martedì 4 ottobre 2022
Dopo un anno deludente i bergamaschi sono ritornati a stupire puntando sugli stessi fattori vincenti del passato: società, mister e vivaio
I giocatori dell'Atalanta esultano dopo il gol contro la Fiorentina

I giocatori dell'Atalanta esultano dopo il gol contro la Fiorentina - Reuters

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Baciati dalla Dea. Dopo 8 giornate è presto per inerpicarsi in facili trionfalismi, ma questa Atalanta capolista con 20 punti, assieme al Napoli di Luciano Spalletti, è la vera sorpresa dell’avvio di campionato. Il suo profeta è sempre lui: Gian Piero Gasperini, alias “Gasperson”, il Ferguson di Bergamo, sulla panchina nerazzurra da 299 partite. Eguagliate le presenze della “grande anima” Emiliano Mondonico. L’Atalanta cambia look, anzi Lookman a questo punto – l’attaccante anglonigeriano preso dal Leicester – , ma il risultato non cambia, anzi migliora rispetto al recente passato. Attacco fertilissimo con 12 gol realizzati, 7 marcatori diversi, compreso Lookman (suo il gol vittoria con la Fiorentina) e con il tandem dei bomber Zapata-Muriel ancora ferma al palo. Difesa ermetica con appena 3 reti subite dall’ottima coppia di estremi difensori, Musso-Sportiello. L’epilogo dello scorso campionato con i bergamaschi fuori dalle Coppe europee, dopo cinque anni di fila di onorata presenza, facevano presagire un ridimensionamento del club orobico. La società nel frattempo è stata anche ceduta, per il 55% a un gruppo americano che fa capo a Stephen Pagliuca. Ma il 45% è rimasto nelle mani capaci della famiglia Percassi, con patron Antonio che, oltre alla sua esperienza ultradecennale di massimo dirigente atalantino vanta anche trascorsi da terzino nella Dea anni ’70.

Suo figlio, Luca Percassi è l’amministratore delegato, perciò il vecchio corso continua e fa ancora scuola. In cattedra sale ancora mister Gasperini che veniva dato per sicuro partente con mezza Serie A, anzi mezza Europa pronta ad accogliere questo guru del 3-4-1-2. Ma come poteva l’Atalanta privarsi di quest’uomo che è una panchina d’oro ambulante, al di là dell’ultima conquistata nel 2020, l’anno in cui ha portato la squadra al massimo traguardo storico: ottavi di Champions persi contro lo “sceiccoso” Paris Saint-Germain (poi sconfitto in finale dal Bayern Monaco). «Sì, ma questa Atalanta non ha vinto niente» dicono i detrattori di “Gasperson”. Vero, ha perso la finale di Coppa Italia 2020-2021 contro la Juventus, ma in quella stagione la Dea andò in paradiso battendo il Liverpool di Jurgen Klopp nella tana di Anfield Road. Poi si è arresa ancora una volta agli ottavi, ma con il galattico Real Madrid, per poi chiudere in campionato al 3° posto, 90 gol realizzati (miglior attacco per il terzo anno di fila), dietro a quel Milan che stava già progettando sogni tricolori. Unica stagione opaca dunque quella passata, in cui dopo un girone d’andata standard, 4° posto e squadra in piena zona Champions, c’è stato un ritorno martoriato con appena 21 punti conquistati e un finale da Euroexit. Per qualche calciopensatore illuminato si trattava dell’inizio della fine del “ciclo Gasperini” e invece qui subentra l’humus bergamasco stile “cazzuola e cassoeula”.

Gente che si rimbocca le maniche, ricomincia da capo e parte sparata con 6 vittorie in 8 partite, di cui 4 in trasferta su campi per niente scontati: Samp, Verona, Monza e a Roma contro i giallorossi di Mourinho. La prossima gara esterna domenica sarà a Udine nello scontro diretto con l’altra grande sorpresa di questo avvio di torneo, i bianconeri di Sottil. Udinese e Atalanta unite dalla grande capacità di fare scouting a tappeto, grazie a una rete di osservatori dall’occhio di falco riconosciuti come i tra i più qualificati d’Europa. Per un Pessina (“capocannoniere” di Euro2020 con 2 gol) che se ne va (è tornato nella sua Monza) c’è sempre pronto un altro pezzo pregiato che esce dall’inesauribile “cantera nerazzurra”. La lezione indelebile dell’antico maestro delle giovanili che fu Mino Favini (l’uomo che prima delle pagelle dei giornali controllava quelle scolastiche dei suoi ragazzi) viene continuamente aggiornata, portando puntualmente alla ribalta dei millennial d’assalto. Vedi il difensore Giorgio Scalvini, classe 2003, che lo scorso anno all’esordio ipnotizzò il fuoriclasse laziale Milinkovic-Savic e domenica è stato tra i protagonisti della vittoria da 1° posto con la Fiorentina in cui ha disputato una gara da veterano, al fianco dell’inedita coppia centrale, tutta azzurra: Toloi perno della Nazionale di Roberto Mancini e Caleb Okoli, classe 2001, cresciuto nel Vicenza e poi affinato a Zingonia per rispondere anche alla chiamata dell’Under 21.

La scuola difensiva del sempre ricco vivaio atalantino annovera anche Matteo Ruggeri, 2002 rientrato dalla Salernitana. Ma l’elenco dei diplomati all’Accademia del Centro Bortolotti è infinito, così come la lista dei talenti nerazzurri in prova in club di B e C. Scegliamo per tutti Alassane Sidibe, coscritto di Ruggeri, attaccante ivoriano sbarcato a Lampedusa, a 13 anni con il fratello Hamed, dopo il classico viaggio della speranza. Adottato da una famiglia in provincia dell’Aquila a 15 anni Sidibe è arrivato a Zingonia, e ora dopo il prestito al Cosenza spera di rientrare quanto prima nella prima squadra di Gasperini. Gli esempi di ex Primavera che hanno fatto il grande salto non mancano, dagli azzurri Bastoni e Cristante, passando per le promesse più o meno mantenute altrove: Gagliardini, Conti, Caldara, Piccoli, Petagna, Diallo, Barrow e Kulusevski... E fermiamoci, qui, mentre l’Atalanta assicurano che non ha nessuna intenzione di fermarsi.

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