I primi giorni di maggio di quest'anno 2024 venivo contattata, in qualità di presidente di FederVita Emilia-Romagna, da un avvocato dell'hinterland milanese per il caso di una giovane emiliana a cui era stata tolta e data in affido, alcuni mesi prima, una bambina. L'avvocato mi confermava l'esistenza di un padre, di origine pakistana, benché i due non vivessero insieme. La richiesta era di individuare una comunità “mamma-bambino” in grado di accogliere la giovane, in un possibile ricongiungimento con la sua creatura. Da parte mia, nel giro di qualche ora ero riuscita a individuare ben due opportunità.
Ma c'era un altro problema: la ragazza era nuovamente incinta, e l'assistente sociale che la seguiva premeva perché abortisse. Le aveva preso un primo appuntamento, a cui la ragazza non era andata, in seguito al quale aveva cercato aiuto presso l'avvocato. Un nuovo appuntamento le era stato dato per assumere la pillola abortiva Ru486, con una certa urgenza, per un paio di giorni dopo. La ragazza non era assolutamente intenzionata ad abortire e cercava una ginecologa che potesse seguirla consentendole distaccarsi dal consultorio presso il quale si sentiva indotta all'aborto. Anche in questo caso in poche ore veniva individuata una professionista in grado di seguire la gravidanza della ragazza. Pareva tutto procedere per il meglio (la gravidanza e il possibile ricongiungimento mamma-bambina in una Casa di Accoglienza della Federazione per La Vita dell'Emilia-Romagna) quando ai primi di giugno l'incontro tra servizi sociali, avvocati e tribunale minorile portò a una situazione preoccupante, modificando la disposizione – da affido a possibile adozione – senza che si fossero verificate problematiche diverse. Ora la ragazza è vicina al parto della seconda bambina, ma la preoccupazione è grande: la paura che l'adozione diventi esecutiva e che anche la seconda bambina sia tolta alla famiglia naturale. A nulla è valso il grande lavoro di rete e di accoglienza creato attorno a questa giovane mamma da parte della città dove si trova, della Federazione regionale intera, di professionisti che gratuitamente danno appoggio e prestazioni specialistiche.
C'è una giovane famiglia che ha bisogno di aiuto e invece si trova nella prospettiva di vedersi privata dei propri figli senza che ci siano problemi di lavoro (il padre ha un contratto a tempo indeterminato), di stupefacenti, di violenza, di criminalità. Due giovani per i quali l'italiano specialistico degli assistenti sociali e del tribunale è ostico, ma ancora di più gli risulta incomprensibile come oggi in Italia, nonostante tutte le disponibilità delle associazioni e delle persone, non si riesca ad aiutare questa famigliola, italiana a tutti gli effetti.
* Presidente FederVita Emilia Romagna