giovedì 24 aprile 2025
L’insegnamento del Papa ha seguito il magistero, ma con uno stile personalissimo, sempre ispirato alla tutela dei diritti e alla comune condizione umana. E questo ha aperto spiragli di dialogo
Il Papa mentre benedice un neonato in San Pietro

Il Papa mentre benedice un neonato in San Pietro - .

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La domenica di Pasqua, papa Francesco si è affacciato per l’ultima volta su Piazza San Pietro, piena di fedeli commossi e rivestita di sole, e ha affidato alla lettura di monsignor Diego Ravelli, maestro delle Cerimonie pontificie un testo da lui stesso preparato. “Cristo è risorto! – ha ripetuto a Roma e al Mondo –. In questo annuncio è racchiuso tutto il senso della nostra esistenza che non è fatta per la morte, ma per la vita. La Pasqua è la festa della vita! Dio ci ha creati per la vita e vuole che l’umanità risorga!

Ai suoi occhi ogni vita è preziosa! Quella del bambino nel grembo di sua madre, come quella dell’anziano o del malato, considerati in un numero crescente di Paesi come persone da scartare». Possiamo accogliere questo estremo saluto del Santo Padre come un testamento spirituale sull’amore, il rispetto e la cura per la vita umana, soprattutto quando essa si presenta più fragile e vulnerabile. Si chiude così idealmente il cerchio del suo Magistero sulla vita, riannodandosi alla prima esortazione del suo pontificato, la Evangelii gaudium del 23 novembre 2013, quando ha messo al centro dell’opera della Chiesa il dovere di «prendersi cura dei più fragili della Terra» ( Eg 209) e a riconoscere il Cristo sofferente nelle tante forme della povertà dai migranti ai profughi, dai lavoratori sottopagati ai bambini usati per l’accattonaggio, dagli anziani soli alle donne senza diritti, ai «bambini nascituri che sono i più indifesi e innocenti di tutti» ( Eg 213).

Sul tema dell’aborto papa Francesco è intervenuto in occasioni diverse e spesso con parole di fuoco. «La difesa della vita nascente è legata alla difesa di qualsiasi diritto umano – si legge ancora in Evangelii gaudium –. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo » ( Eg 213). Pur manifestando comprensione per le donne che abortiscono sotto la spinta di situazioni drammatiche, non ha esitato a definire l’aborto «un omicidio, un atto criminale» e i medici che lo eseguono dei «sicari». A partire da questa viva sensibilità per la vita nascente, si comprende la posizione ferma del Santo Padre sulla maternità surrogata, come ebbe occasione di ribadire nel gennaio del 2024 rivolgendosi ai diplomatici stranieri accreditati presso la Santa Sede. È una pratica che sfrutta le donne, trattandole come strumenti e non come persone dotate di dignità, che snatura la maternità e la paternità naturale e trasforma i bambini in merce di scambio, minando così i valori fondamentali della famiglia.

Per questo egli auspicò un divieto universale della maternità surrogata e ribadì il legame tra la pace e «il rispetto della vita, di ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre». Grande attenzione ha sempre avuto papa Francesco anche per l’altro capo della vita, per la vita malata e per la vita che si spegne. In un messaggio al presidente della Pontificia Accademia per la Vita del 16 novembre 2017, in occasione di un Incontro europeo sul fine vita, ha sintetizzato la dottrina cattolica sulle cure del fine vita e ha ricordato con passione il ruolo della medicina palliativa. In un messaggio a un simposio medico a Toronto, nel maggio del 2024, egli ha ribadito che l’atteggiamento di vera compassione da parte dagli operatori sanitari consiste nel promuovere la dignità del fine vita fornendo ai morenti le cure più appropriate e aiutando «i malati e i morenti a comprendere che non solo isolati, né soli, che la loro vita non è un peso, ma che essi rimangono comunque intrinsecamente preziosi agli occhi di Dio e uniti a noi per il vincolo della comunione». In molti Paesi l’eutanasia è presentata come una forma di compassione, ma l’eutanasia è l’esatto contrario, è «il fallimento dell’amore».

