giovedì 30 gennaio 2020
Parroco di Secchiano Don Giuseppe Celli fu arrestato con l’accusa di avere nascosto nella sua canonica alcuni soldati alleati
Il ritratto a matita di don Giuseppe

Il ritratto a matita di don Giuseppe - .

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Il Giorno della Memoria, appena trascorso, è stata un’occasione anche per ricordare le vittime del 'programma di eutanasia', ovvero la prima politica di sterminio di massa del Terzo Reich. Già dal 1939 i nazisti avevano infatti avviato la famigerata operazione «Aktion T4» che, sotto responsabilità medica, prevedeva l’eliminazione delle persone disabili. Un sistema spacciato per 'uccisioni pietose' che causò la morte di circa 200mila individui finché, nel 1941, Hitler decise ufficialmente di fermarsi incalzato dalle proteste della popolazione e del vescovo di Münster, Clemens von Galen.

In realtà il programma proseguì segretamente fino alla fine della guerra con una nuova denominazione: «Aktion 14f13» conosciuta come Sonderbehandlung (trattamento speciale) e detta anche 'eutanasia selvaggia', sempre con il coinvolgimento di commissioni mediche. Non si conosce il numero esatto di questo sterminio; ciò che si sa è che vennero uccisi anche individui perfettamente sani ma ostili al regime.

Tra questi don Giuseppe Celli, forse l’unico sacerdote italiano assassinato nell’ambito dell’operazione «Aktion 14f13». Don Celli era il parroco di Secchiano, piccola frazione di Cagli, nell’attuale provincia di Pesaro e Urbino. Il 21 gennaio 1944 fu arrestato con l’accusa di avere nascosto nella sua canonica alcuni soldati alleati. Il sacerdote inoltre si era anche adoperato per creare una rete di assistenza e aiuto a alcuni ebrei che riuscirono così a salvarsi dalla Shoah.

A incastrarlo furono i fascisti di Salò, che lo denunciarono all’autorità tedesca. I capi di imputazione contro di lui non erano tuttavia sufficienti per una condanna ma un infiltrato dell’intelligence tedesca, di cui don Celli si fidava ciecamente, lo convinse a confessare. Il parroco fu dapprima condotto a Pesaro e poi trasferito nel carcere bolognese di San Giovanni in Monte, dove il vescovo di Cagli, monsignor Raffaele Campelli, tentò invano di trattare il suo rilascio con la Gestapo. Nel maggio del 1944 venne trasferito a Fossoli dove gli fu assegnato il numero di matricola 1022 e dove un altro detenuto pensò di ritrarre il suo volto a matita su un foglio, consegnando così alla storia l’ultima immagine di don Giuseppe Celli.

Il 7 agosto 1944 venne trasferito nel lager di Mauthausen con la matricola 82326 e classificato come Geistlicher, cioè prete. Qui i soldati delle SS, saputo che era un sacerdote, infierirono su di lui umiliandolo in ogni modo. Don Giuseppe Celli venne ucciso a 65 anni, il 15 dicembre 1944, nel castello di Hartheim in Austria, il più tristemente noto tra i sei campi di sterminio dove si praticava l’eutanasia.

Il suo ultimo viaggio avvenne a bordo del cosiddetto 'autobus blu', che trasportava i detenuti da Mauthausen ad Hartheim. Il corpo venne poi cremato e le ceneri, polverizzate nel 'mulino delle ossa', furono disperse nel Danubio. Per lui il Comune di Cagli ha posato il 27 gennaio una 'pietra d’inciampo', per non dimenticare il martirio e l’esempio di una fede donata per la salvezza degli altri.

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