Ci vuole una legge? Cerchiamo insieme il massimo bene possibile
La Corte Costituzionale l’ha chiesta al Parlamento. Ma una nuova legge sul fine vita quali principi deve rispettare? Come va scritta? Ed è davvero quel che serve oggi ai malati? Qualche riflessione

Come giudicare il recente testo-base della proposta di legge sul cosiddetto “fine-vita” in esame al Senato, che ha aperto, come è giusto, un bel dialogo nel laicato cattolico? Ci soccorre l’enciclica di san Giovanni Paolo II Evangelium vitae: «Tutto ciò che è contro la vita stessa, come (...) l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario (...) guasta la civiltà umana (...) e lede grandemente l’onore del Creatore» (n.3). L’enciclica già si accorgeva, poi, di «un aspetto inedito e – se possibile – ancora più iniquo: larghi strati dell’opinione pubblica giustificano alcuni delitti contro la vita in nome dei diritti della libertà individuale e ne pretendono non solo l’impunità ma persino l’autorizzazione da parte dello Stato, al fine di praticarli in assoluta libertà ed anzi con l’intervento gratuito delle strutture sanitarie» (n.4). Per opporsi, il n.73 consente (anche) di «lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni» di una situazione ingiusta e ciò anche quando si possa prevedere l’approvazione di una norma ancora peggiorativa dell’assetto attuale.
Tali criteri ci chiedono di aver presente quale sia la “normativa” tanto attuale, quanto prospettabile sul fine vita. Proviamoci.
1) La situazione effettiva in Italia é così riassumibile: a) la legge 219/2017 ha contestato che il Servizio sanitario nazionale debba curare i malati in qualsiasi condizione, limitando la garanzia di assistenza solo a una vita “dignitosa”; b) sono poi intervenuti vincolanti interventi della Corte Costituzionale, che il Parlamento deve accettare almeno nei contenuti essenziali, rebus sic stantibus: la sentenza 242/2019 ha annullato l’articolo 580 del Codice penale ove punisce (con la reclusione) l’aiuto a un suicidio in presenza dei noti quattro requisiti previa la palliazione e, per evitare che ognuno li “autodichiari” a piacimento, ha anche ordinato che siano verificati da un organo pubblico; c) da allora, tanti giudici di merito e Regioni stanno allargando, con propri atti e sentenze, i citati requisiti: così in essi sono stati inclusi persino farmaci ordinari (Veneto) o massaggi (Friuli Venezia Giulia), nonché patologie in stadi non terminali, con il nulla osta della sentenza n.135/24 della Corte; d) Regioni come l’Emilia Romagna hanno approvato atti amministrativi (già annunciati anche in Lombardia e Veneto) che, forzando la sentenza 242/2019, obbligano il Ssn a prestazioni di aiuto al suicidio di malati; e) similmente, la Toscana, con legge n.16/2025, ha introdotto l’obbligo degli ospedali pubblici di assistere il suicidio, previo parere di un proprio comitato, e così potrebbe presto accadere in altre Regioni, come Sicilia, Sardegna e Campania; f) in tale contesto, accompagnato da grandi pressioni mediatiche, dilagano ovunque narrazioni medico-sanitarie in cui si rappresenta ai pazienti il suicidio assistito come un diritto.
2) Non basta. Incombe una ulteriore normativa nazionale, che potrebbe essere aggressiva contro la vita dei fragili. Infatti, nonostante la “vita” non debba mai essere misurata dal potere giudiziario o legislativo, ben quattro provvedimenti della Corte costituzionale (207/2018, 242/2019, 135/2024, 66/2025) hanno invaso il campo del legislatore, compulsandolo “con forza” da anni, e con oltre 15 (!) richieste inserite in tali pronunce, perché «intervenga prontamente» ad «assicurare concreta e puntuale attuazione ai principi fissati» dai giudici. E se il legislatore – cui pure la stessa Corte riconosce (bontà sua...) ampia autonomia nel bilanciamento dei vari interessi tracciati – continuasse in quella che viene tacciata come «inerzia» (cfr. 242/2019, 66/2025), si rischierebbero altre sentenze invasive, che potrebbero persino devastare il compito istituzionale di cura del Ssn. Non solo. Il tema arriverà per forza all’aula del Senato, perché i regolamenti impongono che quote di lavori parlamentari siano riservate all’opposizione, che ha scelto il fine vita. È evidente che senza una adeguata istruttoria il voto in aula di numerosi parlamentari di ogni schieramento sarebbe più fortemente condizionato dal dilagante mainstream, che pretende, per esigenze ideologiche, che sia il Ssn a disporre della vita dei malati, veicolando così un gravissimo messaggio di abbandono dei più fragili.
Veniamo a concludere. Di fronte al descritto radicarsi di un surrettizio “diritto alla morte”, davanti a prossime prospettive normative e giurisprudenziali ulteriormente peggiorative, stanti i vincoli inderogabili posti dalle sentenze della Corte (area di non punibilità e verifica dei requisiti in capo a un organo terzo), il testo base: a) riequilibra la 219/2017, ribadendo che la cura è doverosa in ogni condizione (articolo 1, comma 1); b) vieta espressamente al Ssn di dare prestazioni finalizzate alla morte dei malati (articolo 4, comma 1, lettera b); c) rafforza significativamente l’incremento delle terapie del dolore in tutte le regioni (articolo 3); d) bilancia (articolo 2) il perimetro della vincolata non punibilità ex articolo 580 del Codice penale a maggior tutela della vita fragile (secondo Evangelium vitae, al n.19, si può «attenuare anche notevolmente la responsabilità soggettiva e la conseguente colpevolezza») avvicinandosi a ipotesi di accanimento, ma – si badi bene – conferma l’aiuto volontario al suicidio come illecito (dunque escludendo contratti e cliniche di morte, all’articolo 1, comma 2); e) evita le differenziazioni nelle valutazioni dei requisiti ai fini del parere sulla non punibilità (articolo 4, comma 1, lettera a), benché con modalità certamente migliorabili.
Quindi, assumendo i canoni del magistero considerati, e fermo restando il riparto di responsabilità, rispetto all’attuale testo base, sembra apparire «necessario che il retroterra cattolico sostenga con totale unità e forza lo sforzo dei parlamentari cattolici» – come scrisse Carlo Casini nel 2003 –, a evitarne uno snaturamento nel prossimo iter, «aiutandoli ad avere coraggio nella ricerca del massimo» miglioramento e bene possibili ravvisabili in tale proposta, rispetto a una situazione attuale grave, come anche per «fermare altre – assai probabili future – proposte totalmente negative» (Medicina e Morale, 2003/2).
*Componente Comitato nazionale per la Bioetica - Promotore network Ditelo sui tetti
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