Sara e Gaia, le mamme-bambine che non sono più sole

Le adolescenti che diventano madri rischiano di non saper accudire i loro figli e di perdersi in una esperienza più grande di loro. Ma c'è un servizio di Regione Lombardia che si prende cura di loro fino alla maggiore età. E le accompagna a diventare autonome
October 28, 2025
Sara e Gaia, le mamme-bambine che non sono più sole
Si chiamano Lucia e Adrian e sono nati tra fine luglio e inizio agosto. Le loro mamme sono amiche da sempre, vicine di casa, compagne in queste gravidanze. Dormono l’una a casa dell’altra a weekend alterni, si aiutano a cercare di smettere di fumare e a «non sprecare tutti i soldi». Sara e Gaia (nomi di fantasia) hanno a malapena vent’anni e vivono con i genitori in un quartiere a ovest di Milano. Sono andate insieme anche a fare le visite e i corsi all’Asst Santi Paolo e Carlo in un’unità speciale chiamata Saga, Servizio di accompagnamento alla genitorialità in adolescenza.
Margherita Moioli, neuropsicomotricista e referente del servizio, racconta orgogliosa che «i primi bambini che sono nati qui stanno diventando maggiorenni». Il Saga ha iniziato la sua attività nel 2007 e dal 2014 è un progetto speciale della Regione Lombardia che garantisce la sovraterritorialità e svincola l’accesso al servizio, completamente gratuito, dal luogo di residenza. «Il servizio è nato con un mandato preventivo: evitare il reiterarsi del maltrattamento e dell’incuria nei confronti dei neonati da parte di giovanissimi genitori».
Il logo del Saga
Il logo del Saga
Negli anni tra gli ospedali San Carlo e San Paolo sono state attivate collaborazioni con pediatri e ginecologi specializzati in genitorialità precoce. «Al termine della gravidanza seguiamo le ragazze e i bambini, e i padri quando ci sono, mediamente per due anni. Ma in caso di maternità sotto i sedici anni, i figli vengono seguiti almeno fino alla maggiore età della mamma, il che vuol dire a volte per quattro-cinque anni, ma se c’è bisogno anche di più», spiega la dottoressa.
Moioli ha sviluppato anche un sistema scientifico di video-feedback sulle interazioni di gioco tra genitore e bambino per individuare il livello di rischio di violenza e le disfunzioni relazionali. «La collaborazione con il Saga per me è stata una svolta», afferma l’avvocata Silvia Marcora, Curatrice speciale del minore, che assiste minorenni nei casi in cui i genitori non sono adatti alla tutela. Marcora aggiunge: «Noi curatori abbiamo una formazione giuridica, ma in situazioni come queste serve supporto emotivo e clinico. Anche noi dobbiamo essere accompagnati perché le ragazze devono prendere decisioni importanti e personalissime, e spesso sono senza strumenti».
I bambini nati da infra-16enni non possono essere riconosciuti: alla nascita si apre un procedimento di adottabilità e i neonati vengono affidati a un curatore speciale. «Quasi nessuna ragazza lo sa – specifica la legale – e si trovano in situazioni molto più complesse di quanto avrebbero mai potuto immaginare, anche solo dal punto di vista burocratico».
Negli anni il Saga ha creato una rete territoriale con la Caritas Ambrosiana, che fornisce attrezzature di seconda mano: passeggini, carrozzine, fasciatoi. Grazie al finanziamento della Fondazione Azimut, la Cooperativa ZeroCinque ha avviato il progetto «In Bloom», che ha lo scopo di evitare la dispersione scolastica delle ragazze più giovani (under 16) e sostenere le maggiorenni nell’inserimento professionale. La psicologa del Saga Elena Rossetti evidenzia l’importanza di intervenire sul contesto: «Molte ragazze che arrivano da noi non vanno a scuola, o ci sono andate poco e non lavorano. C’è tanta solitudine, spesso le gravidanze vengono nascoste alle famiglie di origine finché non è passato il termine legale per l’interruzione volontaria».
Rossetti e Moioli insistono sul fatto che la maggior parte delle gravidanze in adolescenza vengono cercate e non sono accidentali. Il direttore dell’Unità operativa complessa di Neuropsichiatria infantile del Saga, Alessandro Albizzati, spiega che le gravidanze precoci sono legate alla «realizzazione di sé, alla percezione di capacità, a una forma di autoaffermazione che in ambito scolastico e all’interno della famiglia sono molto deficitarie». Il corpo attivo e capace di procreare diventa strumento per collocarsi e recuperare forza identitaria.
Le ragazze che arrivano al Saga spesso vivono situazioni familiari disagiate, alcune sono vittime di violenza, il livello sociale è mediamente basso ed è frequente l’abuso di alcol e sostanze stupefacenti. «Il rapporto con le famiglie – aggiunge Moioli – è sempre abbastanza complicato, ma perché lo era già in precedenza, e la gravidanza non ripara mai». Manca la consapevolezza di quale sia il problema, così le ragazze cercano attraverso un figlio di ottenere un cambiamento in positivo. «Se non vengono lasciate sole, può funzionare», conclude Moioli.

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