I vent’anni di “Lost”, serie caposcuola della tv d’oggi
Vent’anni fa, nel marzo 2005, approdava in Italia sul canale satellitare Fox la serie televisiva Lost, che sei mesi prima aveva debuttato sul network statunitense Abc. Sarebbe poi stata replicata anche in chiaro su Rai 2 e successivamente su Rete 4. Adesso, in occasione del ventennale, è stata riproposta su tre delle principali piattaforme attive nel nostro Paese: Netflix, Prime Video e Disney+. Su quest’ultima sono tuttora in rete le sei stagioni di quest’opera composita, intricata, disposta su piani temporali diversi, creata da J.J. Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber, che ha segnato una svolta nella storia della tv, innovando il modo in cui le vicende di sopravvivenza, mistero e dramma personale venivano raccontate, dando dignità a un genere televisivo emergente e facendo scattare, assieme a Twin Peaks, la passione per la serialità televisiva. Lost (letteralmente «persi») racconta di 48 sopravvissuti a un disastro aereo che si ritrovano su un’isola all’apparenza disabitata. Tutti facevano parte del volo di linea 815 della compagnia australiana Oceanic Airlines decollato da Sydney e diretto a Los Angeles. In attesa dell’arrivo dei soccorsi, i 48, che intanto si sono accampati sulla spiaggia, scoprono che sull’isola accadono cose inspiegabili e che prima di loro altre persone hanno fatto naufragio o addirittura hanno costruito bunker e condotto esperimenti per un progetto denominato Dharma. Ma è nella cattività della vita comune che tra i superstiti nascono amicizie e tensioni, mentre le storie di ciascuno nascondono traumi e segreti inconfessabili. Pertanto ogni episodio procede con una narrazione orizzontale (la vita sull’isola) intercalata con una narrazione verticale (la vita precedente dei singoli naufraghi) attraverso flashback che approfondiscono di volta in volta uno o più personaggi rivelando ambizioni e fragilità, creando continui intrecci e attese. Il tutto mescolato a situazioni sovrannaturali, ad elementi di fantascienza e a misteri sempre più ingarbugliati chiamando in causa scienza, filosofia, religione (anche se a tratti in modo un po’ approssimativo) e mitologia. Punto di forza resta però il confronto tra i protagonisti, a partire dal medico Jack Shephard e dal «miracolato» John Locke, che rappresentano, rispettivamente, la scienza (ma anche il dubbio) e la fede. Quello di Lost è comunque un cast corale, ricco e sfaccettato, dove i personaggi di primo piano sono molti. All’inizio il telespettatore si incuriosisce per sapere come possa andare a finire, ma poi si lascia prendere dalla narrazione seriale, dalla particolare architettura di ogni puntata, dalle trame multiple e dai numerosi punti di vista. In questo senso Lost è una serie coinvolgente, che costringe a riflettere, anche perché affronta temi esistenziali come la lotta tra bene e male, la predestinazione e il libero arbitrio. © riproduzione riservata
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