“Blindati” arriva a Nisida e si evolve In meglio
In “Blindati” il taglio migliora virando sull’Italia: a Nisida Pelazza racconta, tra falchi, educatori e le voci di Patriciello e Gratteri, vite sospese tra riscatto e seduzioni social della camorra.

Dobbiamo riconoscere a Blindati un’evoluzione positiva. Infatti, il “Viaggio nelle carceri”, come recita il sottotitolo, format internazionale scritto nella versione italiana da Cristina Gobetti e condotto da Luigi Pelazza (ex carabiniere, già inviato delle Iene, che da tempo si occupa di tematiche legate alla criminalità), è migliorato nel momento in cui dal raccontare i penitenziari in giro per il mondo è passato a raccontare quelli italiani, in particolare una struttura come l’Istituto penale per minori di Nisida a Napoli, oggetto dell’ultima puntata, venerdì scorso (la prossima, il 7 novembre, sarà dedicata alla Casa di reclusione di Milano Bollate). Nel guardare invece alcune puntate delle precedenti stagioni, girate nei peggiori luoghi di detenzione del pianeta, dal Brasile all’Est Europa e alle Filippine, appariva evidente la durezza dei reportage, quasi una sorta di tragica spettacolarizzazione di un microcosmo all’interno del quale prevale solo la legge del più forte, anche se poi il conduttore rimetteva un po’ le cose a posto nel finale affermando che si è fortunati a nascere dove i diritti umani fondamentali sono rispettati. Adesso, invece, in Blindati versione nostrana (il venerdì alle 21.30 su DMax, canale 52 del digitale terrestre), Pelazza racconta le vite sospese di una generazione in bilico tra la voglia di riscatto e il rischio di ricadere nell’errore.
Lo fa questa volta realizzando tutto in prima persona, compreso il seguire in moto per le vie di Napoli i cosiddetti «falchi», ovvero gli agenti specializzati della Polizia che utilizzano le due ruote per pattugliare la città, in particolare le vie del centro storico, per contrastare la criminalità e garantire la sicurezza di cittadini e turisti. A parte questo, Pelazza con la sua troupe ha oltrepassato i cancelli di Nisida, luogo a cui purtroppo sono destinati molti ragazzi che crescono all’ombra della camorra, criminali in erba che qui trovano anche possibilità di riscatto e percorsi educativi verso il reinserimento. All’interno del carcere minorile più famoso della Campania, oltre ai giovanissimi detenuti, il conduttore ha incontrato il personale educativo e di sorveglianza, per poi ragionare all’esterno con figure di primo piano, sia pure diverse tra loro per professione e missione, ma unite dalla lotta alla camorra come il parroco di Caivano, don Maurizio Patriciello, e il procuratore Nicola Gratteri. Entrambi concordi nel sottolineare che molti ragazzi a Napoli crescono guardando ai social, dove la camorra viene trasformata in spettacolo, promessa di potere e illusione di successo, quantomeno via più semplice per raggiungere una stabilità economica. A questi ragazzi don Patriciello ricorda che «i social sono come una pistola carica data in mano a chi non sa usarla», ma soprattutto li avverte «che le cose che riempiono il ventre non hanno mai saziato il cuore».
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