Sky indaga il turismo di massa
martedì 2 luglio 2019
Il turismo in Italia è una risorsa, ma anche un problema. Negli ultimi dieci anni il nostro Paese ha ospitato un miliardo e 61 milioni di turisti. La possibilità di viaggiare è aumentata in modo esponenziale. Non altrettanto la qualità dei soggiorni. Prevale il mordi e fuggi o comunque nuove forme di turismo. Alcune di queste le racconta il docufilm Quasi Venezia, andato in onda l'altro ieri alle 21,15 su Sky Atlantic e Sky TG24 per la serie "Il racconto del reale", che ogni domenica affronta temi d'attualità con un linguaggio innovativo sul fronte delle inchieste. Ideato e diretto da Alberto Gottardo e Francesca Sironi, Quasi Venezia spiega dall'interno, senza commento giornalistico, come stanno cambiando alcune tipologie di vacanza in Italia. Lo fa lasciando la
parola ai diretti interessati, i nuovi viaggiatori low cost, per provare a capire motivazioni ed effetti di queste emergenti modalità di turismo. Tre le storie proposte. La prima racconta di un gruppo di immigrati latinoamericani che vivono a Milano e partono in pullman a notte fonda per passere una sola giornata sulla spiaggia bianca di Vada in Toscana. La seconda riguarda l'assalto alle valle di Braies, sulle Dolomiti, con il lago reso famoso dalla fiction Un passo dal cielo e dalle miriadi di immagini postate su Instagram. La terza ci mostra il grande ostello di Mestre con oltre trecento camere nel quartiere dormitorio dove sta per essere inaugurata una struttura sorella da mille posti letto. Se nel primo caso è comprensibile che la voglia di mare faccia i conti con le scarse disponibilità economiche, nel secondo lascia perplessi il fenomeno del turismo televisivo, che si riscontra anche a livello internazionale con le location di serie come Il trono di spade e che, abbinato all'effetto dei social, documenta l'ennesima forma di massificazione. Infine, il Quasi Venezia del titolo, più che a Mestre, sembra fare riferimento alla città simbolo dell'occupazione turistica, della globalizzazione dei negozi e della fuga dei residenti. Gli autori del docufilm non prendono posizione esplicita, almeno a parole vista la mancanza del commento, ma l'immagine finale dell'ostello dalle mille finestre come fosse un alveare la dice lunga.
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