martedì 7 novembre 2023
In una concitata udienza i genitori della piccola affetta da una malattia rara hanno sventato il tentativo di staccare subito la spina malgrado ora sia cittadina italiana. Ultima decisione a ore
Il Queen's Medical Centre di Nottingham, dov'è ricoverata Indi

Il Queen's Medical Centre di Nottingham, dov'è ricoverata Indi

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È attesa mercoledì 8 novembre entro le 14 inglesi (le 15 in Italia) l’ultima sentenza sul caso di Indi Gregory, la bambina di otto mesi affetta da una rara malattia mitocondriale, condannata dall’Alta Corte di Londra alla sospensione dei trattamenti vitali. L’esecuzione dell’ordine di spegnimento del ventilatore che aiuta la piccola a respirare pare non essere più in discussione. Il giudice Robert Peel dovrebbe decidere solo se Indi morirà al Queen’s Medical Center di Nottingham, nel lettino dove è ricoverata sin dalla nascita, oppure tra le mura della casa che non ha mai visto.
È l’atto finale di una tragedia che nel Regno Unito non fa nemmeno rumore. Forse perché già vista e già sentita. Indi, nata il 24 febbraio, è solo l’ultima di una lunga serie di bambini gravemente disabili o ammalati a cui i tribunali inglesi, incalzati dalle direzioni sanitarie degli ospedali pubblici, hanno deciso di staccare la spina. Charlie Gard, Alfie Evans, Archie Battersbee e Isaiah Haastrup sono solo alcuni dei casi più famosi degli ultimi anni. Ognuno a suo modo diverso ma tutti in odore di eutanasia, anche perché a nessuno di loro si è voluta concedere una seconda diagnosi da parte di altri medici che potessero confermare o smentire la tesi dell’accanimento terapeutico sempre ritenuta indiscutibile dai curanti e dai giudici cui si sono rivolti per piegare la volontà di madri e padri.
I genitori di Indi, Dean Gregory, 37 anni, e Claire Staniforth, 35, hanno fatto di tutto per contestare il verdetto del giudice. Supportati dagli avvocati del Christian Legal Center, hanno inanellato un ricorso dopo l’altro. Sono tutti falliti. Compreso quello presentato alla Corte Europea per i diritti umani di Strasburgo. L’ultima speranza era ottenere l’autorizzazione al trasferimento della piccola all’ospedale Bambino Gesù di Roma che si era offerto di prenderla in carico. La concessione della cittadinanza italiana, varata a favore di Indi lunedì nel corso di una seduta lampo del Consiglio dei ministri di Giorgia Meloni, avrebbe dovuto spostare il caso sul piano diplomatico e facilitare il via libera al viaggio in eliambulanza verso Roma. Ma niente, di tutto questo, si è per il momento concretizzato.
La sindrome da deperimento mitocondriale di cui la piccola soffre dalla nascita, certo, è molto grave. Le provoca il mancato sviluppo dei muscoli e le toglie energia. Per i medici di Nottingham non c’è alcuna possibilità di recupero. “Sta morendo”, dicono. Staccarle la spina è “nel suo migliore interesse”. I genitori sono da sempre consapevoli della durezza della diagnosi ma hanno rivendicato, per lo meno, il diritto alle cure vitali. All’aria, al cibo, all’acqua. Dopotutto, Indi, a confermarlo sono i video utilizzati per convincere i togati durante il processo, è una bambina che piange, sorride e sgambetta.
L’associazione Christian Concern, che supporta i Gregory dagli inizi del contenzioso (il legale per il versante italiano del caso è Simone Pillon), ha raccontato che lunedì sera, quando è stato respinto anche l’ultimo appello, quello tentato appena Indi è diventata cittadina italiana per decisione del governo, all’Ospedale di Nottingham erano già pronti a sospenderle la ventilazione assistita. La famiglia ha allora chiesto di portala a casa, a lkeston, nel Derbyshire, perché potesse trascorre le ultime ore di vita al caldo dell’intimità familiare. Possibilità contemplata dal piano di supporto palliativo approvato dal giudice. Ma gli è stato risposto di “no”. Ne è nato un battibecco che ha reso necessario un ulteriore intervento del tribunale.
È questa la decisione attesa nella giornata dell’8 novembre. L’esito non è affatto scontato. Anche Connie Yates e Chris Gard, nel 2017, chiesero di far morire a casa il figlioletto Charlie. Ma dovettero infine rinunciare anche a quest’ultimo desiderio. Il bimbo spirò in un hospice. Solo un colpo di scena potrebbe, all’ultimo momento, strappare Indi all’esecuzione di un protocollo di morte che oltremanica pare ormai collaudato. E se Palazzo Chigi raggiungesse un accordo con Downing Street? Le preghiere, talvolta, vengono esaudite.

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