martedì 6 settembre 2022
Due coppie di donne: i figli di una possono esserlo anche dell'altra? A Parma applicata la "stepchild adoption" senza attendere una eventuale legge, ad Arezzo si chiede di farlo per due gemelle
Doppia maternità, niente padri: due storie fra tribunali, Comuni. E leggi
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Due storie parallele, a Parma e Arezzo, al centro la medesima questione: la richiesta di genitorialità per entrambi i componenti di una coppia formata da persone dello stesso sesso e una legge – sulle unioni civili – che non la prevede. Nel primo caso il tribunale ha deciso di passare sopra l’assenza di una previsione di legge, soluzione richiesta dalla seconda coppia. Decisiva una domanda: se nel 2016 il legislatore stralciò deliberatamente la «stepchild adoption» dalla "legge Cirinnà", rinviandola a una riflessione parlamentare specifica, perché anticipare uno dei possibili esiti di un futuro confronto davanti all’opinione pubblica e adattare norme preesistenti a un caso per il quale non furono pensate? Trattandosi di un passo molto significativo per l’ordinamento, la società e la visione della persona – riconoscere la doppia maternità o paternità, escludendo una delle figure genitoriali – dovrebbe essere una eventuale disciplina ad hoc a normare la materia, in attesa della quale non dovrebbe essere possibile "creare" una nuova regola. Vediamo i fatti.
Il Tribunale per i minorenni di Bologna ha emesso una sentenza di adozione nella quale attribuisce il doppio cognome a una bambina figlia di una donna e della sua compagna, una coppia di Parma unita civilmente dal 2018 poco prima della nascita della piccola. Secondo il giudice l’adozione risponde «pienamente al superiore interesse della minore, consentendole di godere della continuità affettiva, educativa ed emotiva di una famiglia solida e stabile, nella quale la stessa ha potuto costruire la propria identità», con il cognome che è «una parte essenziale e irrinunciabile della personalità». La bambina ha tre anni e mezzo ed è stata concepita con procreazione artificiale, ovviamente eterologa da seme di "donatore" (si tratta di gameti venduti da aziende private retribuendo chi li cede, destinato a rimanere anonimo). Un mese dopo il parto l’allora sindaco Pizzarotti l’aveva iscritta all’anagrafe riportando entrambi i cognomi delle donne, madre biologica e compagna, ma il ricorso della Procura di Parma diede vita a un procedimento che dopo due anni portò a cancellare il cognome della seconda. Ora il tribunale sancisce la «stepchild adoption», ripristinando la soluzione precedente. «La relazione affettiva tra due persone dello stesso sesso che si riconoscano come parti di un medesimo progetto di vita – argomenta il Tribunale – costituisce a tutti gli effetti una "famiglia", luogo in cui è possibile la crescita di un minore, senza che il mero fattore "omoaffettività" possa costituire un ostacolo formale».
La seconda storia è ambientata ad Anghiari, nell’Aretino, dove due donne di 36 e 38 anni unite civilmente dal giugno 2021 hanno dato mandato al loro avvocato Simona Borri di chiedere il riconoscimento della maternità di due gemellini anche alla donna che ha messo a disposizione i gameti e non limitandola alla compagna che ha condotto la gravidanza e li ha partoriti. Infatti i due bambini – nati tre mesi fa – sono stati concepiti in vitro con gli ovociti di una delle due donne e il seme di un "donatore" (anche in questo caso acquistato sul libero mercato dalla clinica di Barcellona alla quale le due si sono rivolte per una procedura eterologa, concessa in Italia solo a coppie non eterosessuali). Gli embrioni sono stati poi impiantati nel grembo della compagna che li ha fatti nascere. Per la legge c’è una sola madre, ed è lei: di questo ha preso atto l’anagrafe del Comune dove i due sono stati iscritti alla nascita. «Se una coppia vuole avere figli è giusto che i bimbi abbiano due genitori ed è su questo che alcuni Tribunali si sono basati ordinando la trascrizione di entrambi», è l’argomento dell’avvocato Borri, che riconosce che «il Comune ha rispettato la legge» ma «davanti al vuoto normativo che esiste in Italia proprio su questo punto non resta che presentare ricorso, e noi lo faremo in settimana, al Tribunale di Arezzo, per poi portare avanti una battaglia legittima per tutti coloro che si trovano nella situazione delle mie assistite». «Ero chiaramente al corrente di questa situazione seppure in qualità di sindaco nulla posso fare – ha detto il sindaco Alessandro Polcri –. Gli uffici comunali si sono attenuti in maniera ferrea alla normativa, cosa che avrebbe fatto qualunque ufficio in tutta Italia. Una norma chiara che non può essere interpretata. Diversa, però, è la questione dal punto di vista etico perché è più che legittimo intraprendere un nuovo percorso per arrivare a una modifica, seppure parziale, delle normative in materia». La rimozione del padre e la sua sostituzione con una "seconda madre" può essere accettata dallo Stato? La questione – giuridica e politica – è aperta, ma certo la sua delicatezza consiglia di evitare fughe in avanti.

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