«Provetta per tutte»: davanti ai Musei Vaticani la campagna contro la legge 40
Il diritto del minore di avere due genitori, appena confermato dalla Corte Costituzionale, avversato dall’iniziativa per le madri single con Pma. Ma le sentenze della Consulta non si devono applicare?

«La scelta legislativa di non consentire alla donna singola di accedere alla procreazione medicalmente assistita (Pma) limita l’autodeterminazione orientata alla genitorialità in maniera non manifestamente irragionevole e sproporzionata». La Corte Costituzionale era stata piuttosto chiara nel dichiarare «inammissibili le questioni di legittimità» sollevate dal Tribunale di Firenze in merito all’articolo 5 della legge 40 «nella parte in cui non consente alla donna singola di accedere alla Pma». Nella sentenza 69 del 22 maggio i giudici della Consulta avevano affermato che «non consentire alla donna di accedere da sola alla Pma rinviene tuttora una giustificazione nel principio di precauzione a tutela dei futuri nati. È, infatti, nel loro interesse che il legislatore ha ritenuto di non avallare un progetto genitoriale che conduce al concepimento di un figlio in un contesto che, almeno a priori, esclude la figura del padre».
Eppure – o forse proprio per questo – l’Associazione Luca Coscioni muove nuovamente all’attacco della legge 40 proprio sul divieto di ricorso alla provetta da parte di donne single con una maxi-affissione davanti ai Musei Vaticani e una raccolta di firme per presentare una petizione al Parlamento. La campagna “Pma per tutte” ha l’obiettivo di «eliminare le discriminazioni ancora presenti nella legge 40 del 2004 e garantire pari accesso alla Pma anche a donne singole e coppie dello stesso sesso».
Fino al 18 settembre campeggerà dunque in piazza Risorgimento – snodo anche per i flussi di pellegrini giubilari – l’immagine di Maria Giulia, 31enne romana, che nel 1994 (quindi ben prima dei limiti introdotti dalla legge) nacque da una madre single che aveva fatto ricorso alla fecondazione artificiale in provetta con seme di donatore. L’aveva fatto in Italia, cosa ora vietata dalla legge. Esplicito lo slogan: «Davvero ora non poteri nascere?», argomento che apre all’idea che ogni metodo sia lecito pur di avere un bambino, senza tener conto del suo diritto di avere un padre e una madre ricordato dalla legge e dalla Corte (che tuttavia in una sentenza emessa lo stesso giorno aveva dichiarato illegittimo il divieto di considerare “genitore” del bambino concepito in provetta anche la compagna della madre biologica).
La questione sollevata dalla campagna è più ampia del suo oggetto: le sentenze della Corte Costituzionale vanno applicate o no? Domanda più che lecita se si pensa che la stessa Associazione si sta molto battendo, da anni, perché la sentenza “Cappato-dj Fabo” con la quale nel 2019 la Corte Costituzionale aprì a misurate eccezioni alla perseguibilità penale dell’aiuto al suicidio. La sentenza è il perno della iniziativa in corso a tutto campo per legalizzare il suicidio assistito: per questo si è sostenuto il dovere della sanità e della politica di obbedirle, definendola applicabile e già operativa. Ma allora c’è sentenza e sentenza: e quella che ha appena confermato il veto alla maternità in provetta per le donne single evidentemente va considerata diversamente.
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