venerdì 2 maggio 2025
Si è spenta a 47 anni una protagonista dell’impegno per far conoscere i malati di Sla, come lei da 20 anni, e le speranze nella ricerca. Animatrice instancabile, non si è mai piegata alla malattia
Silvia, una «vita bellissima» oltre la Sla
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C’è chi attraversa la vita in punta di piedi, lasciando però orme indelebili. Silvia Codispoti era così. Non faceva rumore, ma la sua voce – fatta di sguardi, sorrisi e parole – arrivava sempre dritta al cuore. Parole lente ma intense, composte con gli occhi, una lettera dopo l’altra sulla tastiera. Valeva sempre l’attesa, perché ogni suo pensiero aveva il potere di ricordarti che la vita è un dono e che vale sempre la pena di essere vissuta. Ogni suo messaggio era una carezza, ma anche una verità detta con coraggio: mai superflua, mai banale. Perché Silvia credeva che la verità andasse sempre detta, anche quando fa male. Solo così, diceva, si può restare fedeli a sé stessi e all’amore.

Lei la verità l’aveva guardata in faccia quando, a soli 23 anni, la Sla è entrata nella sua vita. Una diagnosi che, per molti, è una sentenza. Per lei no. Per Silvia è stato l’inizio di una traiettoria nuova: più silenziosa, certo, ma intensissima. «L’importante è che la Sla non possieda mai i miei pensieri», diceva. E così ha fatto fino al suo ultimo respiro.

Originaria di Villafalletto, in provincia di Cuneo, Silvia si è spenta il 1° maggio a 47 anni, dopo venti di convivenza con la Sclerosi laterale amiotrofica. Una vita attraversata dal dolore, certo, ma anche dalla gioia, profondità e, soprattutto, da relazioni umane che diventavano subito speciali. Perché, con lei, la malattia non era più al centro: c'era solo Silvia. Il suo motto, pronunciato nel video di Natale 2022 dell’Aisla, era semplice e potente, proprio come lei: «La vita è bellissima».

Silvia era una donna dalle mille risorse, capace di coniugare precisione e creatività. Per sedici anni ha lavorato nell’area contabile di un’azienda di Cuneo, dove ha messo in campo tutto il suo rigore e la sua affidabilità. Poi, spinta dalla sua indole curiosa e creativa, si è trasferita in una società di Milano, dove ha trovato una nuova dimensione come creator e social media manager. È a lei che si devono molte delle comunicazioni visive e digitali di Aisla: la creazione del sito web, delle pagine social, la regia preziosa di tutte le dirette dell’Associazione a favore dei Centri Clinici NeMo durante la pandemia. Momenti fondamentali, in cui Silvia – pur da casa, pur “inchiodata” da una malattia degenerativa – ha saputo tenere unita una comunità intera. Con uno sguardo, un click, una scelta di parole.

Dal 2013, Silvia era anche consigliera della Fondazione Vialli e Mauro all’interno del Consiglio di amministrazione di AriSla, la Fondazione italiana dedicata alla ricerca scientifica sulla Sla. Un ruolo che ha ricoperto con grande passione e determinazione. «Silvia è sempre stata al nostro fianco – si legge sulla pagina Facebook della Fondazione Vialli e Mauro – con dedizione e forza d’animo, condividendo ogni passo del cammino verso la cura. La sua competenza, la sua umanità e il suo impegno lasciano un segno indelebile nel nostro percorso». Anche AriSla ha voluto ricordarla con parole colme di gratitudine: «Le siamo profondamente riconoscenti per il suo instancabile impegno e per la costante fiducia nella ricerca – ha scritto la Fondazione –. La sua presenza è stata, e continuerà ad essere, un faro per la nostra missione: promuovere una ricerca che abbia come fine ultimo la cura».

