Shevchenko e Kaladze, la guerra non è un gioco
sabato 30 settembre 2023
Sarà un caso, ma chi ha giocato nel Milan dell’era del Cavaliere di Arcore, a forza di sentire i comizi di Silvio Berlusconi si deve essere lasciato affascinare dal Presidentissimo, al punto di intraprendere la carriera politica una volta appese le scarpe al chiodo. È stato così per “coast to coast” George Weah, primo calciatore africano Pallone d’oro, nel 1995, poco dopo la discesa in campo, politico ovviamente, di Berlusconi. Papà dello juventino Timothy Weah, re George è l’attuale presidente della Liberia. Presidente ad ogni costo, visto che la rincorsa alla poltrona di primo cittadino liberiano per Weah senior era cominciata nel 2005, dopo che aveva chiuso la carriera nel 2002 nell’emirato arabo all’Al-Jazira. Al primo tentativo viene stoppato alle urne: sconfitto al ballottaggio da Ellen Johnson. Seconda chance nel 2011, candidato alla vicepresidenza di Winston Tubman non ce la fa ancora. Ma alla terza lo scafatissimo bomber per tutte le stagioni va in gol: successo al ballottaggio contro il vicepresidente uscente Joseph Boakai. Ora l’ex ragazzo della baroccopoli di Monrovia, tra luci e ombre, scandali e tentativi di liberalizzazione del suo paese, governa la Liberia dal 2018. E alla fine del 2023 si ricandida alla presidenza, con la stessa convinzione con cui lasciava sul posto il terzino avversario appena partiva con una delle sue proverbiali accelerazioni. Il 2017,
la stagione delle elezioni presidenziali di Weah, vide anche il successo del georgiano ex Milan Kakha Kaladze. Il terzino ha fatto tesoro dei consigli del suo presidente Berlusconi e sei anni fa è stato eletto sindaco della capitale Tblisi. Un sindaco divisivo Kaladze, specie dopo le posizioni “morbide” prese recentemente dal suo partito, Sogno Georgiano, nei confronti della Russia di Vladimir Putin. La maggioranza dei georgiani considerano il presidente russo un dittatore e un invasore dell’Ucraina, così molti giovani hanno imbracciato il fucile per andare in soccorso dell’esercito “alleato” di Volodymyr Zelensky. Il presidente ucraino ha appena ingaggiato, pardon nominato, suo «consigliere personale» una leggenda milanista, l’eroe nazionale Andrij Shevchenko. Un altro Pallone d’oro, 2004, l’ex attaccante ucraino, un pupillo assoluto di Silvio Berlusconi che lo considerava «più bello che bravo», un autentico uomo spot del Milan del terzo millennio. Non sfondando come allenatore (è stato ct dell’Ucraina e poi una breve esperienza al Genoa: 3 punti in 9 partite, esonerato) Sheva sta ripiegando sul fronte diplomatico, e dopo aver fondato il movimento politico “Ukraine-Forward” ora ha risposto alla “chiamata alle armi” del presidente Zelensky. Il comico e il calciatore all’attacco della follia russa. Una partita giocata davvero alla morte: l’assurdo fratricidio russo-ucraino finora ha provocato oltre 25mila vittime e quasi mille sono bambini. Il medico degli ultimi della terra, Gino Strada, che non era milanista ma tifava Inter, prima di andarsene ci ricordava dal suo presidio di Emergency: «In ogni guerra 9 vittime su 10 sono civili e molto spesso sono bambini». © riproduzione riservata
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