martedì 13 maggio 2025
Dalla scoperta della villa degli aborti clandestini alla proposta per le mamme che “non ce la fanno”: il primo Centro di Aiuto alla Vita d’Italia traccia ancora la strada
La presidente nazionale del Movimento per la Vita Marina Casini alla giornata celebrativa di Firenze per i 50 anni del primo Centro di Aiuto alla Vita

La presidente nazionale del Movimento per la Vita Marina Casini alla giornata celebrativa di Firenze per i 50 anni del primo Centro di Aiuto alla Vita

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Compie mezzo secolo il primo Centro di Aiuto alla Vita d’Italia, fondato nel 1975 nei locali della basilica di San Lorenzo a Firenze da un gruppo di cattolici spinti dall’urgenza di trovare soluzioni dopo la scoperta di una villa abbandonata dove si praticavano aborti clandestini.

Da allora l’impegno per far sì che ogni donna potesse trovare una mano tesa per risolvere in mondo diverso problemi sociali o economici non è si è mai fermato, vedendo allargarsi l’impegno a favore della vita con la nascita di Cav e Case di accoglienza in tutta la penisola. Per festeggiare l’anniversario, il 10 maggio a Firenze, nei locali della basilica di San Lorenzo, dove il primo Cav nacque e ancora si trova, si sono riuniti fiorentini ed esponenti del Movimento per la Vita italiano per il convegno «Cav 50. Cinquant’anni di Vita».

Una vita segnata dall’esempio di personalità fuori dall’ordinario, come Carlo Casini e Maria Cristina Ogier, la giovane fiorentina che la Chiesa ha dichiarato “venerabile”, a cui il Cav di Firenze oggi è intitolato. Ma anche monsignor Giancarlo Setti, allora priore di San Lorenzo, sostenitore dell’importanza del ruolo dei laici cattolici nella società.

Monsignor Gherardo Gambelli, arcivescovo di Firenze, ha augurato ai presenti di essere «testimoni di speranza» per «una Chiesa col volto di madre, che comprende, accompagna e accarezza», come ha detto durante la giornata celebrativa citando le parole pronunciate a Firenze da papa Francesco durante il Convegno ecclesiale nazionale del 2015. Dalle testimonianze di due madri, aiutate a far nascere il proprio figlio, una in tempi più lontani e una in un passato più recente, è emersa poi la grazia di aver incontrato sul proprio percorso volontarie «la cui vita profumava di paradiso», come è stato detto. «Dobbiamo fare i conti col fatto che può capitare a tutti di cadere – ha raccontato una delle due donne – e non bisogna vergognarsi di chiedere aiuto. Dopo aver visto disgregarsi la mia famiglia, ho trovato nel Centro Aiuto alla Vita qualcuno che si è preso cura di me come lo avrebbe fatto mia madre, che a causa di una malattia non c’era più. A questo devo che mio figlio sia vivo».

«C’è una salvezza eterna, ma possiamo vivere da salvati già sua questa terra e possiamo aiutarci a salvarci gli uni gli altri» ha affermato la presidente del Movimento per la Vita italiano Marina Casini, ricordando anche la ricorrenza dei 30 anni dell’enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II, dove papa Wojtyla menzionava l’attività dei Centri di Aiuto alla Vita. «I fondatori del primo Cav sono state persone profetiche – ha continuato Marina Casini –. Noi abbiamo il compito di proseguire su questa strada fatta di aiuto concreto e di rivoluzioni culturali, in un momento in cui c’è ancora bisogno di lavorare per costruire la cultura della vita e dell’amore, mettendo al centro i più deboli e affermando ancora la dignità della persona umana in ogni stadio della sua vita».

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