Stop alle foto dei figli sui social, potrebbero denunciarvi
venerdì 9 giugno 2017

Se c'è una cosa che si impara frequentando ogni giorno il mondo digitale, è che anche se una cosa è stata spiegata più volte, non è detto che sia arrivata a tutti i lettori. Mi scuserete, quindi, se torno a occuparmi di un tema non nuovo né per questa rubrica né per questo giornale. E cioè del perché è profondamente sbagliato pubblicare le foto dei bambini sui social (o come foto del proprio profilo Whatsapp). E come possiamo fare per difenderci.
Inutile nascondersi dietro a un dito: mettere una foto dei propri figli (o nipoti) su Facebook, Instagram o Whatsapp non solo è facile, ma procura anche grande soddisfazione. In pochi minuti si ricevono montagne di complimenti, sotto forma di «like», cuoricini e commenti digitali. Perché, dunque, dovremmo astenerci dal fare qualcosa di facile, di bello e che ci procura un innegabile piacere?
Partiamo dall'allarme lanciato martedì scorso dal Garante della Privacy nella sua relazione: «La pedopornografia in rete sarebbe in crescita vertiginosa: nel 2016 sono state censite due milioni di immagini, quasi il doppio rispetto all'anno precedente». Cosa centrano i social? «Fonte involontaria – ha spiegato il Garante – sarebbero i social network in cui genitori postano le immagini dei figli».
Già nel 2013 l'Associazione Meter di don Fortunato Di Noto aveva dato un avvertimento in un report dove si leggeva «Social network e pedofilia, in aumento le foto di bimbi». Un dato agghiacciante confermato dalla Polizia postale.
Due anni dopo, nel settembre 2015, Alastair MacGibbon, allora neo-commissario alla tutela dei minori online del governo australiano, rilanciava a livello internazionale. «Abbiamo scoperto che metà del materiale trovato su alcuni siti web pedofili è stato rubato ai profili social di genitori ignari, i quali avevano postato foto dei loro bambini in attività innocenti». Le immagini accompagnate da commenti molto espliciti e a sfondo sessuale, quando non addirittura inserite grazie a fotomontaggi in scene pornografiche, «sono diventati strumenti di eccitazione per pedofili».
Tutti gli esperti – da don Di Noto alla Polizia postale, dal Commissario australiano MacGibbon a Susan McLean che si occupa di sicurezza informatica – sono concordi anche su un altro punto: «Quando i genitori o chiunque altro pubblica qualcosa online, ne ha di fatto perso il controllo. Ciò che si posta in Rete, infatti, può essere facilmente rubato».
Che cosa possiamo fare per difenderci? La strada più semplice è rinunciare a postare le foto dei nostri figli sui social newtork, ma anche a usarle come foto del nostro profilo Whatsapp. Cosa c'entra Whatsapp è presto detto: chiunque abbia il vostro numero (da un vecchio fornitore a una persona incontrata quasi per caso) può vedere e quindi scaricare quell'immagine. Se proprio volete continuare a postarle, sappiate che anche restringere su Facebook la privacy dei vostri post non vi mette al riparo da possibili guai. Basta una, una sola persona per rubare una foto.
Nessuno vuole spaventarvi inutilmente, ma solo ricordavi e ricordarci che troppe volte usiamo gli strumenti digitali senza tenere abbastanza conto dei potenziali pericoli che contengono. E mentre noi discutiamo ancora se sia o meno giusto postare quelle foto, in Francia c'è chi ha lanciato un altro allarme sul tema: «Genitori, attenti. Quando i vostri figli scopriranno che avete postato sui social, senza il loro consenso, fotografie che li ritraggono, potranno denunciarvi appellandosi all'articolo 226 del Codice penale francese». In pratica: i genitori «troppo entusiasti dei social» potrebbero essere condannati per violazione della privacy a un anno di carcere e a una multa di 45mila euro.
Chissa se questo deterrente funzionerà e se anche l'Italia lo adotterà mai.

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