La traversata di Chiambretti Finché Livia Drusilla va

Chiambretti riapre il suo talk fluviale su Rai3: tra ecclesiastici “senza peli sulla lingua”, ospiti di ogni campo e le letture sul linguaggio del potere firmate Patrick Facciolo
October 21, 2025
Non si sa se per scaramanzia o cos’altro (si spera altro, ne siamo quasi certi), ma ogni volta Piero Chiambretti parte con un ecclesiastico per iniziare la navigazione sul Tevere a bordo della motonave «Livia Drusilla» intervistando personaggi del giornalismo, della cultura, della politica, dello sport, del costume e dello spettacolo per il suo Fin che la barca va, “Un programma sull’acqua”, come recita il sottotitolo, ovvero le 25 puntate prodotte da Rai Cultura per lo spazio preserale (dalle 20,15 dal lunedì al venerdì) che Rai 3 meritoriamente dedica a format di livello come i più volte rammentati Riserva indiana, Via dei Matti n° 0, La gioia della musica, Nuovi eroi, Che succ3de?, Sconosciuti, Che ci faccio qui e lo stesso Fin che la barca va il cui primo passeggero a prua nell’edizione d’esordio a marzo scorso fu l’arcivescovo Vincenzo Paglia. Adesso, ad inaugurare la seconda stagione, è stato don Filippo Di Giacomo, prete giornalista, che come suol dirsi non ha peli sulla lingua.
Basti pensare a come ha commentato il premio Nobel per la pace: «Per quanto mi riguarda il Nobel è un premiuccio inventato da un massone che premia sostanzialmente massoni». Ed è proprio con personaggi così che il programma funziona, nel senso che Chiambretti, con il suo consueto stile ironico e autoironico, pungente, ma anche riflessivo, incalza gli ospiti, sia pure più da comico che da giornalista, molto più di tanti altri conduttori di talk show politici. Per cui chi sta al gioco, tiene testa al conduttore, scena e ritmo, rende bene. Un politico navigato come Clemente Mastella se la cava molto meglio di un politico di fresca e discutibile carriera come il generale Roberto Vannacci. Novità di questa seconda edizione, oltre alle scherzose immagini realizzate con l’intelligenza artificiale di «Tevere Day» con i nostri politici a guazzo nel fiume romano, è la presenza fissa di Patrick Facciolo, esperto in tecniche psicologiche, che analizza le strategie comunicative di personaggi pubblici italiani e internazionali, soprattutto il linguaggio del corpo dei politici, espressioni e modi di gesticolare. Primo caso quello del vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che a Porta a porta, rispondendo a una precisa domanda dell’editorialista del “Corriere della sera” Antonio Polito, aveva affermato che il diritto internazionale conta fino a un certo punto.
Tutti ne hanno parlato, ma molti, a giudizio di Facciolo, si sarebbero persi il fatto che Tajani, prima di rispondere, abbia guardato in basso a destra e poi in basso a sinistra senza sbattere le palpebre. Un atteggiamento che rientrerebbe nel cosiddetto carico cognitivo: in poche parole in quel passaggio il ministro non sapeva cosa rispondere e avrebbe detto la prima cosa che gli veniva in mente. Nelle sere successive sotto la lente di Facciolo sono finiti altri politici, da Trump a Renzi. 

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