giovedì 18 maggio 2023
Sabato e domenica a Milano «Wish for a baby». La strategia di marketing delle cliniche straniere. Il ginecologo: false promesse. La deputata Zanella: si chiuda
I figli in provetta, il business va in fiera
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Una conferenza ogni mezz’ora: implacabile, il calendario di «Wish for a baby», la fiera della “vita in provetta” ormai imminente a Milano (sabato 20 e domenica 21) promette di lasciare senza respiro i partecipanti. Numerosi i relatori in arrivo dalla Spagna, chiamati a illustrare le prestazioni e i risultati della cliniche che a poche centinaia di chilometri dall’Italia offrono pressoché gli stessi servizi tecnici ma con molti meno vincoli, ad esempio sulla scelta dei donatori di gameti, oppure sulla accessibilità di coppie omosessuali femminili o donne singole. Domenica, ad esempio, per chi è in cerca di granitiche certezze (!) è proposto un seminario che parla di «Ovodonazione e garanzia di gravidanza con bebè in braccio».

Ma a Milano non ci sarà solo la penisola iberica: nei locali espositivi di via Mecenate si aggireranno i rappresentanti di cliniche della Repubblica Ceca, Paese che «gode di una legislazione molto liberale» (così si legge sul sito), della Croazia, della Serbia e della Bosnia-Erzegovina. «Quella della procreazione assistita è una tematica molto delicata, inadatta a essere lasciata completamente in mano al mercato – ragiona la deputata Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera –. Penso che le tecniche di marketing applicare alla ricerca di nuovi clienti/pazienti possano illudere le persone rispetto ai risultati». Le preoccupazioni di Zanella, che il 9 maggio ha chiesto con una interrogazione parlamentare di vietare l’appuntamento di Milano, non sono infondate. Attraverso un tono complessivo rassicurante e positivo («Come vi accompagniamo a diventare genitori», «L’osteopata può prepararti al meglio ad affrontare un percorso Procreazione medicalmente assistita»... ) in realtà circola un business milionario che sta cercando sfogo anche in Italia. Ufficialmente alla fiera milanese non si parlerà di maternità surrogata, la pratiche illegale in Italia ma consentita in alcuni Paesi a noi vicini, come Georgia, Ucraina, Cipro, Grecia..., che consiste nell’ingaggiare una donna – solitamente povera – per portare avanti una gravidanza.

Alla nascita il bebè sarà consegnato seduta stante ai committenti. Tuttavia è lecito ipotizzare che quello che è uscito dalla porta entrerà, per così dire, dalla finestra, visto ciò che è accaduto – e che “Avvenire” ha documentato – nelle precedenti, analoghe fiere in altre capitali europee, dove le pratiche di “gestazione per altri” (Gpa) erano nei listini prezzi distribuiti da alcune cliniche e centri per la fecondità assistita. Gpa o meno, insiste Zanella, «esisterebbero comunque i margini perché la Questura o la Prefettura blocchino “Wish for a baby”. La legge 40 punisce la pubblicizzazione anche del commercio di gameti, non solo della maternità surrogata». Intanto proprio ieri in Consiglio Comunale di Milano non è passata una mozione di condanna dell’utero in affitto. Diverse sigle di militanza femminista si troveranno sabato davanti alla sede in cui si svolgerà la fiera, alla periferia est di Milano, per picchetti di protesta. La Rete per l’inviolabilità del corpo femminile, che contesta la cancellazione della madre nella pratica dell’utero in affitto, ha preparato cartelloni con slogan come «Le donne non si sfruttano, i bambini non si vendono», «La riproduzione è dei nostri corpi, non dei vostri profitti».

Anche tra gli addetti ai lavori, peraltro, si guarda con sospetto all’appuntamento milanese: c’è infatti un tema di concorrenza sleale con le cliniche italiane, che a tutt’oggi, dopo le varie correzioni legislative da parte della Corte costituzionale, possono offrire pure servizi di Pma eterologa (cioè con l’impianto di embrioni ottenuti con seme o ovulo esterni alla coppia), ma dentro un quadro ben definito e senza troppe possibilità di scelta dei gameti. La prima perplessità riguarda la grande disponibilità di ovuli delle cliniche spagnole. Prima del 2014, quando l’eterologa da noi era ancora vietata, ogni anno 12-13mila coppie italiane si riversavano in Spagna (ciascuno pagava fino ai 12mila euro, per un giro d’affari annuo di oltre 130 milioni di euro solo dall’Italia). Considerando che per ogni coppia servono fino a 9 ovociti... «Noi operatori – interviene il ginecologo catanese Antonino Guglielmino, che siede nel Consiglio di presidenza della Società italiana di riproduzione umana (800 specialisti che operano in strutture di Procreazione medicalmente assistita sia pubbliche sia private) – supponiamo che ci sia una cospicua “importazione” di donne dai Paesi dell’Est, donne povere allettate dal compenso».


Un week-end già “esaurito”

Si chiama «Wish for a baby» ed è la riedizione di «Un sogno chiamato bebè» (prima indetta, poi cancellata) e di «Desir d’enfant» di Parigi: in ogni città in cui trova accoglienza la fiera delle aziende che propongono diversi modi per avere figli cambia marchio e offerta, a seconda delle leggi del posto. In programma il 20 e 21 a Milano, la manifestazione è organizzata da una società inglese specializzata in fiere. Ingresso su prenotazione, ma da giorni è impossibile ottenere un biglietto dal sito Wishforababy.it.

La strategia commerciale delle cliniche di altri Paesi europei (Spagna, Germania, Cechia...) che si rispecchia anche nelle fiere come «Wish for a baby » è diventata via via più aggressiva. Poiché le coppie eterosessuali ora trovano risposte più complete anche in Italia, i centri stranieri per la Pma hanno due strade. La prima è far leva sui singoli e sulle coppie femminili omosessuali, che in Italia non hanno accesso alla Pma. «Cercano il contatto diretto con i potenziali clienti, come in queste fiere», continua Guglielmino, ma anche con comunicazioni online, sui social o incontri ristretti nelle salette di hotel. Il guaio è che «c’è una grave astrazione della realtà, manca la consapevolezza della genitorialità. Le cliniche straniere iniziano il processo di Pma online, senza prendere in carico eventuali problematiche di fertilità e in alcuni casi offrendo garanzie irrealistiche di bambini sani in braccio». La seconda strada, di cui Guglielmino è testimone, è l’acquisto, tramite fondi d’investimento, di quote di maggioranza di centri per la Pma italiani, per poter prendere parte ai lucrosi guadagni che ora si fermano nel nostro Paese. Insomma, «Wish for a baby» è solo la punta di un iceberg. Sotto, è tutto un business.

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