Aborto ed eutanasia sono due espressioni di quella che papa Francesco usava definire la «cultura dello scarto», una mentalità pervasiva che si manifesta con la tendenza a emarginare, ignorare o, addirittura, eliminare coloro che sono considerati inutili, come il bimbo non nato che ancora non produce o come l’anziano che non produce più. La mentalità consumistica che domina il mondo contemporaneo conduce non solo a una indifferenza e disprezzo per i più deboli fra gli esseri umani, ma anche a una drammatica indifferenza verso la casa comune e alla consunzione irresponsabile delle risorse naturali. Un aspetto originale della bioetica di papa Francesco è, senza dubbio, infatti, quello della ecologia integrale. Questa prospettiva è stata messa a tema in modo particolare nell’enciclica Laudato si’ e chiede un allargamento di visuale che tenga conto non solo della vita umana e della sua singolarità ma anche di tutta la realtà della vita sul nostro pianeta, nella persuasione che “tutto è connesso”. Il rispetto per la dignità dell’essere umano fa tutt’uno con il rispetto dell’ambiente. «L’ecologia umana – si legge nell’enciclica – implica anche qualcosa di molto profondo: la necessaria relazione della vita dell’essere umano con la legge morale inscritta nella propria natura, relazione indispensabile per poter creare un ambiente più dignitoso» (Ls 155).

Papa Francesco più volte ci ha chiamati a vivere un cambiamento radicale e ci ha mostrato la strada per ricostruire una società sulla solidarietà e sul rispetto per ogni forma di vita perché tutti siamo usciti dalla mano di Dio. Se, infatti, la denuncia degli stili di vita più inquietanti del nostro tempo è stata ferma e coraggiosa, ancora più forte e audace è stato il suo messaggio di speranza, una speranza che viene dall’alto e che non delude, come si legge nella Bolla di indizione del Giubileo. Fondandosi su questa speranza teologale papa Francesco ha lanciato all’umanità un messaggio di speranza: l’umanità sarà capace, con l’aiuto di Dio, di rinnovarsi e di creare un futuro migliore. Con l'impegno personale e collettivo possiamo contrastare la cultura dello scarto e abbracciare la vulnerabilità come fonte di forza e di unità. La vulnerabilità è, infatti, parte integrante della nostra condizione umana e un punto di incontro tra gli individui. Non solo egli tante volte nei suoi discorsi ha sottolineato l'importanza di accogliere e sostenere le persone vulnerabili, i poveri, i ma-lati, gli anziani e i migranti invitandoci a vedere il volto di Cristo in chi soffre e a rispondere con sincero amore e generosità, ma ci ha anche esortato a riconoscere la fragilità di cui siamo tutti impastati, trasformando questa consapevolezza in un'opportunità per costruire legami più forti e autentici.

La bioetica di papa Francesco si muove lungo le direttrici della bioetica cattolica così come è stata tracciata dal Magistero contemporaneo, ma lo ha fatto con uno stile personalissimo. La sua bioetica fiorisce dall’ascolto della vita, da sentimenti di misericordia, da apertura al dialogo. La prospettiva della difesa della dignità dell’uomo, la tutela dei diritti, l’enfasi sulla comune condizione umana hanno aperto nuovi spiragli di dialogo con il mondo laico sulla base della centralità della persona. Rivolgendosi al Comitato nazionale per la Bioetica italiano, nel gennaio del 2016, papa Francesco ha espresso con parole luminose quello che per lui è il compito della bioetica: «Servire l’uomo, tutto l’uomo, tutti gli uomini e le donne, con particolare attenzione e cura (...) per i soggetti più deboli e svantaggiati, che stentano a far sentire la loro voce, oppure non possono ancora o non possono più farla sentire. Su questo terreno la comunità ecclesiale e quella civile si incontrano e sono chiamate a collaborare secondo le rispettive, distinte competenze».

*Ofm, ordinario di Bioetica Pontificia Accademia Alfonsiana

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