Un bel ritratto del grande “Indro”
martedì 26 luglio 2016
Il ticchettio della mitica Olivetti Lettera 22, la macchina per scrivere che Montanelli teneva sulle ginocchia per le sue corrispondenze dall'estero, non poteva che diventare la colonna sonora iniziale del film documentario Indro. L'uomo che scriveva sull'acqua, scritto e diretto con bravura da Samuele Rossi, andato in onda in prima tv venerdì scorso alle 21.10 su Sky Arte HD. Un modo per ricordare degnamente il grande giornalista toscano, firma storica del “Corriere della Sera”, a quindici anni dalla morte, avvenuta a Milano il 22 luglio 2001, all'età di novantadue anni, essendo nato nel 1909 a Fucecchio, in provincia di Firenze. Il film ripercorre i momenti essenziali della biografia di un uomo che ha vissuto per il giornalismo e per la propria libertà, perdendo «quasi tutte le battaglie, tranne quella che si combatte tutte le mattine davanti allo specchio». Un personaggio discusso, intellettualmente spericolato, ma autorevole, coerente e sincero, che non è mai sceso a compromessi. Quando Berlusconi acquisì “Il Giornale”, Montanelli gli disse: «Tu sei il proprietario, ma ricordati che il padrone sono io». E quando gli chiese di sostenerlo nella “discesa in campo”, se ne andò abbandonando la sua creatura, ma non i suoi lettori, che ritrovò, a ottant'anni suonati, nella breve ma intensa esperienza de “La Voce”. Beppe Severgnini e Marco Travaglio, tra gli intervistati, ne parlano ancora con entusiasmo. Molto sentite anche le parole degli ex direttori di Montanelli al “Corriere”: Paolo Mieli e Ferruccio De Bortoli. Di poche sillabe, ma significativa la testimonianza dell'ex brigatista Franco Bonisoli che partecipò al ferimento del giornalista. Alla parte in forma di documentario, con spezzoni anche di interviste al diretto interessato tra cui quella realizzata dall'amico e collega Enzo Biagi, si aggiungono brevi incisi recitati dagli attori Domenico Diele e Roberto Herlitzka nelle vesti, rispettivamente, del giovane e del vecchio Montanelli. Di grande livello e da par suo l'interpretazione di Herlitzka, un po' più debole quella di Diele. Alla fine, comunque, il risultato è notevole. Il film documentario è coinvolgente e ci restituisce nella sua complessità l'immagine del grande Indro, che non è vero scrivesse sull'acqua come lui stesso sosteneva. Se fosse stato vero non saremmo qui a ricordarlo commossi.
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