Fatima e la croce

September 12, 2025
Mounir aveva cinque anni quando vide uccidere i genitori durante una rapina in casa. Con lui c’erano i tre fratelli. La zia suora andò a prenderli, li portò nel suo monastero e disse: «Facciamo come Gesù, preghiamo e perdoniamo». Era il 13 settembre 1958, vigilia della Festa dell’esaltazione della Santa Croce. Qualche giorno dopo l’assassino venne individuato, qualcuno offrì una pistola allo zio di Mounir, il fratello del padre, affinché potesse consumare la sua vendetta, ma anche lui disse che il perdono era la cosa giusta. Oggi quel bambino, Mounir Khairallah, è il vescovo maronita di Batroun, città-porto libanese. Nel 2006 un gruppo di sciiti in fuga dal conflitto che si stava consumando tra l’esercito israeliano e le milizie di Hezbollah venne ospitato per un mese nei locali della sua parrocchia. Quando per i profughi arrivò il momento di rientrare nel villaggio d’origine, Fatima ‒ una giovane musulmana ‒ chiese di portare con sé la croce che era stata collocata nel locale che li aveva ospitati. Qualcuno le chiese: «Ma tu che te ne fai di una croce?». «In questi giorni ci avete testimoniato cosa sono il perdono e la carità, la porto con me per continuare a ricordarmelo». Un anno dopo, il 13 settembre 2007, Fatima si sposa e chiede la benedizione di quel prete per sé e per il marito. Non si era convertita, ma si era ricordata. © riproduzione riservata

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