenenza. Altrimenti si può accedere al torneo vincendo l’EuroCup (la competizione di seconda fascia sempre “privata”) o tramite wild card, cioè inviti, che rispondono anche a criteri basati su parametri economici. È il percorso della Virtus Bologna che dopo aver vinto l’Eurocup nel 2022 giocherà anche quest’anno in virtù di una wild card. Saranno dunque sempre due le squadre italiane tra le 18 al via in rappresentanza di 10 paesi diversi (ancora escluse le squadre russe, per via della guerra in Ucraina).

Girone all’italiana fatto di gare di andata e ritorno, prime sei ai playoff (le altre due come in Usa giocheranno un Play-in) la Virtus debutta il 5 ottobre in casa contro i lituani dello Zalgiris Kaunas. Mentre l’esordio di Milano è il giorno dopo in Turchia contro il Fenerbahçe. Dopo la delusione della scorsa stagione, con il mancato approdo ai playoff, è lecito aspettarsi qualcosa di più dai nostri due club. Soprattutto da Milano che sul mercato non ha badato a spese rinforzando la rosa e prendendo un fuoriclasse come Mirotic che sarà anche il quarto giocatore più pagato d’Europa. Perché se è vero che l’Eurolega rimane un sistema elitario dove il business è una componente fondamentale, è altrettanto vero che è diventato il secondo torneo più prestigioso del mondo dopo la Nba, con un livello qualitativo e di gioco (forse anche superiore) che attira e appassiona. Se non riusciamo a sfondare in Europa è anche perché in questi anni il campionato italiano ha perso di importanza. La verità è che non produciamo nemmeno più talenti per risollevare le sorti di una Nazionale che dal 2004 (argento olimpico) non ha più vinto nulla. E continuare a crogiolarsi in un passato glorioso ma ormai tanto lontano, non è certo la strada migliore per tornare grandi.

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