Vuoi la pace? Scegli la vita. Cosa ci insegna la "formula" di Madre Teresa
Il 5 settembre la Chiesa ricorda la santa degli ultimi, che - seguendo Paolo VI - spiegò al mondo il legame tra la logica delle guerre e quella degli aborti. Una opzione per l'umanità attualissima

L’idea di Paolo VI, l’intuizione di santa Madre Teresa di Calcutta, le guerre in corso. E una nuova cultura di riconciliazione Le guerre in corso in Europa e nel resto del mondo sono ferite tragiche, profonde, brucianti, per tutta l’umanità. Una devastazione morale, civile, politica. Un fallimento dei diritti dell’uomo, dei propositi di pace di cui trasudano patti, dichiarazioni, convenzioni e trattati. Davanti a certe immagini, di fronte ai video di persone – quanti bambini! – affamate, violate, impaurite, disperate, piangenti si rimane impietriti. Dove trovare la forza per continuare a sperare, il coraggio di dire qualcosa che non sappia di ingenuo?
Il 5 settembre ricorre la festa liturgica di santa Teresa di Calcutta, Madre dei poveri, premio Nobel per la pace. È forse “ammuffito” quanto lei disse sull’accoglienza dei bambini non ancora nati e la realizzazione della pace nel mondo, oppure le sue parole sono sempre valide e vere? È roba vecchia la sua domanda “cosa ci resta?” se permettiamo che una società accetti che uno sconfinato numero di bimbi nel grembo delle madri non veda la luce? Non è forse un interrogativo che dovrebbe assalirci di fronte a tutte le guerre, alle guerre di tutti i tipi, che si fanno verso tutti coloro che per un motivo o per l’altro sono svantaggiati, non possono difendersi, non contano nulla? Ecco perché il tema della pace è intimamente legato a quello del valore della vita di ogni uomo. Paolo VI aveva indicato il collegamento: «Se vuoi la pace difendi la vita». Una delle Giornate della Vita fu “Quale pace se non salviamo ogni vita?”.

Quando la domanda si porta di fronte alle persone che hanno appena iniziato a esistere, che sono gravemente malate e/o disabili, quanti sono disposti a cogliere il collegamento tra la pace e la cura della vita umana? Ovvio, ogni vita è in sé un valore e dunque va accolta e amata in ogni fase e condizione; non può dire di essere “dalla parte della vita” chi ne difende soltanto un segmento, come se la vita non fosse “tutta la vita”. Eppure, purtroppo, in qualche area della società la pace e la vita sono valori contrapposti. Madre Teresa ripeteva: «L'aborto è il principio che mette in pericolo la pace nel mondo ». Qual è questo “principio”? È la sintesi di tre giudizi: 1) si può uccidere l'innocente per risolvere i problemi sociali; 2) la vita altrui merita rispetto solo se c’è convenienza propria (nelle legislazioni permissive la diversa tutela del feto nei vari periodi di gravidanza è in rapporto alla salute della donna, non al significato del figlio); 3) coloro che non si vedono valgono meno di quelli che si vedono (pochissimi eliminerebbero un bambino appena nato, ma molti sono disposti a farlo se è nascosto nel seno materno). È proprio questo il “principio” che sta alla base di tutte le guerre.
Nel concetto di “guerra” c’è l'idea di una collettività che si organizza per uccidere, usando armi, per raggiungere un fine. Se i non nati sono bambini lo Stato intero si è organizzato per sopprimerli con le sue strutture “sanitarie”, ponendo l'onere economico a carico di tutti i cittadini, reclutando e pagando personale adatto, utilizzando armi sempre più efficaci, che non escludono quelle chimiche (Ru486), ricorrendo persino a censura e propaganda. Riconoscere l'obiezione di coscienza sanitaria, che trova un parallelo solo in quella militare, è, del resto, la spia rivelatrice di ciò che davvero sta accadendo. No, davvero pace e vita non sono separabili. «Se vuoi la pace difendi la vita», ammoniva Paolo VI. Non sarà un pacifismo verbale e di comodo a dialogare davvero e in profondità con l'anima cristiana ma solo il riconoscimento senza riserve del valore della vita umana, vera garanzia della pace (cfr. Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo).
Anche in questo il tema dell'aborto si rivela vera “pietra di paragone”. Tanto più che questa guerra in Medio Oriente presenta complessità di fatto ed etiche in cui è difficile districarsi. Di per sé la logica della vita implica il coraggio di donare la propria vita per salvare quella degli altri resistendo agli oppressori. Ma la guerra moderna con il suo inevitabile rischio di allargamento, con il suo inesorabile spargimento di sangue innocente, anche quando il fine è giusto, è coerente con il rispetto dovuto alla dignità umana? Non siamo su una strada che faticosamente deve giungere alla cancellazione della guerra, almeno come categoria mentale? In certi casi – per paradosso – bomba atomica e gas asfissianti potrebbero risolvere i conflitti persino più rapidamente che non usando mezzi convenzionali, la tortura farebbe scoprire verità decisive per colpire organizzazioni criminali, la pena di morte potrebbe avere un'efficacia dissuasiva più forte della prigione. Ma noi riteniamo che bomba atomica, gas, tortura e pena di morte non sono conformi alla dignità umana e non devono mai essere utilizzati.
La cultura della vita deve accettare la sfida che oggi è posta dalla guerra. È una sfida drammatica, ma non può essere evitata. Di certo essa non può essere affrontata solo all'ultimo momento, quando già situazioni di iniquità si sono incancrenite. Si tratta, invece, di costruire la civiltà dell'amore. Ma l'amore – che è davvero il senso ultimo della vita – è oggi il valore che presiede alla politica nazionale e internazionale? Non mi pare una domanda astratta o evasiva ma concretissima, e relativa a tutte le paci possibili.
*Presidente Movimento per la Vita italiano
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