martedì 22 giugno 2021
Il difensore del Napoli ha fatto partire un cargo da Napoli diretto a Dakar carico di alimenti e materiale sanitario tra cui ambulanze e lettighe. Un campione che non ha mai dimenticato le sue origini
Kalidou Koulibaly

Kalidou Koulibaly - Ansa

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In campo è prima di tutto un difensore. Fuori è un vero bomber nell’aiutare gli altri. Kalidou Koulibaly, il fuoriclasse senegalese del Napoli, ne ha combinata un’altra delle sue. A inizio anno era stato “beccato” nei pressi di alcuni semafori ad Agnano mentre regalava giacconi ad alcuni connazionali per proteggerli dal freddo. Nei giorni scorsi invece in occasione del suo 30° compleanno ha fatto partire una nave dal porto di Napoli diretta in Senegal carica di alimenti e materiale sanitario: due ambulanze, lettighe, camici ospedalieri, mascherine. Nulla di nuovo, i tifosi partenopei conoscono bene la sua generosità: una notte di Capodanno aveva donato 500 euro a un mendicante fuori da un centro commerciale. Chi lo conosce sa bene quanto tenga alle sue origini e in questi giorni in vacanza nel suo paese sta partecipando a diverse iniziative promosse da alcune associazioni in aiuto dei bambini disagiati.

Un legame all’origine anche della sua passione per il calcio, come spiegò a The Players Tribune: «Sono cresciuto in Francia in una città che si chiama Saint-Dié, dove c’erano tanti immigrati. Mia madre racconta spesso della prima volta che tornammo in Senegal. Avevo sei anni e un po’ di paura. Fu la prima volta che vedevo i miei nonni e i miei cugini e fu uno shock vedere come viveva la gente in altre parti del mondo. Tutti i bambini correvano scalzi e ci rimasi male. Supplicavo mia madre ad andare al negozio e comprare delle scarpe per tutti, così potevo giocare a calcio con loro. Ma mia madre mi disse: “Kalidou, togliti le scarpe. Vai a giocare come loro”. Alla fine mi tolsi le scarpe di corsa e andai a giocare a piedi nudi con i miei cugini, ed è qui che iniziò la mia storia con il calcio».

Un paladino nella lotta al razzismo, ha più volte chiesto pubblicamente provvedimenti seri per contrastare gli ululati e cori vergognosi, di cui è stato spesso vittima nel campionato italiano. «Il razzismo? Credo che i bambini capiscano il mondo meglio degli adulti…» ripete spesso il campione senegalese che a tal proposito racconta sempre un aneddoto che vale più di mille discorsi: «La prima volta che ho vissuto il razzismo nel calcio è stato contro la Lazio qualche anno fa. Ogni volta che prendevo palla sentivo i tifosi che facevano dei versi da scimmia. Dopo il fischio finale camminavo verso il tunnel ed ero arrabbiatissimo, ma poi mi sono ricordato una cosa importante. Prima della partita c’era una giovane mascotte con cui sono entrato in campo mano nella mano, mi aveva chiesto la maglia e gli avevo promesso di dargliela dopo la gara. Quindi mi sono girato e sono andato a cercarlo, gli ho dato la mia maglia e indovinate la prima cosa che mi ha detto? “Chiedo scusa per quello che è successo.” Mi ha colpito molto. Questo bambino chiedeva scusa per non so quanti adulti, e la prima cosa a cui pensava era come mi sentivo io. Gli ho detto: “Non fa niente. Ti ringrazio. Ciao”. Questo è lo spirito di un bambino. È questo che manca al mondo in questo momento».

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