Focus omaggia Albert Einstein e quel geniale, abusato cervello
Il 18 aprile 1955 Albert Einstein, il più grande fisico dell’età moderna e forse di tutti i tempi, sicuramente il più famoso al mondo, moriva a Princeton, negli Stati Uniti. Aveva 76 anni, essendo nato a Ulma, in Germania, il 14 marzo 1879. A lui si deve la Teoria della relatività, che ha rivoluzionato il concetto di spazio-tempo. Nato da una benestante famiglia ebraica, era in America quando nel 1933 Adolf Hitler salì al potere. Inviso al dittatore, non solo per la sua origine, ma anche per la sua avversione al regime, Einstein fu costretto a rimanere Oltreoceano prendendo la cittadinanza statunitense. Considerato «il padre dell’età atomica», era in realtà pacifista e antimilitarista. Cercò anche di impedire che fosse sganciata la bomba H sul Giappone. Famoso a questo proposito il suo monito: «Non so con quali armi si combatterà la terza guerra mondiale, ma so che la quarta si farà con pietre e bastoni». L’eredità di Einstein, Premio Nobel nel 1921, si estende dunque dalla scienza alla storia, alla filosofia, alla cultura in generale. Il suo nome è sinonimo di genio, anche se lo spot pubblicitario di una catena di supermercati ha ridotto la sua genialità alla «spesa intelligente». Bene invece ha fatto Focus (canale Mediaset al numero 35 del digitale terrestre) a dedicare due serate, Einstein days, ieri e giovedì, ai settant’anni dalla morte del fisico teorico con una serie di documentari tra cui Nella mente di Einstein – Come pensa un genio e Curvare la luce – La Teoria della relatività alla prova, entrambi dedicati alle implicazioni della relatività einsteiniana. Qualche perplessità semmai sul docufilm d’apertura, giovedì in prima serata, Il supercervello di Einstein, che ricostruisce la nota vicenda del trafugamento del cervello da parte del patologo incaricato dell’autopsia, Thomas Stoltz Harvey, allo scopo di poterlo studiare per capire cosa potesse avere di diverso dagli altri, ma lo fa affidandosi anche a una parte fiction, ricostruita con attori, con inquadrature inutilmente un po’ macabre. Einstein voleva essere cremato, ma Harvey rubò il suo cervello e lo conservò a casa in un barattolo di formalina per quarant’anni. Quando i parenti lo seppero, acconsentirono al sezionamento del cervello in 240 parti da consegnare ad altrettanti ricercatori. Il docufilm in questione entra anche in vicende private come la relazione extraconiugale di Einstein con quella che sarebbe diventata la seconda moglie, parla del figlio sofferente di schizofrenia lasciato in Germania e di un’altra figlia segreta, ma anche delle bizzarrie di uno scienziato che non amava portare i calzini, che viaggiava in bicicletta e che non aveva mai preso la patente. Nulla di tutto questo ridimensiona comunque il discorso sulla genialità, al di là di una certa immagine stereotipata, del più grande scienziato del ventesimo secolo. © riproduzione riservata
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