Sinner, il colpo migliore passato sotto silenzio
mercoledì 22 novembre 2023
Quella passata è stata la settimana del tennis. Anzi, nello specifico, è stata la settimana di Jannik Sinner. Una splendida “sinnermania” ha attraversato il Paese, stravolto i palinsesti televisivi, catturato l’attenzione su uno sport anche di chi, quello sport, non lo conosceva affatto e la sua ultima partita di tennis vista in tv era quella tra i ragionieri Fantozzi e Filini. Insomma, dal “batti lei!” di quella cinematografica partita nella nebbia ai colori arancioni dei “carota boys” (coloro che potremmo definire i gioiosi ultras di Sinner), lo sport ha dimostrato per l’ennesima volta la potenziale universalità del suo linguaggio. Era forse dai tempi di Alberto Tomba che non succedeva qualcosa del genere. Ma lo sport ha dimostrato, anche in questo caso ancora una volta, di saper essere fonte di ispirazione. Non solo per le parole di Sinner, che con enorme senso del rispetto hanno riconosciuto al suo avversario, domenica, di essere un punto di riferimento (tennistico, lo vogliamo sottolineare). Ma per quell’episodio passato un po’ in sordina che è avvenuto nel girone eliminatorio, quando Sinner, dopo aver battuto per la prima volta nella storia Djokovic, avrebbe avuto la possibilità di eliminarlo dalle semifinali, perdendo una partita che - per la propria classifica - era diventata inutile contro il danese Rune. In quel match, Sinner ha avuto anche un problema alla schiena che, a poche ore dalle partite più importanti della sua carriera, avrebbero tranquillamente giustificato il suo ritiro. Oppure una “gestione” della sua prestazione in sicurezza, in vista del weekend per il quale, appunto, era già qualificato e dal quale, in caso di vittoria di Rune, il numero uno al mondo sarebbe stato escluso. Nel gergo calcistico lo chiamano “il biscotto” e ne siamo stati testimoni e vittime, ahimè, più di una volta. Sinner, al contrario, soffrendo per la schiena (fortunatamente non era nulla di grave e, senza alibi, non ha creato problemi per le partite successive) ha stretto i denti, ha combattuto come se quella fosse la finale, ha preso a pallate Rune e, indirettamente, si è portato in finale Djokovic. In un mondo dove il claim è “l’unica cosa che conta è vincere”, la vera vittoria di Jannik Sinner è stato quel 6-4 nel terzo set di giovedì contro Holger Rune. Apologia della fatica, della volontà di confrontarsi sempre con i migliori e, se possibile, diventare il migliore senza passare da nessuna scorciatoia, furberia o calcolo. Domenica, contro il miglior tennista in circolazione al momento, capace di fare una partita mostruosa, Jannik Sinner ha perso. Per la prima ora di gara sembrava schiacciato dalla qualità tennistica di Djokovic e da una montagna di pressione sulle spalle. Poi, nel secondo set, ha fatto la cosa più nobile e generosa: ha tentato di scalarla a mani nude, quella montagna. In questa occasione non è bastato, ma questo ragazzo ventiduenne che ci sta insegnando che la fatica è l’unica strada, che conta quello che fai sul campo quanto quello che sei fuori dal campo, che le scorciatoie e i trucchetti sono strumenti per arrivare a vittorie dimezzate lascia Torino con una certezza, ovvero che la questione non è “se”, ma solo “quando” diventerà il numero uno del ranking mondiale. © riproduzione riservata
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