Tra i post di genitori e figli un amico in controtendenza
venerdì 29 gennaio 2021
Nei post dei miei amici digitali, che in maggioranza conoscono il Vangelo e cercano di metterlo in pratica, il rapporto genitori-figli emerge prevalentemente in due modalità. Vi sono madri e padri che testimoniano l'amore per i propri figli raccontando, in chiave spesso umoristica, l'avventura della loro crescita, a volte fino al completamento degli studi o all'eventuale matrimonio. E vi sono figlie e figli che testimoniano, in chiave spesso malinconica, l'amore per i propri genitori quando questi sono in età avanzata, fino all'estremo saluto e oltre, in memoria. A fronte di questo panorama mi ha fortemente colpito, per il suo andare controtendenza, il fatto che un amico quasi ottantenne abbia postato sul suo profilo Facebook, qualche giorno fa, questo telegrafico consuntivo: «Un solo capitale: i figli». L'autore, del quale non farò il nome perché il suo post non è visibile ai non-amici, mi è molto caro e mi è stato due volte maestro. Nella fede, insieme alla moglie, avendo mostrato alla giovane coppia che eravamo la bellezza e non avendoci nascosto la fatica di una Chiesa domestica feconda di cinque figli. Nel lavoro editoriale, svolto con una passione tale che i molti volumi di documenti ecclesiali di cui è stato curatore venivano additati come la sua seconda prole. Egli illustra la sua affermazione con un popolare brano di Khalil Gibran, quello in cui “il Profeta” ammonisce: «I vostri figli non sono figli vostri» e prosegue descrivendo le madri e i padri come «l'arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti». Le parole di Gibran, autore cristiano che era famoso anche prima, nel tempo della Rete sono diventate alla portata di tutti, anche per la facilità con la quale i suoi scritti si adattano alle forme frammentarie dei testi digitali. Quelle dell'amico che ho citato sono riservate a una manciata di suoi corrispondenti digitali. Ma la lezione che contengono non è meno preziosa di quella del “Profeta”.
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