martedì 18 marzo 2025
Partito con successo da Vigevano il tour dell’artista terzo classificato al Festival, fra brani sociali e intimità. «Da anni il cantautore classico era ai margini, dopo Sanremo siamo dei vincitori»
Il cantautore Brunori Sas in tournée

Il cantautore Brunori Sas in tournée - Foto di Luca Marenda

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È tornata l’epoca i cui i cantautori riempiono i palasport. Ne è un esempio Brunori Sas che, forte anche del terzo posto all’ultimo festival di Sanremo con la sua delicata L’albero delle noci dedicata alla figlia Fiammetta di 4 anni, sta aggiungendo date alle 8 previste del suo tour, partito con grande successo venerdì sera al Palelachem di Vigevano (Milano), per toccare domenica scorsa il Mandela Forum di Firenze e proseguire a Roma il 19 marzo, passando per Torino, Napoli, Bologna, Milano. Infine due date speciali con l’orchestra: il 18 giugno al Circo Massimo di Roma e il 3 ottobre all’Arena di Verona.

«Quel che è accaduto con Sanremo - dice Dario Brunori dopo il concerto di Vigevano - era ciò che desideravo, raggiungere i brunoriani che non sapevano ancora di esserlo». «Sanremo è un inferno se lo pigli male, io - racconta - mi sono divertito ed è andata bene, ogni cosa che è arrivata era una sorpresa, nella parte finale sul podio mi sembrava di essere in The Truman Show». Perché di aspettative, sul festival, Brunori non ne aveva: «Erano anni che il cantautore classico era ai margini del mainstream, avevo persino il timore che una proposta come quella di Lucio Corsi potesse anche essere ridicolizzata e invece è emerso anche lui: evidentemente - riflette - c’è il desiderio di qualcosa di autentico, magari è passeggero, ma è accaduto». Perché, spiega l’artista, la domenica prima del festival i cantautori erano considerati dei perdenti, mentre il venerdì sono diventati dei vincitori. Ma, avverte «è un attimo che torniamo al museo!». Tra poesia, rock’n’roll e ironia sorniona, Brunori entusiasma in un tour prodotto da Vivo Concerti che segna l’atteso a distanza di tre anni dall’ultima avventura nei palazzetti, nonché la primissima occasione per ascoltare live - insieme ai grandi classici di una carriera lunga più di quindici anni - i brani del nuovo progetto discografico L’albero delle noci, pubblicato il 14 febbraio per Island Records e forte di un debutto ai vertici delle classifiche Fimi e nella top10 degli album più ascoltati al mondo su Spotify.

Proprio intorno al nuovo album è costruita la scaletta, un viaggio lungo 23 canzoni che abbraccia anche tutto il repertorio dell’artista, riarrangiato per l’occasione con una band di 8 elementi, con la direzione musicale di Riccardo Sinigallia, radunata su un palco di legno tondeggiante come le noci di cui sopra.

Spaziando tra momenti intimi e toccanti - tra gli altri, un intenso ricordo di famiglia sulle note di ‘Per non perdere noi con il filmino Super8 in bianco e nero del matrimonio dei suoi genitori- e sezioni dal tiro più trascinante e rock’n’roll, lo show mette al centro assoluto la musica, i contenuti e l’alchimia tra gli strumenti, senza tanti effetti speciali. Tutto è suonato interamente dal vivo, in omaggio alla musica nella sua essenza più pura e autentica.

Quello che convince, è l’alchimia appunto tra una musica che da essere intima o trascinante, e testi tutti pregni di senso, che si tratti di intimità familiare o impegno sociale. Un’attitudine al non prendersi troppo sul serio quella che mostra sul palco Brunori, che ha scelto di dare il via a show e tour con la prima canzone del primo disco, Il pugile entrando sul palco come nel 2009, con la stessa band di allora, per un concerto che alterna momenti intimi chitarra e voce ad altri più energici, tutti tenuti insieme da una volontà di «mettere al centro l’aspetto musicale, la suonata, il desiderio di rendere ogni concerto unico».

All’inizio del live Brunori tira dritto con un’infilata di brani intensi come Il morso di Tyson, La ghigliottina e L’uomo nero, poi si scioglie nell’abbraccio del pubblico, con delicate poesie d’amore e destino come La vita com’è fino all’abbraccio familiare de L’albero delle noci a chiudere. «Non voglio fare l’apologia della famiglia, è molto pericoloso in questo momento storico - mette le mani avanti, per poi ammettere -, ma io mi rappresento come sono, ho sempre avuto questo legame forse perché ho avuto una famiglia molto forte che mi ha anche sostenuto che sia un modello in cui mi sento più al sicuro e in cui riesco ad esprimermi meglio. Nel disco racconto la gioia e la fatica di portare avanti le relazioni, che spesso non è cantata, che rappresenta la normalità e la medietà dove invece ci può essere una bellezza. E anche questo può essere politico, sociale». Come lo è un brano come Canzone contro la paura, scritta nel 2017 e sempre più attuale: «Oggi il mondo è cambiato in peggio, è un momento difficile, in cui chi scrive si chiede se quello che fa può rimanere solo nell’ambito creativo o deve essere netto e dritto, su questo mi interrogo e sono contento di averlo già fatto».

Sarà anche per questo che con il “popolo brunoriano” «c’è un rapporto affettivo, siamo davvero partiti dalla gavetta e mi piace che in questo momento storico - conclude il cantautore 47enne - uno possa dire che questa cosa ha un sapore, una densità diversa dall’arrivarci in un secondo».

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