Suzuki s'inchina alla Messa di Bach immortale capolavoro liturgico
domenica 6 aprile 2008
È tagliente come una rasoiata l'accordo iniziale con cui Masaaki Suzuki ha aperto la sua incisione discografica della Messa in si minore BWV 232 di Johann Sebastian Bach (1685-1750); in questa vibrante interpretazione il "Kyrie" inaugurale si impone infatti come un drammatico, straniante "levar di tela", preludio carico di pathos e tensione da cui prende avvio un viaggio spirituale tra i più affascinanti e significativi dell'intera storia del repertorio sacro (2 super audio cd pubblicati da Bis e distribuiti da Jupiter).
Il direttore giapponese approda al capolavoro liturgico bachiano dopo aver svolto un assiduo lavoro di studio ed esecuzione delle opere del Maestro di Eisenach culminato con il progetto di registrazione integrale delle Cantate sacre (ormai già arrivato a quasi due terzi del suo cammino); dopo aver metabolizzato la retorica e il linguaggio musicale, il mondo di riferimento religioso e confessionale sopra cui il Thomaskantor ha edificato questa monumentale partitura, mirabile compendio della sua sublime arte compositiva concepito in un ampio lasso di tempo (tra il 1724 e il 1749) attingendo alla più ricca varietà di generi e strutture, forme e stili, in una sorprendente varietà di combinazioni articolate tra arie, duetti, pagine corali ed episodi orchestrali.
Accompagnato dal fedele ensemble Bach Collegium Japan e da un cast di eccellenti cantanti solisti (come il soprano Carolyn Sampson e il basso Peter Kooij), il direttore si addentra tra le pieghe di questa summa con rispetto e partecipazione, affrontando i molteplici microcosmi espressivi della Missa senza mai perderne di vista la grandiosa visione d'insieme: attraverso una lettura di profonda intensità, resa ancora più spoglia ed essenziale dal suono asciutto degli strumenti d'epoca, prendendosi cura di ogni minimo dettaglio esecutivo (pronuncia, articolazione, significato testuale) e prestando un'attenzione meticolosa verso gli equilibri interni tra le diverse sezioni vocali e strumentali, ma soprattutto investendola di un sentimento vivo di sincera e partecipata devozione. Nella più profonda convinzione, stando alle parole dello stesso Suzuki, «che il Dio al servizio del quale Bach ha consacrato il proprio lavoro e quello a cui io oggi mi rivolgo è lo stesso».
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