Cure palliative, il “mantello” lungo tutta la malattia
Il “pallium” condiviso da san Martino con il bisognoso per proteggerlo è il simbolo che spiega il senso autentico di un percorso di presa in carico del paziente ancora purtroppo non compreso nella sua portata determinante

L’Università Statale a Milano il 6 novembre ha dedicato un convegno alla Giornata nazionale delle Cure palliative che cade l’11 novembre, in memoria del Mantello diviso da san Martino con il viandante, quel Pallium che è anche il simbolo del Buon Pastore. Spesso il termine Cure Palliative viene cortocircuitato con quello di Cure inefficaci, che preludono alla fine e che intervengono quando “non c’è piu nulla da fare”. Questi pregiudizi sono aggravati dalla attuale disinteresse della Medicina , della nostra educazione e della comunicazione culturale e mediatica al fatto che la morte è un evento naturale, che riguarda tutti. Grazie ai progressi della medicina e delle condizioni di vita, nei Paesi ad alto reddito si muore di malattie prolungate e complesse sempre più “sazi di anni” , anche se ci sono situazioni molto difficili da accettare e inevitabili , come la malattia e la morte di persone giovani, degli adolescenti e dei bambini. Per questo la morte e come si muore riguarda la Medicina e il sistema dell’assistenza sociosanitaria, che non sono destinati solo alla guarigione.
La filosofia e la pratica degli Hospice e delle Cure palliative nascono anche da questa considerazione, in quanto si fanno carico della cura e dell’accompagnamento sino alla fine della vita, e anche perché hanno una visione complessiva del valore e della creatività insiti nella vita umana sino alla sua fine, come diceva Cicely Saunders fondatrice del primo hospice moderno : «Sei importante perché sei tu e sei importante sino all’ultimo momento della tua vita». Per adeguarsi alla cronicità e complessità delle malattie inguaribili , oggi le cure palliative iniziano e devono essere accessibili prima delle fasi finali. Possono e devono accompagnare il malato per periodi prolungati, insieme alle cure dirette al controllo della malattia. Questo è stato provato nel caso delle cure oncologiche, per le quali anche quando la malattia non viene risolta in modo definitivo può essere controllata e stabilizzata per lunghissimi periodi, e le cure palliative possono dare sostegno e migliorare la qualità della vita in modo attivo e in rapporto ai bisogni del malato che si modificano nel tempo.
Questo vuol dire avere una rete di servizi di Cure palliative che salda percorsi assistenziali tra fase ospedaliera , ambulatoriale, del domicilio e dell’hospice. I professionisti dedicati sono però ancora pochi e con competenze e percorsi formativi spesso non omogenei. Il convegno di oggi in Statale mette in evidenza la novità rivoluzionaria della specializzazione in Medicina e Cure palliative, che offre l’opportunità ai giovani medici di dedicarsi alla Medicina palliativa. Inoltre l’università deve preparare i giovani medici e gli altri operatori – gli infermieri per primi – ad avere una visione completa del loro ruolo nel guarire , curare, prendersi cura , dare sollievo alla sofferenza e accompagnare sino alla fine. La responsabilità dell’università nella formazione dei medici , degli infermieri e degli altri operatori sanitari alla centralità della persona malata è evidente, e altrettanto evidente è il ruolo che la disciplina delle Cure palliative può avere, come dimostra molto bene la presenza al convegno di Eduardo Bruera.
Bruera è il palliativista più noto nel mondo che ha fatto della ricerca fondata sui bisogni fisici, psicologici e assistenziali dei malati la missione della sua vita professionale, dimostrando con più di 1.300 pubblicazioni come interesse scientifico e interesse per il malato in quanto persona, con una storia individuale e sociale, non sono in contrasto ma, anzi, si completano nella ricerca delle soluzioni migliori per dare sollievo al dolore e alla sofferenza. Altrettanto importante il ruolo che le Cure palliative hanno nel sostenere le decisioni personali nel cogliere i limiti delle terapie rispetto a obiettivi proporzionati e in linea con i valori della persona malata . Il sostegno delle cure palliative va offerto sempre e deve essere sempre rispettoso delle decisioni individuali e della autonomia della persona malata.

L’importanza delle relazioni sociali non può mai travalicare la volontà del malato che non deve nemmeno essere lasciato vittima dell’abbandono , della disperazione o della depressione. Per questo le cure palliative vanno garantite indipendentemente da volontà diverse di come affrontare la fase finale della vita. Le cure palliative sono infatti una parte costitutiva e ordinaria di tutte le cure mediche e garantiscono continuità assistenziale e conforto sino alla fine. Non sono una alternativa alla anticipazione volontaria della propria vita, sia essa sotto forma di suicidio assistito o di eutanasia . La sedazione in fase terminale che viene proposta, se necessaria, in cure palliative non abbrevia la vita e non ha per scopo l’abbreviamento della vita: ecco perché visioni diverse sull’etica del fine vita , possono convivere e sono assolutamente coerenti con il ruolo terapeutico delle cure palliative.
Questo è un altro dei motivi che accrescono il contributo che le cure palliative danno a una cultura della medicina e della cura, coinvolgendo la comunicazione mediatica e professionale, e che ci ha spinto a includere nel convegno di oggi due relazioni importanti sugli aspetti filosofici comunicativi da parte del professor Dimartino e del professor Harari. Una società con una filosofia del prendersi cura e del valore di ciascuno come individuo può creare le condizioni favorevoli a evitare le richieste di eutanasia o suicidio che nascano dal sentirsi di peso, abbandonati, inutili o disperati per la solitudine e la mancanza di risposte adeguate alla disabilità, all’invecchiamento e all’isolamento sociale.
La cultura delle cure palliative può essere di aiuto, ed è bello che l’università si apra a questa dimensione e la arricchisca con la sua autorevolezza.
Augusto Caraceni è direttore della Struttura complessa di Cure palliative Fondazione Irccs Istituto nazionale dei Tumori di Milano e professore associato nel Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità all'Università degli Studi di Milano
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