Violenza sulle donne e mobbing, nuove tutele previdenziali
martedì 28 luglio 2015
Una nuova pagina della previdenza è dedicata alle donne che hanno subìto una violenza fisica o sessuale (secondo l'Istat, oltre sei milioni rilevate da una recente indagine sull'anno 2014). Nessun tipo di risarcimento è in grado di ricostruire la dignità lesa, insieme alle ferite morali e fisiche, delle donne colpite. Oltre alle offese alla persona, la violenza produce tuttavia concreti effetti sociali, in particolare in campo lavorativo, ed è a questi aspetti che per la prima volta il sistema previdenziale dedica una concreta attenzione.Con uno dei decreti attuativi della riforma del lavoro, è stato previsto il nuovo diritto della lavoratrice dipendente, che abbia subito violenza, di assentarsi dal posto di lavoro, pubblico o privato (ma con esclusione del settore domestico), per un periodo di tre mesi all'interno di un triennio. L'assenza può essere frazionata su base oraria oppure giornaliera, durante la quale l'interessata è tenuta a seguire, previa certificazione, il percorso di protezione garantito dalla legge 119/2013, attraverso i servizi sociali del Comune oppure i centri antiviolenza. Nel caso delle collaboratrici coordinate e continuative, viene sospeso il contratto di lavoro.Durante l'astensione dal servizio la lavoratrice conserva tutti i diritti connessi ad una presenza continuativa in servizio, quindi l'intera retribuzione, la tredicesima, il tfr, le ferie ecc. e, naturalmente, i contributi per la pensione. È inoltre riconosciuta la più ampia flessibilità per passare dal tempo pieno al part time, orizzontale o verticale, oppure viceversa o, ancora, il ripristino della primitiva distribuzione dell'orario.Il sistema segue da vicino quello dei congedi per malattia, come sono regolati dal relativo contratto collettivo di lavoro. Per questo è dovuta una comunicazione al datore di lavoro almeno sette giorni prima dell'assenza richiesta.Mobbing. Col riordino della materia degli ammortizzatori sociali è stato confermato che le persecuzioni psicologiche (mobbing) e le violenze sessuali che avvengono nei luoghi di lavoro sono considerate giusta causa di dimissioni della lavoratrice, con diritto a percepire la nuova indennità di disoccupazione Naspi.Nei casi estremi di riduzione temporanea o permanente della capacità lavorativa dell'interessata, prodottasi a seguito delle violenze e che abbiano dato diritto alla liquidazione di prestazioni Inps, l'Istituto di previdenza avvia un'azione surrogatoria per responsabilità di terzi, che porti al recupero di quanto pagato alla lavoratrice oppure, in capitalizzazione, delle somme da liquidare nei casi di sua accertata invalidità o inabilità al lavoro.
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