mercoledì 30 marzo 2022
Parla la violinista ucraina: «Il mio cuore, anche di mamma, piange per il mio Paese. Ma dove c’è musica, c’è dialogo. Suonare e ascoltare ci insegna tanto»
La violinista ucraina Anastasiya Petrishak con il suo Stradivari del 1715

La violinista ucraina Anastasiya Petrishak con il suo Stradivari del 1715

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«Il mio cuore piange per l’Ucraina ». Il cuore è quello della star del violino Anastasiya Petryshak che così ha titolato il video da lei pubblicato su Youtube a supporto dell’emergenza in Ucraina dove la violinista intona Momento di disperazione. Op. 40, n.1 di M Lysenko. La bella e bionda violinista ucraina naturalizzata italiana, vive in Svizzera con il marito ed è nata a Ivano-Frankivs’k nel 1994. Nel 2005 si è trasferita in Italia per proseguire gli studi di violino diventando la più giovane allieva del maestro Salvatore Accardo con il quale ha studiato nella prestigiosa Accademia Stauffer di Cremona. Da lì non si è più fermata, suonando e registrando in tutti i più grandi teatri internazionali i migliori violini d’epoca, tra cui il celebre “Cannone” appartenuto a Paganini. Ed ha pure suonato accanto ad Andrea Bocelli per il progetto “Il grande Mistero” voluto dal Pontificium Consilium Pro Familia per le cattedrali più significative d’Europa. La Petryshak, che in passato è stata ospite anche del Lerici Music Festival, terrà un concerto al Teatro Sociale di Como il 10 aprile.

Anastasiya, quanto la guerra l’ha colta di sorpresa?

Mi occupo di musica ed il mio mondo è l’arte, il mio pensiero è rivolto costantemente al violino e alla creazione del bello. Perciò la notizia della guerra che è sinonimo di distruzione mi ha sconvolta molto. Non si può parlare del tutto di una sorpresa, il conflitto tra i due paesi dura ormai da otto anni ma mai pensavo fosse possibile arrivare a tanto nei giorni d’oggi.

Come sta vivendo personalmente questa situazione? È preoccupata per la sua famiglia?

Certo, sono molto preoccupata. Fortunatamente i miei abitano nell’ovest del Paese dove c’è ancora un po’ di tranquillità ma la vita non è più la stessa. Hanno preso la decisione di rimanere in Ucraina nonostante tutto. Ogni mattina abbiamo una telefonata con la nonna per accertarci che stiano tutti bene e ogni mattina spero che ci sia la notizia che la guerra è finita. Il pensiero va anche agli amici e tutti coloro che sono nelle zone rosse, mi piange il cuore per le numerose famiglie distrutte.

Quando è stata l’ultima volta in Ucraina?

L’ultima volta sono stata a Kiev ad agosto. Ho suonato al concerto dei 30 anni d’Indipendenza dell’Ucraina al Palazzo Mariyinsky con l’Orchestra Nazionale Sinfonica dell’Ucraina alla presenza del Presidente Zelensky. Si respirava aria di libertà, speranza per il futuro e orgoglio per la nazione. Quanta differenza in sei mesi! Mi dispiace per il popolo ucraino che soffre così tanto e per tutti i rifugiati che devono lasciare il Paese e la loro vita in cerca di un posto più sicuro.

Come sta vivendo questo momento da neo mamma?

Di recente ho letto una frase simpatica ma che ha un fondo di verità, «se gli uomini sapessero quanta fatica richiede creare una vita non farebbero guerre». Facciamo sacrifici mettendo al mondo degli esseri umani sicuramente non per distruggerli in un momento successivo. Come tutte le mamme vorrei solo il meglio per il mio bambino. Il mio desiderio è quello di lasciargli un mondo migliore di quello che sto conoscendo ora. Vorrei insegnarli i sani valori, il dialogo, la solidarietà e il rispetto. Abbiamo la responsabilità di educare i nostri figli verso la pace e l’amore in modo che possano sviluppare un pensiero sano che spinge a costruire invece che distruggere.

Quanto questa situazione si ripercorre sulla sua carriera?

Molti concerti sono stati cancellati, avrei dovuto suonare a Kiev e a Lviv i primi di giugno. Attualmente, oltre ai concerti già in programma, mi sto dedicando ai concerti di beneficenza per aiutare la popolazione ucraina in questo momento di grande difficoltà. Ho già in calendario alcune date come Strasburgo il 27 aprile e Malaga il 1 giugno. In programma ci saranno anche compositori ucraini per dare un messaggio di vicinanza a tutti quelli che soffrono questa guerra e far riflette tutti coloro che parteciperanno all’evento. Sostengo la TulSun Foundation per aiutare i bambini orfani che ora hanno ancora più bisogno di aiuto.

Quale è il suo rapporto con l’Italia e gli italiani in questo difficile momento?

Sono nata in Ucraina ma I’Italia è la mia seconda casa, un Paese che mi ha cresciuta. Ho il sangue ucraino e un’educazione italiana. In questo difficile momento mi scrivono in tanti per chiedere come sto e come sta la mia famiglia. Sento molta vicinanza ed empatia da parte dei miei amici. C’è anche molta domanda da parte dei giornalisti di dare voce a tutte le mie storie e pensieri. Mi sento chiamata in causa e non posso stare in silenzio. Spero che questi miei pensieri possano far riflettere le persone e aiutare a stabilire la pace in Ucraina.

Quanto è importante la musica per il dialogo e la pace?

La musica è pace. Dove c’è musica c’è dialogo. Suonare e ascoltare ci insegna tanto. In musica possiamo “parlare” e “ascoltare” contemporaneamente senza disturbarci, anzi aggiungendo valore e creando armonia. Il classico esempio della polifonia e il contrappunto, ci possono essere tantissime voci che suonano allo stesso momento e tutto funziona alla perfezione. Avere musica nella nostra vita sicuramente fa prevenire le guerre, fa crescere dentro noi i valori sani. È un linguaggio universale che arriva al cuore di tutti, non ha bandiere e frontiere. Unisce i popoli e quindi crea pace. I miei prossimi concerti sicuramente avranno un messaggio di pace, la musica crea bellezza e armonia a differenza della guerra.

Come è il rapporto con i suoi colleghi russi ora?

I rapporti non sono cambiati. I musicisti fanno parte di una famiglia. Una famiglia che deve rimanere unita per difendere l’arte, la tanto ricercata perfezione, il futuro e i principi sani basati sull’armonia. Non c’è spazio per la politica, il ruolo dell’arte e la cultura è quello di farci riflettere e collegarci con qualcosa di più grande di noi.

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