«Hamas il problema da risolvere» Sì, ma oggi non diventi un alibi

June 9, 2025
Caro Avvenire, non si può restare indifferenti di fronte a quello che sta accadendo a Gaza. Tuttavia, per una coerente e mi auguro immediata soluzione, è opportuno analizzare la vicenda a 360 gradi. I cattivi non sono gli ebrei e i buoni non sono i palestinesi, il problema principale si chiama Hamas, un'organizzazione terroristica, islamista e fondamentalista che di fatto nessuno ha eletto o votato, ma che risponde agli ordini dell'Iran. Il cui unico obiettivo è la distruzione di Israele. È bene ricordare che, finché in Palestina ci saranno le truppe di Hamas, non ci sarà pace. Giuseppe Focone Caro Focone, lei opportunamente invita a uno sguardo obiettivo, ma poi sembra avallare la posizione (e la narrazione semplificata) del governo israeliano, che ha portato all’attuale tragedia umanitaria nella Striscia di Gaza. Il problema principale, segnalato anche su queste colonne fin dalle prime settimane del conflitto post-7 ottobre, è stato la mancanza di un piano strategico al di là della rappresaglia immediata e dell’azione bellica contro la componente militare di Hamas. Qual è l’obiettivo a questo punto? Non è fisicamente possibile – ammesso (e c’è da dubitarne) che sia moralmente ammissibile e legalmente consentito – eliminare tutti i miliziani palestinesi in armi o che potrebbero imbracciarle. Questo, però, non significa fare l’errore di premere per un cessate il fuoco immediato senza considerare ciò che Hamas ha fatto e ciò che è probabile continuerebbe a fare. L’organizzazione che sicuramente ha le caratteristiche che lei, caro Focone, elenca, partecipò alle elezioni del 2006 e sconfisse Fatah guadagnando la maggioranza dei seggi. L’anno successivo prese però tutto il potere e da allora ha governato anche con la forza e l’intimidazione. Se Israele avesse promosso una tregua e il dislocamento di una forza di pace internazionale, si sarebbe potuto svolgere in tempi ragionevoli un voto libero dai condizionamenti di Hamas e riavviare un percorso democratico, che significa anche un atteggiamento più orientato alla convivenza. Uso il periodo ipotetico dell’irrealtà perché non si vedono spiragli di un cambio di linea da parte di Netanyahu e dei suoi alleati interni. L’amministrazione Trump, nella sua diplomazia ondivaga, non dà per ora un contributo fattivo verso la pace. La comunità internazionale (l’Europa in primis, ma anche il mondo arabo-musulmano) ha quindi un ruolo cruciale nello spingere a favore di una soluzione alla tragedia che si compie sotto i nostri occhi. Anche scendere in piazza come si è fatto venerdì e sabato in Italia su iniziativa delle forze politiche di opposizione contribuisce a segnalare la solidarietà ideale con le vittime e lo sdegno verso azioni militari ormai totalmente sproporzionate. E farebbe bene la maggioranza governativa, che ne ha la facoltà, ad adottare iniziative maggiormente incisive in questo senso. Resta, è vero, la questione Hamas. Sono i vertici dell’organizzazione che ancora gestiscono gli ostaggi israeliani e che mantengono basi e depositi nei pressi di infrastrutture o abitazioni civili, usando di fatto come scudi umani i loro concittadini (questo, sia chiaro, non giustifica bombardamenti indiscriminati: rimarrà tra i simboli strazianti del conflitto – per i quali si attenderà giustizia – l’uccisione di un medico e dei suoi nove figli, la cui vedova – anch’ella medico –, con l’unico ragazzo sopravvissuto sarà accolta nel nostro Paese). Ma la trattativa oggi non può che essere condotta con gli stessi responsabili del pogrom del 2023 (in cui morirono madri e figli ugualmente inermi, non va mai dimenticato). Se si riuscisse a fermare lo scontro, a ottenere la liberazione dei rapiti e creare le condizioni per la ripresa di una vita civile minimamente accettabile a Gaza (l’altro crimine che viene commesso in questo periodo è la chiusura delle frontiere, con la riduzione alla fame di centinaia di migliaia di persone), allora anche Hamas potrebbe essere svuotata dall’interno, per così dire. Quando i palestinesi vedranno che esiste un futuro per loro e che potranno prenderlo nelle proprie mani in un contesto pacificato, in cui i miliziani non esercitino più un controllo totale, in maggioranza volteranno le spalle a chi li ha portati in questo baratro e abbandoneranno la via della violenza verso Israele. Viceversa, l’odio che oggi domina e tutto oscura non farà che produrre frutti di ostilità e vendetta senza fine. © riproduzione riservata

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