lunedì 16 febbraio 2015
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Due pagine scarse, poche decine di righe che colgono un passaggio cruciale nella vita di Italo Alighiero Chiusano, il grande scrittore e germanista di cui ricorre oggi il ventennale della morte. Il testo – che riproduciamo integralmente in questa pagina – compare nel volume Italo Alighiero Chiusano. La scrittura tra visibile e invisbile (Edizioni Feeria, pagine 290, euro 24, presentazione del cardinale Giuseppe Betori; per maggiori informazioni info@sanleolino.org) nel quale sono raccolti gli atti dell’omonimo convegno svoltosi nel novembre del 2013 presso la Comunità di San Leolino, in provincia di Firenze. Si tratta di un omaggio quanto mai tempestivo a una figura che, dopo aver a lungo occupato il centro della scena culturale, fatica oggi a essere apprezzata in tutta la sua complessità e attualità. Se si eccettua il romanzo Konradin, disponibile nella “Biblioteca universale cristiana” promossa da San Paolo, nessuno dei libri di Chiusano risulta attualmente in commercio. Anche il progetto di una riproposta integrale della sua narrativa, avviato un paio di anni fa presso Castelvecchi con una nuova edizione del capolavoro L’ordalia, non ha purtroppo avuto seguito.Per rendere ragione dell’eccezionalità di Chiusano basterà ricordare la circostanza – solo in apparenza marginale – che tra gli anni Settanta e Ottanta lo vide collaboratore assiduo di due testate come “L’Osservatore Romano” e ”la Repubblica”, antitetiche per impostazione ma entrambe orgogliose di avvalersi della sua competenza di profondo conoscitore della letteratura tedesca. Traduttore, critico e commentatore instancabile, Chiusano era nato il 10 giugno 1926 a Breslavia, allora in territorio tedesco, da una famiglia di diplomatici alla quale doveva la sua educazione poliglotta. Aveva frequentato le scuole superiori in Brasile e di ritorno in Italia, nel 1948, si era laureato in Giurisprudenza a Roma. Il documento autobiografico ora portato alla luce dalla figlia Agata risale al giugno del 1950 e segna la definitiva conversione religiosa di un Chiusano poco più che ventenne, intento a muovere i primi passi nel mondo letterario. Le tappe di questo percorso possono essere ripercorse attraverso i saggi presenti nel volume edito da Feeria, tra i quali si segnala uno degli ultimi contributi di padre Ferdinando Castelli (1920-2013): nell’ambito del convegno fiorentino lo storico critico della “Civiltà Cattolica” volle infatti verificare la consistenza cristologica della produzione poetica di Chiusano, riportando così l’attenzione su uno dei versanti meno conosciuti di un’opera vasta e straordinariamente variegata. Ma non meno preziosi risultano gli interventi di Marco Beck e Gian Filippo Belardo sul teatro, di don Alessandro Andreini sul tema della riforma della Chiesa, di Sabino Caronia e di molti altri studiosi.A fornire l’inquadramento generale è don Carmelo Mezzasalma, che inviata a rileggere Chiusano nel contesto di quella “crisi della letteratura” di cui lo stesso scrittore fu testimone appassionato. Si pensi, per esempio, alla sua amicizia con il premio Nobel Heinrich Böll e, più ancora, all’incalzante successione dei romanzi pubblicati a partire dal 1966, anno dell’esordio con La prova dei sentimenti. Oltre ai già ricordati L’ordalia (1979) e Konradin (1990), accomunati peraltro dall’ambientazione in un Medioevo magnificamente reinventato, fanno parte dell’elenco La derrota (1982) e Il vizio del gambero (1986),visionaria riscrittura “a ritroso” della storia dell’umanità. Impetuoso, coltissimo, insofferente di ogni convenzione e convenienza, Chiusano è un autore che ha vissuto in modo franco e dichiarato il suo cristianesimo. La riscoperta dei suoi libri è talmente urgente che che può essere sufficiente la ristampa di una traduzione da lui curata (come quella della Vita di santa Teresa d’Avila, uscita lo scorso anno da Castelvecchi) per mettere voglia di festeggiare. Anniversario o non anniversario che sia.
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