Il contributo umano e professionale di Silvia è stato immenso. Ma l’eredità che ci lascia va oltre: ci insegna che il coraggio non è l’assenza di paura, ma una scelta quotidiana. Che si può continuare a donare anche da un letto, senza voce, solo con gli occhi e con l’anima. Che l’amore, se autentico, trova sempre una strada — anche attraverso le maglie più strette della malattia. «Non parlava più, ma diceva tutto», hanno scritto di lei i suoi amici di Aisla. Ed è vero. Perché la sua comunicazione era tutta nel modo in cui ti guardava, ti scriveva, ti voleva bene. Silvia lo ripeteva spesso: «La mia malattia mi ha tolto tanto, ma non riuscirà mai a intaccare l’amore per la vita».

Silvia era una delle anime più attive di AiSla, una volontaria instancabile per la sezione di Cuneo, presenza preziosa nella redazione nazionale: intelligente, sensibile e sempre misurata. Ma soprattutto, Silvia era un’amica. Di quelle che ti dicono la verità, ma sempre con rispetto. Che non si impongono, ma si fanno spazio nel cuore con delicatezza, e che poi non se ne vanno più.

A sostenerla, giorno dopo giorno, c’era la sua famiglia: la mamma Gianna, il papà Pino, la sorella Francesca (con Steve), i nipoti Luca e Alessandro. Le sue colonne d’amore, salde e instancabili, che non hanno mai ceduto, nemmeno quando la Sla provava a farsi spazio. A loro va l’abbraccio commosso di Fulvia Massimelli, presidente nazionale di AiSla: «Perché la cura passa dall’amore, e voi lo siete stati. Un amore fedele, saldo, quotidiano. Siete stati la sua forza e la sua libertà».

Proprio quell’amore incrollabile di papà Pino è stato raccontato anche attraverso una testimonianza pubblicata (nel libro Le regole dei motoneuroni. Storie di vita da raccontare, Mondadori Electa, 2017, di Alberto Fontana). In quelle parole, affidate a un padre chiamato “Giacomo”, c’è tutta la forza discreta del cuore di chi ama: «La malattia di mia figlia mi ha tolto il sorriso, mi ha tolto il sonno, ma poi mi ha donato anche una gioia. Dalla diagnosi ho ripreso ad abbracciarla ogni giorno per spostarla dalla carrozzina al letto, ho riscoperto la bellezza di sentirla vicina. Tutti i santi giorni che lei sarà con me, io l’abbraccerò e le dirò sottovoce che la proteggerò dal drago e dal suo fuoco. Per lei mi rialzerò sempre, e insieme attraverseremo questa vita». Parole che oggi suonano come una promessa mantenuta. Giorno dopo giorno, abbraccio dopo abbraccio.

Oggi è un’intera comunità che scrive per Silvia. In queste ore, la pagina Facebook di AiSla è colma di messaggi, condivisioni, ricordi. E anche il gruppo WhatsApp dei volontari si sta riempiendo di foto, parole, abbracci virtuali. È una rete affettiva che la Sla non ha mai saputo spezzare. In tanti raccontano il suo sorriso, la sua forza, la sua ironia. Un’onda d’amore che attraversa lo schermo e arriva a stringere forte i suoi cari, con tutta la delicatezza e la gratitudine che Silvia ha seminato in ognuno.

La foto che accompagna il saluto pubblico è uno scatto rubato dalla sorella Francesca qualche anno fa. Silvia non guarda l’obiettivo, ma sorride. È un sorriso pieno, lieve, sfuggente e insieme radicato. Un sorriso che sembra dire: “Io ci sono, nonostante tutto. E la vita, sì, è ancora bellissima”.

Il Rosario è in programma nella Chiesa parrocchiale di Villafalletto venerdì 2 maggio alle ore 20, i funerali sabato 3 maggio alle 15, sempre nella chiesa parrocchiale.

Chi ha avuto il dono di incontrarla sa che, da domani, c’è solo un modo per onorarla: provare ad assomigliarle. Anche solo un po’.
Perché Silvia non si dimentica.
Silvia si porta dentro. Per sempre.

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