Incredibile e ansiogena, la corsa dell'oro continua
Il prezzo ha toccato nuovi record storici. Grandi affari per chi ha investito, ma anche grandi interrogativi

In settimana il prezzo dell’oro ha toccato un nuovo record storico: 4mila dollari all’oncia, che corrisponde a poco più di 30 grammi. Tradotto: circa 110 euro al grammo. Un anno fa eravamo alla metà, da marzo il balzo è stato di circa un terzo; tra gli analisti c’è chi ritiene ragionevole un approdo a quota 4.500 dollari, e altri non escludono addirittura possa avvicinarsi ai 5mila. Grandi affari per chi ha investito, posto che si tratta di affari “teorici” finché non si vende quanto si è comprato e tutto dipende dal prezzo a cui si è comprato. Ma anche grandi interrogativi per chi guarda a questa corsa che sembra ben lontana dal traguardo: sui mercati finanziari l’oro è bene rifugio per definizione, e se c’è la corsa agli acquisti evidentemente s’è sparso qualche timore che giustifica un prezzo del biglietto così costoso.
In realtà le cause di questa galoppata sono almeno due. La prima è legata agli acquisti senza precedenti avviati dalle Banche centrali di tutto il mondo, che a partire dall’aggressione russa all’Ucraina hanno iniziato a incrementare le proprie riserve in oro. Da allora la situazione geopolitica è ancora peggiorata, e così gli investimenti sono aumentati ulteriormente: fino al 2021 compreso, le Banche centrali compravano circa 500 tonnellate d’oro l’anno, dal 2022 si sono superate le mille tonnellate (senza però mutare una classifica che vede gli Stati Uniti in testa con 8mila tonnellate, seguiti da Germania e Italia tra le 2 e le 3mila tonnellate).
Ma le autorità monetarie non sono le uniche responsabili del rialzo rapido e continuo. Gli acquisti sull’oro sono generalizzati, arrivano anche da altre categorie di investitori che operano non sulla base di ragioni geopolitiche ma con un’ottica meramente finanziaria. In pratica: comprano perché pensano che sia un affare, perché non vogliono restare esclusi dalla corsa (e relativi premi) o perché ritengono che l’oro sia una scommessa più sicura rispetto all’investimento su azioni, titoli obbligazionari, valute o altri attivi. E qui siamo all’aspetto più ansiogeno. E apparentemente inspiegabile: quando, martedì, l’oro ha toccato la soglia dei 4mila dollari l’oncia, la maggior parte delle Borse mondiali era vicina ai massimi. E avrebbero chiuso un’altra buona settimana, se venerdì non fossero arrivate le nuove minacce di Trump alla Cina, che hanno spaventato in particolare Wall Street. Ritrovarsi con le Borse e l’oro contemporaneamente sui massimi storici è davvero un fatto inedito e sorprendente. E senza logica, visto che i nuovi traguardi toccati dalle Borse dovrebbero suscitare euforia e non preoccupazione.
In realtà forse una logica c’è, ed è probabilmente la stessa che sta guidando il pianeta in questi ultimi mesi: l’imprevedibilità. A livello diplomatico, politico, economico e commerciale, tecnologico. Siamo in una fase senza alcun precedente, in cui tutto può succedere su tutti piani. Una fase in cui, ad esempio, c’è chi ritiene che il consenso che si è creato intorno al piano di pace su Gaza è merito della “madman Theory”, della teoria del matto: non potendo prevedere le reazioni di Trump a un eventuale fallimento del piano, tutti hanno preferito aderirvi o comunque non boicottarlo apertamente.
Forse è bene non esagerare nell’attribuire le responsabilità di tutto al presidente americano e ai suoi umori volatili, ma certo l’imprevedibilità è la cifra del momento e riguarda anche i mercati finanziari. Dove l’oro, si diceva, resta uno dei pochi rifugi universali. Non è detto che il tempo debba peggiore per forza, ma finché le evoluzioni meteorologiche saranno imprevedibili è lecito immaginare che l’oro possa correre ancora.
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